Il giudice Cardea: “Quei Pm stanno cercando di salvare Alfieri” - Le Cronache Ultimora
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Il giudice Cardea: “Quei Pm stanno cercando di salvare Alfieri”

Il giudice  Cardea: “Quei Pm stanno cercando  di salvare Alfieri”

Di Peppe Rinaldi

 

In un contesto generale nel quale la magistratura italiana sta dando la miliardesima prova del suo deperimento a causa di plateali usurpazioni di ruolo e funzione, per giunta sotto l’usbergo di una pretesa regolarità formale – ci riferiamo a quanto sta accadendo, di nuovo ed ineffabilmente, in tema di immigrazione clandestina -, e non senza premettere che a monte di tutto c’è l’inerzia corriva di un alto colle romano, e premesso, ancora, che peggio della condotta “togata&associata” c’è solo il battimani politico-mediatico di un universo politico e culturale imbelle e ormai perduto, proviamo a tornare coi piedi per terra avvicinandoci a quanto di operativo e concreto, invece, sembra muoversi sul territorio per mano della magistratura stessa.

Parliamo della maxi inchiesta della procura di Salerno sul presidente della Provincia Franco Alfieri, coordinata direttamente dal capo dell’ufficio Giuseppe Borrelli. I fatti sono noti, altri sarebbero in fase di disvelamento.

 

Alfieri è sintomo e non causa

 

Da queste parti si è sostenuto che Alfieri fosse il sintomo e non la causa di un problema più generale e che, senza per questo voler fare comoda sociologia, il punto cruciale fosse da ricondurre alla disinvoltura con cui nel corso di diversi anni i cosiddetti organi di controllo si rapportavano a ciò che si presentava come il classico sistema di potere, incisivo, esclusivo e radicato sul territorio. Lo abbiamo scritto più volte, oggi pare che nella procura competente ex lege sulla condotta dei magistrati del distretto di Salerno, Napoli, le acque si siano finalmente smosse: come andrà a finire non possiamo saperlo, ovvio, anche perché di sepolture e tombamenti di indagini di magistrati su magistrati sono lastricate le vie di procure e tribunali. Certo, tutto è possibile anche perché a ‘sto giro, come si dice, abbiamo da un lato Nicola Gratteri (Napoli) e dall’altro Peppe Borrelli (Salerno) che, pur non essendo dei santi – come ciascuno di noi – e al netto di ogni errore sempre in agguato per chiunque, almeno pare abbiano preso di petto la questione. Di certo sta accadendo a Salerno e, tragicamente, non era affatto scontato accadesse. Vedremo.

 

 

Relazioni pericolose

 

A proposito di “commensalità” tra politici e magistrati e saltando a pie’ pari ciò che la storia degli ultimi 15-20 anni ci ha indotti a pensare dinanzi a procuratori strabici, sostituti vanitosi, giudici con parenti e congiunti a libro paga della politica (farsi un giro, ancora oggi, tra società pubbliche regionali, consorzi, centri studi, università, Asl e provveditorati vari), entra prepotentemente in scena un elemento che rafforza il legittimo sospetto che Alfieri fosse nel cuore di diversi magistrati salernitani. Naturalmente non per “colpa” di Alfieri, vista anche la sua condizione passiva in questa vicenda che raccontiamo, perché è il magistrato a dover tenere la schiena più dritta del politico, piaccia o meno.

 

Intercettazione eloquente

 

Otto anni fa, non trenta e neppure venti, esattamente il 30 marzo del 2016, nell’ambito di un’indagine della procura di Napoli a carico di un noto e stimato magistrato salernitano, Mario Pagano, giudice civile e al tempo potente rappresentante sindacale di una corrente in seno all’Anm, la polizia giudiziaria intercetta una conversazione con un altro magistrato in servizio a Salerno, Maurizio Cardea. Non stiamo parlando di due uditori giudiziari freschi di ingresso nei ruoli e, quindi, teoricamente ingenui, bensì di due figure con una certa esperienza, professionalità e reputazione.

Dopo aver discusso di altre questioni, ora inconferenti, il sostituto procuratore Cardea sbotta e con limpida espressione dice a Pagano:« (…) Stanno facendo una cosa da pazzi tra V.S., R.P. e company per togliere di mezzo un fascicolo dove c’entra in mezzo Alfieri & company…che hanno fatto morire un ragazzo in mezzo alla strada per i lavori che stavano facendo (…) ». Il fatto storico evocato da Cardea è quello relativo alla morte di un ragazzino a causa di un dosso installato abusivamente in una strada dall’ex comandante della Polizia urbana, verosimilmente per fare qualche piacere a chissà chi e raccattare qualche voto (per Alfieri) in vista del rinnovo elettorale. Questo disgraziato 13enne impattò con la bici, cadde e morì: come poi sancito da sentenze giunte un secolo dopo, si è appurato che quel dosso era illegale e che non doveva essere lì. Ha pagato civilmente ed economicamente non il responsabile vero ma il comune di Agropoli, ma questa è un’altra storia adesso.

Quindi, secondo un magistrato che lavorava a Salerno e che, si presume, conoscesse bene il proprio habitat, c’era un gruppo di suoi colleghi che brigava per far sparire dal fascicolo la responsabilità dell’allora sindaco Alfieri: che responsabile non fu davvero, non certo direttamente, ma in Italia sono stati puniti in modo surreale altri sindaci per alluvioni e terremoti, non si capisce perché almeno un processo per un dosso abusivo non potesse almeno essere tentato. Infatti Cardea era furioso per questa cosa e parlando sempre con Pagano, rilancia dicendo cose terribili: «Non so nemmeno io…a questo punto mi metto a fare denunce per davvero…». Pagano annuisce, apprende in quel momento forse di queste cose, poi Cardea spara a zero: «No no, davvero, o inizio a buttare mazzate oppure non so…qui sta un morto per terra e questi devono vedere come apparare Alfieri?..ma poi per apparare Alfieri sapessi cosa hanno fatto, hanno messo a Modello 21 i medici della Rianimazione per un ragazzo che arriva in coma…in coma cerebrale, capito? e tu vai trovando mò i medici della rianimazione…».

Accidenti, qui l’affare si ingrossa ancora di più perché, se non si è ben capito, secondo il pm e non secondo questo giornale, per “apparare” Alfieri ci sarebbero stati altri magistrati che avrebbero accusato persone che non c’entravano, cioè i medici della rianimazione, iscrivendo i quali a Mod.21 (persone note) avrebbero poi catalizzato l’attenzione investigativa deviandola dall’eventuale focus sull’allora sindaco di Agropoli e relativo personale. Una roba terribile, va da sé. Alfieri in questo proprio non c’entra, non è colpa sua se ci sono magistrati che si preoccupavano per lui al punto da manomettere carte processuali in un caso addirittura di morte di un adolescente: la storia di quelli «più realisti del re» calza a pennello. Poi, certo, si tratta di capire cosa quelle toghe abbiano avuto in cambio o quali fossero le relative aspettative, sempre che sia stato tutto confermato dagli sviluppi successivi. Tanto basta però per tornare al tema della “commensalità” tra i due mondi.

 

Concussioni per salvarlo

 

Pagano risponde a Cardea, sempre il 30 marzo 2016, dicendo: «Hai ragione…hai ragione…» e il pm controreplica: «Stanno facendo una porcheria, hai capito V.S., R.P., R.L., E.R. e compagnia bella (gli altri sarebbero L.M, M.C. e L.L., nda) stanno facendo delle concussioni per salvare Alfieri…qui andiamo a finire a mille e una notte…non si può fare…chiamiamo i giornali e dopo iniziamo a fare il bordello…». Nessun giornale fu poi chiamato a quanto ci risulti, quelle parole furono però pronunciate. La Pg annoterà dopo che Cardea fu escusso a sommarie informazioni su quanto detto al telefono, cioè fu chiamato a Napoli per chiarire il significato di quelle parole. Ora, dal momento che c’è poco da chiarire visto che mai come in questo caso si va oltre una banale sillessi, cioè le parole coincidono col senso, sono chiare e non incomprensibili come spesso accade nelle intercettazioni né, tantomeno, soggette a fraintendimento perché Cardea ripete pianamente che c’era un gruppo di magistrati che facevano «concussioni per apparare Alfieri» si immagina che la cosa abbia avuto un seguito, peraltro non piacevole. Per chi? Bella domanda: tenuto conto del fatto che quasi tutti i magistrati citati sono ancora in servizio, alcuni a Salerno altri no, vien da pensare che non sia accaduto nulla. Così come al Csm finirà tutto nella melma paludosa delle scartoffie morte. Apertura inchiesta e archiviazione contestuale, questa la probabile morale della favola, in un gioco scoperto e letale per la vita democratica della società visto che per molto, molto meno gli stessi pm in genere strapazzano un qualsiasi malcapitato. Qui non si capisce cosa sia successo. O forse sì. E Alfieri è il problema minore.

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