di Vito Pinto
«È amena, anche se non è una villa: tuttavia si chiama Villa Amena questa parte della montagna dove stiamo salendo in fila indiana per raggiungere una casa, non più abitata, con il proposito di una colazione in compagnia». E poco oltre continua: «Chissà quale panorama si ammirerà da lassù, se già da qui le case di Minori – cubi, losanghe, mezzelune – fronteggiano di bianchi e di rosa un mare infastidito da brusche stizzosità verdeblu». Inizia così “Ieri a Minori” un racconto che Aldo Falivena pubblicò nel 1966 su “Il Mattino” ed ora è stato ripreso e pubblicato in una plaquette per le edizioni di @alfabeti (osservatorio di arti visive) a cura del fratello Pietro, che ha corredato il testo con alcuni suoi preziosi disegni. Una pubblicazione fuori commercio realizzata anche grazie agli stimoli di Marina Imparato, Lucio Afeltra, Corradino Pellecchia e, non ultimo, di Giovanni Gagliardi, da tutti conosciuto come Giògiò, che ha curato la sobria eleganza della veste grafica. Un racconto di 58 anni fa, ma che ha la freschezza dell’attualità, “perché il suo messaggio di accoglienza, un vincolo sacro nell’antichità, – scrive Pietro Falivena nelle pochissime righe di presentazione – offre uno spunto di riflessione sul presente”. Giornalista televisivo che con i suoi servizi ha contribuito non poco a fare la storia della RAI, anzi fu scritto che aveva rivoluzionato la RAI, Aldo Falivena scriveva gli articoli di giornale come racconti e i racconti come cronache di una attualità, fermandosi a volte ad osservare l’ambiente, il circostante che aveva le mille sfaccettature di un territorio e degli uomini che l’abitavano. Così “ieri a Minori” prende il sapore delle cose buone, quando non ci si avvicinava all’altro con diffidenza, anzi lo si invitava a sedere alla propria tavola per consumare insieme un pasto, se pur frugale, fatto con biscotti di grano bagnati in acqua e conditi con sale e pepe macinato fresco. Scriveva Aldo: «assistiamo a una delle più antiche manifestazioni della civiltà domestica prima di Cristo. Solo i piccoli (i figli Camillo e Luca) non lo capiscono», ma loro conoscevano solo i tre alberi della piazzetta avanti alla casa di Roma mentre quel giorno a Minori stavano scoprendo un universo di alberi e foglie, “in queste terrazze di limoni che i contadini della costa amalfitana hanno intagliato da secoli nella roccia”. Con una immaginaria macchina del tempo Aldo Falivena proietta l’animo del lettore verso un passato non dimenticato. Al calar del sole, tolte le mense, si ritorna dalla “scampagnata” e «mia madre mi chiede come mai ci hanno ospitato se non ci conoscevano “Una risposta che non è facile o è semplicissima»… ma bisogna conoscerla, perché l’ospitalità è un’arte che appartiene di istinto al popolo meridionale. Prima di questo racconto, a cura de “Il Catalogo” di Lelio Schiavone era stato pubblicato un altro racconto (o è più giusto chiamare quello scritto “riflessione”?) di Aldo Falivena, “Il vecchio e i sette cipressi”, piccola favola sulla vecchiaia e l’ecologia, scriveva in presentazione il patron della mitica galleria salernitana, ricordando che il giornalista, in una delle sue immancabili visite a “Il Catalogo” ogni volta che veniva nella sua città, aveva lasciato una cartellina sulla scrivania di Lelio. Passarono dei mesi, poi «rimettendo a posto le carte è riapparsa la piccola elegante cartellina». Ed è subito un delicato, affascinante svolgersi di un rapporto tra un vecchio che abitava il superattico a Roma e sette cipressi che per anni erano «cresciuti pacificamente corteggiando, in altezza, il palazzo del numero civico 43 dove, abitava solitario un vecchio. Nel quartiere tutti lo conoscevano e lo salutavano come il professore», il quale, nonostante gli anni, «aveva nelle pupille l’azzurro di chi continua ad attendersi meraviglie dalla vita». Un racconto del 2001, ma che apre ad altre sorprese sulle riflessioni di un giornalista ormai maturo soprattutto professionalmente, ma che volge lo sguardo indietro, ad una giovinezza così diversa da quella che vivono tanti giovani di oggi. Ed erano gli anni 50-60 del secolo scorso quando in Italia fu “inventata” la dolce vita, a Roma come sulle nostre costiere: si pensa alla mitica “Africana” di Luca Milano a Praiano e al “Club Méditerranée” di Palinuro, primo villaggio in Italia per una vacanza diversa… almeno allora; i giornali titolavano che nel Cilento era nato un villaggio polinesiano. E fu il racconto-giornalistico “La Francese”, ritenuto dal figlio Camillo, il primo racconto del padre Aldo, pubblicato su “Il Giornale”, quotidiano indipendente del Mezzogiorno, del 23-24 settembre 1950 e ripreso in una plaquette della “Corvorosa editoriale” nell’anno 2776 a.u.b. (ab urbe condita). Dopo aver ricordato che sono state tantissime le gratificazioni avute dal padre Aldo per il suo lavoro giornalistico, in premessa di volumetto, Camillo scrive: «Non credo di sbagliare se affermo che la sua primissima ambizione fosse quella di diventare uno scrittore, più precisamente un romanziere». Tant’è che successivamente, sempre la “Corvorosa editore” pubblicava “Francesine a Palinuro”, primo articolo con cui Aldo Falivena iniziava – 25 novembre 1957 – la sua corrispondenza con il quotidiano di Bologna “Il Resto del Carlino”, all’epoca diretto da Giovanni Spadolini. Erano, quelli, anni mitici per il turismo salernitano e mentre tanti giovani stranieri preferivano raggiungere il Med Club di Palinuro, la Costiera Amalfitana era frequentata da vip del mondo politico, letterario, artistico e cinematografico italiano e americano: qui era la dolce vita estiva. E Aldo Falivena, con stile elegante, raccontava questa sua terra gioiosa, così come aveva raccontato, in contemporanea con Alfonso Gatto, i giorni della triste alluvione del 1954 che aveva funestato Salerno e i suoi dintorni.Con la maturità degli anni, la percezione del tempo trascorso, la consapevolezza di quello che si è, giunge “Una breve Metamorfosi” un racconto di Natale, pubblicato da Pietro Falivena per i tipi di “@alfabeti – osservatorio di arti visive”. Una pubblicazione che, scrive Pietro in premessa, «è solo un pensiero delicato per sentire ancora di più la sua vicinanza». Un racconto del 2008 apparso sulla rivista “Monte Mario” illustrato da un acquerello di Rosa Corvo, “compagna di vita e di arte”. Anche in questo racconto, come in quello dei sette cipressi, protagonista è un vecchio professore che una mattina si accorge di una metamorfosi, bella, ma breve. Così come i racconti, quasi pensieri in sottovoce lasciati a chi ha voglia di ascoltare, al mattino, mentre in casa si diffonde il primo aroma di caffè… D’altra parte Aldo Falivena soleva dire «Nel piccolo o nel breve può esserci il grande e il meglio».