di Antonio Manzo
“Logiche clientelari, favorite dalla naturale vicinanza tra politico ed elettori, troppo spesso gestendo il bene pubblico in maniera privatistica con il falso obiettivo di semplificare la gestione amministrativa, ma di fatto perseguendo sostanzialmente interessi privati”.
Lo scrivono i magistrati di Vallo della Lucania in una esemplare sentenza di condanna per il processo cosiddetto Kamaraton di Camerota. Lo sguardo lungo dei magistrati (Mauro Tringali, Benedetta Rosella Serra, Domenico Valerio Ragucci) fa toccare con mano un habitat di illegalità con danaro pubblico, assunzioni spartite con chirurgica precisione politica, danaro pubblico per spese personali. I giudici di Vallo della Lucania nella motivazioni della sentenza di condanna per gli ex sindaci (decine di anni di carcere) ragionano senza alcun moralismo di stagione o estremismo penalistico ma con rigorose spiegazioni, sulle illegalità compiute da amministratoti, funzionari e dirigenti del comune costiero.
Logiche clientelari e disamministrazioni locali, non sono frasi tratte da una ricerca di sociologia politica, ma sono scritte nella corposa sentenza cone illuminante metafora che negli ultimi tempi si riscontra nella gestione di piccoli comuni cilentani che operano silenziosamente lontano dallo sguardo delle istituzioni (come accade con la disattenzione della Prefettura sulla persistente presunta ineleggibilità di sindaco di Camerota, Giuseppe Peppe Scarpitta).
Camerota con la sentenza Kamaraton, le presunte mazzette per centinaia di milioni a Santa Marina di Policastro contate rigorosamente da macchinette conta banconote e rilevatori di banconote false , la gestione dei porti cilentani gestiti dalla malavita organizzata disposta dai comuni con complicità illegali inducono a ipotizzare un inquietante scenario di gestione amministrativa senza regole.
Soget, l’inizio dei guai
Lo sguardo dei giudici di Vallo della Lucania che condannano gli amministratori di Camerota smentiscono clamorosamente la Procura dello stesso tribunale che archivia frettolosamente le denunce sull’affidamento diretto compiuto a Camerota con l’affare Soget di ben sei milioni di euro per la riscossione dei tributi e dei parcheggi comunali. E’ da quell’appalto mascherato che inizia una pagina nera di Camerota che ora il comune intende replicare dopo i nove anni scaduti per la concessione del servizio di riscossione delle entrate tributarie dell’ente.
Le assunzioni pilotate
E’ da quel giorno che l’appalto Soget per un servizio riscossione già affidato ad elementi interni all’amministrazione che gestivano le entrate tributarie secondo i voleri degli amministratori diventa strumento di corruzione impropria con la contrattazione delle persone da assumere con nominativi divisi tra gli imputati in quali – scrivono i giudici – facevano attenzione a non inserire parenti ma soggetti pronti a ricambiare con i voti.
La condanna dell’impresa-tritolo
Così diventa indicativa del modo di amministrare la condanna nel processo Kamaraton per l’imprenditore Giovanni Di Mauro che fa incetta dei subappalti di Camerota ma è anche quello che deve utilizzare i 30mila kili di tritolo per distruggere la costa di Camerota e la falesia con il conseguente traporto delle pietre per il porto di Santa Marina di Policastro.
Le macchinette per contare le tangenti
Basta frequentare uno sportello bancario per vedere il funzionamento delle macchine conta soldi che utilizzano i cassieri per contare il danaro contante che nel caso di Santa Marina di Policastro avrebbe contato i sindaco Giovanni Fortunato. Accanto alla macchinetta mangiasoldi c’era anche un macchina conta soldi che a Santa Marina avrebbe dovuto riconoscere i soldi falsi. Perché allo sportello mazzette di Santa Marina di Policastro non dovevano arrivare furbi truffatori. Se Poggiolini ai tempi di Tangentopoli nascondeva i soldi delle tangenti nei cuscini del salotto di casa, a Santa Marina di Policastro nascondono le mezzette nell’innocente biliardo.
I boss nei lidi
Ci sono e li riconoscono tutti, i boss che sequestrano i lidi. A Sapri come a Palinuro, a Camerota come a Santa Marina, con la complicità delle amministrazioni comunali che hanno il potere di assegnare le spiagge demaniali. I boss li conoscono tutti, tranne chi deve vigilare i lidi al di là di abusi edilizi quasi sempre scoperti e denunciati dal confinante del lido. Sono uomini dei clan della camorra o della ‘ndrangheta che vogliono fare affari nei mesi estivi.





