I doni e i misteri di Circe - Le Cronache Spettacolo e Cultura
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I doni e i misteri di Circe

I doni e i misteri di Circe
Di Olga Chieffi
Il “Cantus Circaeus” di Giordano Bruno, pubblicato nel 1582, rappresenta un’opera significativa nella quale il filosofo affronta tematiche di natura mnemotecnica e, allo stesso tempo, etiche. Attraverso la figura mitologica di Circe, egli conduce un dialogo che esplora la corrispondenza tra essere e apparire nella natura umana. L’opera si apre con l’invocazione al sole, riconosciuto come principio ordinatore e fonte di vita, e pone l’accento sul disordine morale e naturale dovuto alla perdita di connessione dell’uomo con le leggi naturali. Circe, come figura centrale del dialogo, non solo evoca l’immagine di una maga capace di trasformare gli uomini in animali, ma agisce anche come agente di riforma, cercando di ripristinare l’armonia e la verità nascoste sotto le sembianze ingannevoli dell’umanità. La sua magia non altera la natura degli uomini, ma rivela la loro vera essenza, sottolineando come la corruzione etica derivi dall’abuso dei poteri umani, in particolare attraverso l’uso della mano e della lingua. Bruno esamina vari archetipi animali, correlati a comportamenti umani, come i cani codardi, i muli ed i camaleonti, simboli di diverse debolezze e comportamenti morali, per illustrare le distorsioni etiche della società del suo tempo. La rappresentazione delle bestie diventa una critica sociale ai vizi degli uomini e alla delta corruzione politica rappresentata dai galli, simbolo della monarchia francese. Il secondo dialogo dell’opera si concentra su un approccio pratico alla mnemotecnica, richiamando l’attenzione su metodi di apprendimento e memoria, decisivi per il sapere e la cultura. In questo senso, pur affrontando la crisi universale, il “Cantus Circaeus” si pone come un primo passo verso una comprensione più profonda della filosofia bruniana, anticipando le questioni più complesse sviluppate nel suo successivo lavoro, lo “Spaccio de la Bestia Trionfante”. In sintesi, Bruno utilizza l’elemento magico per affrontare questioni profonde di etica e di conoscenza, presentando una critica della società e un invito alla riflessione sulla natura umana e sulla sua capacità di autotrasformazione, sempre con un occhio attento a come la memoria e la ragione possano diventare strumenti per la riforma personale e collettiva. Ecco che stasera , alle ore 20,30, in Sala Assoli a Napoli, prosegue la Stagione musicale Sorgenti, promossa da Dissonanzen, proprio con il concerto “Soirée a Circe” con Roberta Invernizzi, Guido Caserza, l’Ensemble Barocco e la direzione artistica di Claudio Lugo. Un programma che omaggerà  Francesca Caccini, cantante e anche di compositrice, la quale iniziò a musicare le poesie di Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote del Grande Michelangelo – amico anche di Artemisia Gentileschi di poco più grande di Francesca, la quale si dipingerà come liutista –, il quale ricevette spesso dai Medici l’incarico di scrivere libretti per musica con Francesca Caccini. Collaborarono insieme per anni, legati da una grande amicizia, definita da alcuni amore, documentata da una fitta corrispondenza. Caccini scrisse madrigali, ballate, variazioni, musica per voce, e la prima opera melodramma composta da una donna La liberazione di Ruggero. A Napoli ascolteremo un florilegio di sue pagine, dalla voce di Roberta Invernizzi, in duo con il liutista Ugo Di Giovanni, a cominciare da Lasciatemi qui solo a Rendi alle mie speranze il verde, e i fiori, quindi, Se muove a giurar fede, quindi l’Amarilli di Giulio Caccini. Si passerà poi alla Cantata Profana di Claudio Lugo, con il soprano Roberta Invernizzi e la voce recitante di Guido Caserza sostenuti dall’ Ensemble Barocco di Napoli , con Marco Piantoni e Eleonora Amato, violini, Vezio Jorio, viola, Manuela Albano, violoncello, Giorgio Sanvito, contrabbasso, Giovanni Martinelli, chitarra elettrica, diretti dallo stesso Claudio Lugo.
Il Canto di Circe, nato come “studio” per il Festival Sonora di Merano, approda alla
rassegna   Sorgenti   di   Dissonanzen   nella   forma   compiuta   di   cantata   profana,   con
l’Ensemble Barocco di Napoli e con la voce solista di Roberta Invernizzi per la quale
il lavoro è stato scritto e che ne è stata la prima interprete. Nella cantata il testo della poesia in esergo è affidato alla voce solista che ne intona integralmente il testo in latino. La voce recitante intervalla le varie tappe del viaggio ideale  con   letture   tratte   dal   primo   dialogo   e   da   una   campionatura   delle   ‘bestie’ descritte nelle Questionesnella versione italiana di Tommaso Ottonieri. Un preludio e alcuni interludi strumentali, con flauti barocchi concertanti, ‘saldano’ i frammenti del   canto   e   della   recitazione   tracciando   idealmente   il   procedere   del   cammino   che approda, se condotto con solerti industria, sino alla desiderata catarsi finale.