di Antonio Manzo
Sarebbe bastata una ultima notizia di cronaca per “lanciare” in maniera più che divulgativa, accanto al lavoro degli storici, l’importanza degli archivi e la memoria di imprese nel Mezzogiorno. Ebbene la notizia dell’inedito di Ermanno Rea sulle pagine che precedettero il suo romanzo sulla “dismissione” di Bagnoli non sarebbero venute fuori se non fosse spuntato dall’archivio storico dell’Ilva di Bagnoli la interessante documentazione prima della demolizione del il luogo storico dei caschi gialli napoletani. Sono stati gli studiosi della lingua italiana a scoprire le carte ma a Napoli venerdì prossimo 22 settembre gli storici, e non solo quelli che dedicano gli studi economici sull’impresa, parleranno diffusamente dell’importanza degli archivi storici delle aziende. E’ la prima volta che in Campania, grazie all’università L’Orientale, si parlerà delle radici e del futuro secondo un’analisi storiografica della potenzialità offerta dagli archivi delle imprese meridionali a partire da un censimento ragionato che vanno dal passato della industrializzazione nell’area napoletana tra successi e fallimenti a quelli del presente come il processo di istituzionalizzazione del brand della nota casa vinicola irpina Mastroberardino. Sarà la prima volta che in Campania saranno discussi i temi classici dell’imprenditorialità e sviluppo concreto, come è possibile leggere dalla scheda dei lavori della giornata di studio di venerdì a Napoli. <Il caso italiano dell’economia che deve fare i conti con la crescente globalizzazione va studiato nelle radici. E, soprattutto conservare i documenti delle crescite aziendali in un sistema di archi come già avvenuto in Italia nelle grandi imprese nazionali> dice una delle “menti” del convegno, Amedeo Lepore dell’università della Campania che fu già protagonista con una apprezzata relazione al Sesto Convegno quadriennale della Società Italiana degli Storici Economici all’università Bocconi nel settembre di ben 15 anni fa. Fu anche l’occasione per lumeggiare un caso del “capitalismo familiare” che trovava sede proprio nella nostra realtà salernitana. “Un caso nell’industria italiana della pasta: l’azienda Antonio Amato di Salerno 1958- 2000” fu il tema alla Bocconi che svolse la relazione del professore Silvio De Majo. Sarebbe opportuno farla conoscere a poche ore dalla demolizione dello stabilimento storico di Mercatello proprio per preservare la memoria cittadina troppo spesso rivendicata giustamente e poca analizzata scientificamente.