di Gerardo Severino
Il Che la nostra estesa provincia abbia “patito”, forse più di altre in Campania, il dramma dell’emigrazione non è certo una novità, ricordando i famosi bastimenti diretti alla volta di <>. Centinaia di libri, saggi e articoli hanno raccontato quello che fu un vero e proprio esodo di massa, per quanto caratterizzato da destinazioni particolarmente note, quali gli Stati Uniti d’America, i Paesi dell’America Latina e, soprattutto, tra gli anni Cinquanta e Settanta del Novecento, il Nord Europa, con la Germania e la Svizzera in testa. Eppure, sempre la nostra provincia ha visto non pochi dei suoi figli emigrare anche in altri Paesi europei, ove le Comunità italiane erano peraltro diffuse – per quanto originate da motivazioni politiche – già nel corso dell’Ottocento, volendo “puntare il dito” su Svizzera, Francia e Inghilterra, ove trovarono scampo non pochi liberali ricercati dalle varie polizie politiche pre-unitarie. Volendoci fermare alla sola Francia, dobbiamo evidenziare come il grande Paese europeo abbia in effetti “ospitato”, fra Ottocento e Novecento non poche “braccia” sottratte alla fame e alla disperazione, così come ebbe ad “ospitare” non pochi uomini di cultura, professionisti e abili artisti, categoria, quest’ultima, alla quale appartenne un volenteroso “operaio” (in atti definito “gualcatore”) originario del Salernitano. Alfonso Fortino, che una volta emigrato a Marsiglia si sarebbe fatto chiamare Alphonse, nacque a Baronissi il 12 dicembre del 1861, quindi a pochi mesi dalla proclamazione del Regno d’Italia, figlio di Vincenzo e di Maria Antonia Greco. Alfonso rimase a Baronissi sino al giorno del matrimonio con Maria Grazia Ferrigno, anche lei “operaia giornaliera”, originaria di Capriglia, frazione di Pellezzano, borgo facente parte dello stesso Mandamento di Baronissi. Il matrimonio fu celebrato nella stessa Capriglia il 28 gennaio del 1883. E fu proprio nella modesta abitazione della frazione Capriglia che la famiglia di “operai gualcatori” (la “Gualchiera” era un macchinario di epoca preindustriale, usato per lo più nella manifattura laniera, ma anche nell’industria della carta. Con tale termine sin indicava anche lo stesso edificio industriale), lavoranti presso uno dei celebri lanifici di cui era ricca la Valle dell’Irno, si sarebbe ingrandita, con la nascita del primogenito, Vincenzo, venuto al mondo il 12 gennaio del 1887. Fu, poi, la volta di Saveria, nata il 2 giugno 1890, di Alfonso, 1° aprile 1893, Aniello, 16 dicembre 1894 (questi ultimi due morti in tenera età), Gaetano, nato il 16 aprile del 1896 e di Pietro, venuto alla luce, sempre a Pellezzano, il 29 giugno 1900. Di lì a qualche anno, la famiglia Fortino fu costretta a seguire l’esempio di tanti altri paesani, emigrando così in Francia, esattamente a Marsiglia, ove già dalla seconda metà dell’Ottocento la Colonia italiana era fra le più numerose e attive. E fu proprio a Marsiglia che nel corso del 1905 nacque l’ennesimo maschietto, al quale fu imposto il nome di Attilio Maria. Come è facile intuire, la maggior parte degli emigrati dall’Italia aveva portato con sé sia le tradizioni popolari della propria gente, sia l’esperienza del proprio mestiere, arte o professione. Alfonso Fortino proseguì, quindi, a Marsiglia, ove erano attivi non pochi stabilimenti industriali, il proprio mestiere di “operaio gualcatore”, il quale gli sarebbe stato molto utile nel momento in cui fu costretto a riciclarsi nel settore della concia delle pelli, una delle principali attività praticate nella stessa Marsiglia. A tale mestiere si sarebbero dedicati tutti i figli maschi, i quali si specializzarono nel settore della calzoleria. Nel giro di qualche altro anno, Alphonse Fortino, nonostante le enormi difficoltà, era riuscito a “mettersi in proprio”, dando così vita ad una piccola fabbrica per la produzione artigianale di calzature, presso la quale avrebbero lavorato i vari membri della famiglia, tra maschi e femmine. Gli affari andavano bene e tutto prometteva per il meglio, allorquando, nei primi mesi del 1907, purtroppo, veniva a mancare la povera Maria Grazia, di appena 47 anni, caduta accidentalmente da un’impalcatura dell’Ospedale di Marsiglia. A tale sconvolgente evento avrebbe fatto seguito, nell’ottobre del 1909, la scelta del primogenito, Vincenzo, il quale decise di emigrare negli Stati Uniti. Imbarcatosi a Marsiglia, il giovane approdò a New York il giorno 30 dello stesso mese.
A quel punto, la drastica decisione minò fortemente il povero vedovo, Alphonse Fortino, il quale, il 25 ottobre dell’anno seguente, si spense prematuramente, all’età di 49 anni. A quel punto, la gestione dell’Azienda di famiglia passò ai figli, Vincenzo, tornato immediatamente dall’America, Gaetano e Pietro, rispettivamente di ventitré, quattordici e dieci anni, assistiti, molto probabilmente, da qualche altro parente giunto dall’Italia. I giovani Fortino, rimboccatesi le maniche delle camicie proseguirono alacremente nel progetto paterno, anche se di lì a poco, a seguito dello scoppio della “Grande Guerra”, furono costretti a rientrare in Italia, onde prendere parte al conflitto. A quell’immane tragedia dovette contribuire, seppure per pochi mesi, anche il fratello più piccolo, Pietro, il quale, evitando la denunzia per “renitenza” si presentò spontaneamente presso il Regio Distretto Militare di Salerno, il 3 settembre del 1918, per poi essere destinato al 52° Reggimento Fanteria. Pietro rimase sotto le armi sino al 30 marzo del 1919, allorquando fu mandato in “congedo illimitato provvisorio”, facendo così ritorno in Francia. Ripresa lentamente la vita di prima, i fratelli Fortino, raggiunti dal fratello più piccolo, Attilio Maria, si dedicarono anima e corpo alla propria fabbrica artigianale di scarpe, nel frattempo sistemata al civico n. 62 di Rue Sainte, ove avrebbe operato sino al secondo dopoguerra. Nel corso degli anni Venti, tuttavia, i fratelli decisero di dividersi l’attività. Mentre Vincenzo, Pietro e il fratello più piccolo, Attilio Maria, mantennero il “marchio di famiglia”, Gaetano decise di mettersi in proprio, dando così vita alla “Manufacture de Chaussures Gaëtan Fortino”, con sede sempre in Marsiglia, inizialmente in Rue de la Loge, 30 e, in seguito (attorno al 1929) in Rue Grignan, 98.
La fabbrica di Gaetano si era specializzata nella realizzazione di scarpine per neonati e bambini, in gergo locale definite “fafiot”, rigorosamente confezionate a mano. La fabbrica di scarpe di Pierre e Attilio Maria Fortino, la quale aveva mantenuto la ragione sociale di “Fabbrica artigianale di calzature Alfonso Fortino”, e che per anni avrebbe operato in Rue de la Serge, chiuse i battenti il 30 giugno del 1961, ad un secolo esatto dalla nascita del suo fondatore. Fu, quella, la data della comunicazione alle autorità della classica dichiarazione di “cessazione d’attività”. I fratelli Fortino avevano fatto sino in fondo il proprio dovere di figli e di padri, perpetuando la tradizione di famiglia a migliaia di chilometri di distanza da Pellezzano, consapevoli del fatto che il progresso industriale non avrebbe dato alcuno scampo all’artigianato, per quanto questo avesse diffuso, sia in Francia che nel mondo intero, la genialità, l’estro e la voglia di fare della laboriosa gente del Meridione d’Italia. Ma questa è un’altra storia…