Il libro di Rita Sciscio - Le Cronache Attualità
Attualità Campania

Il libro di Rita Sciscio

Il libro di Rita Sciscio

Patrizia Tortoriello

Ci sono libri che arrivano come testamenti morali. La disciplina del suolo di Rita Sciscio, stampato postumo nel maggio 2025 e distribuito in edizione fuori commercio è uno di questi. La firma di un saggio breve, ma densissimo, è dell’architeto Rita Siscsio morta prematuramente ad Avellino e già assessode alll’urbnistica nel comune irpino. Il librp condensa anni di battaglie civili, esperienze amministrative e riflessioni giuridiche in una prosa asciutta, precisa, priva di retorica. Il titolo è già dichiarazione di intenti: il suolo merita una “disciplina” che non sia solo normativa, ma prima ancora naturale e culturale. Un fotogramma di Luigi Ghirri in copertina con l’immagine di un campo arato sotto un cielo aperto accompagna il tono del libro. C’è una malinconia garbata, una compostezza rurale che richiama alla mente il lavoro lento della terra e insieme la perdita: il paesaggio italiano, sempre più ferito da speculazioni edilizie e consumo insensato del suolo. Sciscio lo scrive chiaramente: quella per la difesa del suolo è una battaglia già “perduta”. La sua proposta è concreta: un disegno di legge che, rompendo i tabù dell’edilizia e della rendita fondiaria, introduca metodi certi per contenere il consumo del suolo passando da una concezione normativa a una visione etica e sistemica. Una geografia del consumo, regione per regione I “dati” ripotati sono un vero e proprio atlante del consumo di suolo in Italia. Rita Sciscio, attingendo ai più recenti rapporti ISPRA, compone una mappa dettagliata che non si limita a dire “quanto”, ma dove e come si consuma suolo nel nostro Paese. La geografia del consumo di suolo in Italia racconta una crisi strutturale. La Lombardia primeggia per territorio artificializzato, seguita da Veneto e Campania, con percentuali che superano il 10%. Il dato più inquietante arriva da Casavatore: oltre il 90% del territorio è impermeabilizzato. Nel capitolo dedicato al fotovoltaico, Sciscio affronta il nodo delle energie rinnovabili che, se mal gestite, possono diventare esse stesse vettori di degrado ambientale. In Puglia, oltre 6.100 ettari sono coperti da impianti a terra. Ma non è una questione solo di numeri: è la mancanza di regole, la pianificazione frammentata, il mercato a dettare legge. Il risultato è una sostenibilità che rischia di tradursi in aggressione. Altro capitolo chiave è “Recuperare, riusare”, Sciscio propone di invertire il paradigma immobiliare: anziché costruire, riabitare l’esistente. In Italia ci sono quasi 249 km² di edifici inutilizzati. Un potenziale enorme, se solo esistessero dati aggiornati. Ma gli archivi sono vecchi, disomogenei, incapaci di restituire un quadro reale. Senza conoscenza, nessuna politica può incidere. Il caso Milano, infine, mostra in forma esemplare l’intreccio fra urbanistica e potere. La “legge Salva Milano” tenta di legittimare, a posteriori, abusi edilizi legati ai nuovi grattacieli privi di piani attuativi. Il provvedimento, sostenuto da interpretazioni retroattive delle norme del 1942, si è incrinato con l’arresto del dirigente Giovanni Oggioni. Ma il messaggio resta: il rischio è che il suolo diventi ostaggio degli interessi privati, mentre la legalità urbanistica si trasforma in un concetto negoziabile. La proposta degli studiosi: rigenerare la legge, non il cemento La conclusione del saggio, “La proposta degli studiosi” raccoglie il pensiero di urbanisti e giuristi – Paolo Pileri, Salvatore Settis, Antonio Cederna, Giovanni Dematteis – e lo trasforma in un vero e proprio manifesto politico. Cinque i punti-cardine: limiti progressivi al consumo; azzeramento netto (non compensativo) del suolo cementificato; revisione della normativa vigente; riassetto delle rendite fondiarie; e, soprattutto, rigenerazione urbana obbligatoria. La forza della proposta sta nella sua coerenza sistemica. Sciscio propone di fissare un limite decrescente di suolo da consumare anno per anno, fino ad arrivare allo zero. Ma segnala un rischio: che chi ha già costruito molto possa guadagnare ulteriore spazio, a scapito dei comuni virtuosi. Per questo serve una riforma attenta, che premi la tutela e scoraggi l’accumulo speculativo. Più radicale è la proposta di azzeramento del consumo di suolo netto, come già previsto in sede europea per il 2050. Ma Sciscio mostra anche qui una lucida perplessità: l’idea del saldo zero, in cui si può cementificare un ettaro se ne desigilla un altro, non tiene conto della complessità bilogica del suolo. È una falsa simmetria che ignora le funzioni vive del suolo e il tempo biologico della sua rigenerazione. Cementificare e poi rinverdire non è una partita a somma zero: è una perdita irreversibile. Di qui la critica alla normativa regionale – anche quella più avanzata, come in Emilia-Romagna – che continua a consentire nuove urbanizzazioni, senza offrire reali incentivi alla rigenerazione come obbligo e premi a chi ha scelto la via della tutela. La vera sfida, scrive Sciscio, è riassorbire l’eredità urbanistica: le vecchie previsioni edificatorie che ancora gravano sui piani regolatori e che i sindaci non possono revocare, pena ricorsi, risarcimenti e cause civili. I sindaci, troppo spesso ostaggio di piani regolatori obsoleti e ricattabili da richieste di risarcimento, hanno bisogno di una nuova architettura giuridica. Il Comune di Lioni, che ha cancellato previsioni edificatorie mai attuate, diventa esempio virtuoso di coraggio amministrativo. La proposta finale è tanto semplice quanto rivoluzionaria: rendere la rigenerazione urbana l’unico mercato possibile, azzerando ogni nuova espansione fino a esaurimento di ciò che è recuperabile. È una sfida contro le logiche del profitto facile, soprattutto in contesti dove la rendita immobiliare è bassa e la rigenerazione meno “conveniente”. Il saggio si chiude con le parole nette di Paolo Pileri: “Salvare il suolo è una questione innanzitutto culturale. Volontà politica, urbanistica, tecnica, amministrativa. Volontà che vanno concepite responsabilmente, mettendo davanti a tutto la conoscenza di che cosa è il suolo e per quali ragioni va tutelato” Rita Sciscio, con questo libro, ci lascia un’eredità precisa e Rita Siscio ci riporta “a casa”: ad Avellino, la sua città, che diventa lo specchio di tutte le medie città italiane. La osserva con uno sguardo da urbanista, da cittadina e da militante., non con nostalgia, ma con progettualità. Avellino è una città “del quarto d’ora”, dove tutto è raggiungibile a piedi, ma non è ancora una città “della mezz’ora”, connessa con il resto del Paese e con l’Europa. Su questo paradosso si innesta la possibilità di fare qualcosa per la città, non più espansiva, ma intelligente, circolare, partecipata. E fino all’urgenza di immaginare una rete intercomunale sostenibile, tra Atripalda, Monteforte, Mercogliano: un sistema integrato, sostenibile, capace di ridurre le disuguaglianze infrastrutturali e sociali. E poi: bonus edilizi ben orientati, housing sociale, parchi lineari, intermodalità. Nulla di teorico. Tutto parte dalla consapevolezza di ciò che è possibile se si cambia prospettiva. È qui che urbanistica e giustizia sociale si incontrano. Avellino, come tante altre città, non ha bisogno di altro suolo: ha bisogno di cura. Cura delle periferie, delle scuole, della mobilità, della bellezza. Cura del bene comune. La disciplina del suolo è molto più di un saggio: è un atto d’amore per il territorio, un testamento civile lasciato da una donna che ha pensato e praticato la politica come cura della cosa pubblica. Rita Sciscio ha scritto con rigore giuridico, competenza tecnica e passione civile. Difendere il suolo, ci dice, non significa soltanto fermare le ruspe. Significa immaginare un altro modo di abitare il mondo. Dove la memoria sia una risorsa, non un ostacolo. Dove il recupero valga più della costruzione. Dove il paesaggio non sia il vuoto da riempire, ma il pieno da custodire. A chi legge, resta la responsabilità di raccogliere questa eredità: fare del suolo una questione culturale, non più solo catastale Questa recensione è anche un atto di gratitudine. A Rita Sciscio, che con lucidità e passione, ha saputo trasformare la competenza tecnica in pensiero politico, saldare etica e tecnica, sogno e rigore e la pianificazione urbana in una forma di cura per gli altri. E ci lascia, con questo libro, un’eredità concreta e una legge possibile. Ma anche una coscienza da esercitare. Il suo sguardo sulla terra resta con noi: fertile e generativo. La volontà di Rita Sciscio era chiara. Ora sta a noi.