Il decreto che riguarda l’organizzazione delle cure primarie, cioè la medicina del territorio, è la diretta applicazione della legge Balduzzi del 2012, la numero 189. Allo stato attuale la medicina di base, è organizzata in modo che il paziente si rivolge quando ne ha bisogno al suo medico di famiglia, il quale lo visita o nel suo ambulatorio oppure se c’è un’urgenza, il medico è tenuto ad andare presso il domicilio del paziente. Attualmente, il medico di famiglia continua a ricevere i suoi pazienti, però è lo stesso medico di famiglia che fa parte di un’aggregazione cosiddetta “funzionale”. Cioè, un insieme di medici, si organizzano e presso i locali chiamate “unità cure complesse primarie” predisposti dall’azienda sanitaria ricevono i pazienti. Per cui il paziente, che per esempio ha bisogno di misurare la pressione, oppure ha una colica, o delle patologie facilmente controllabili; non deve andare più, come oggi, al pronto soccorso ospedaliero, ma ricorrendo a queste “case della salute”, così chiamate, ha la risposta ai suoi problemi, cioè entità di piccolo intervento. Per esempio – commenta Bruno Ravera, Presidente dell’ordine dei medici di Salerno -, il ragazzo che giocando a pallone si procura una ferita banale, che ha bisogno di alcuni punti di sutura, è inutile che vada ad intasare il pronto soccorso dell’ospedale. Può farlo lì, presso le “case della salute”. Tutta la patologia minore, che in termine classico viene definito “codice bianco o anche codice verde”, che appesantiscono di molto il lavoro del pronto soccorso, non debbono andare là, perché troverebbero sul territorio l’organizzazione idonea a venire incontro a queste esigenze. Quando il sistema andrà a regime, e quindi non immediatamente naturalmente, vi sarebbero in queste strutture anche specialisti di altre branche. Per cui, il cittadino che ha bisogno non solo della visita ma anche degli accertamenti, anziché ricorrere all’ospedale intasato, potrebbe farli in questa stessa struttura. Il decreto è del 18 Febbraio, non si può sapere che impatto si avrà a Salerno, ovviamente deve essere comunicato alle aziende, e poi ci deve essere l’organizzazione, le organizzazioni sindacali mediche sono state chiamate a collaborare, a rendere il programma che è scritto nelle grandi linee, a renderlo operativo con provvedimenti concreti, per questo ci vuole del tempo. La sanità di Salerno sta attraversando un momento di grande difficoltà, così come in tutte le città della Regione Campania. L’inconveniente maggiore sta nel fatto che in seguito al patto di stabilità firmato parecchi anni fa, vi è il blocco del turn over. Quindi tutto il personale che va in pensione, anche quelli che dolorosamente muoiono, non sono sostituiti. Nella Regione Campania, mancano circa undicimila addetti ai lavori, tra cui infermieri, medici, ausiliari, dal complesso della sanità. Per far fronte all’esigenza del personale medico, ci si avvale di altri istituti, spendendo centinaia di milioni di euro all’anno. “La domanda sorge spontanea, -si domanda il Presidente Ravera -, perché questi soldi che si spendono in modo improprio, non si possono utilizzare per indire i concorsi e quindi assumere personale? E’ arrivato un secco e deciso “no” da parte del Ministero, perché dovendo risparmiare, pagando in questo modo non si versano i contributi. Questo è un delitto”. Pablo Arturo Di Lorenzo
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