Antonio Manzo
Ha appena un mese di vita quando arriva a Salerno dove ora, con l’immaginario di vita, tornerà dopo 90 anni. Per festeggiare il compleanno ma, soprattutto, spegnere la fatidica candelina su una bella “scazzetta” fatta e guarnita dalla storica famiglia Pantaleone. L’odore dei dolci che sfornano a via de’ Mercanti, nelle passeggiate con il papà Leopoldo, direttore dell’Archivio di Stato di Salerno lo prende per una vita segnata dalla e dalla scienza giuridica e politica. Sabino Cassese non racconta l’Italia al passato remoto, perché tra guerra, ricostruzione, gli studi e impegni istituzionali può riscriverla al passato prossimo costituito da un verbo al presente e da un verbo al participio che gli consente di indicare con lucidità quello che è accaduto, sta accadendo e influenzando il presente. La vita di Sabino Cassese non è stata mai una storia coniugata con i verbi del passato remoto di un archivio o biblioteca perché non ha mai, sapientemente, voluto troncare il legame tra presente e passato. Il massimo esperto dello Stato e della burocrazia italiana è stato un salernitano, il professor Sabino Cassese, figlio dello storico Leopoldo. Da sessant’anni conduce una coraggiosa battaglia per la riforma della pubblica amministrazione e contro ogni palude burocratica. Da Roma, dove vive e ha insegnato (è stato titolare della cattedra di Diritto Amministrativo nella facoltà di giurisprudenza dell’Università “La Sapienza”) ha svolto la funzione di Giudice Costituzionale e vissuto una notte con l’incubo di poter essere eletto Presidente della Repubblica prima che tutto si risolvesse con il mandato bis per Sergio Mattarella. A 25 anni lascia Salerno per raggiungere Pisa dove studierà alla “Normale”. Ha vissuto la guerra, la città di Salerno sventrata dai bombardamenti e, lo sbarco degli Alleati. Il piccolo Sabino non dimenticherà mai quella notte del 1943 quando vide a mare i primi razzi della battaglia dello Sbarco e si rifugia con la sua famiglia, nella Prefettura. Ma viene inseguito, a vita, dal triste ricordo dei morti che ci sono nel rifugio parallelo a quello dove trova scampo la sua famiglia. Tutti gli occupanti sono morti. La Salerno di quegli anni, ricostruita, è una città piccola dove la vita mondana si concentra nella passeggiata di via dei Mercanti, inebriato dall’effluvio dei dolci di Mario Pantaleone. Ma per Sabino cominciano gli studi liceali e viene iscritto al Liceo classico “Tasso”, nella sezione “A” dove ci sono professori che gli restano impressi nella memoria: dal sacerdote Luigi Guercio, che insegna italiano e latino, alla signora Amendola che faceva lezioni di matematica e Carmine Coppola denominato Lord Brummel per il fascino dello stile dandy che esibisce. Ricorda, Sabino, le partite a pallone tra le75 stanze dell’Archivio di Stato a Largo Abate Conforti di Salerno dove nell’antica Cappella di San Ludovico trova anche lo spazio fisico negato nella città ancora piena di macerie. Il padre lavora già da tempo a Salerno, è Direttore dell’Archivio e poi diventa anche professore di archivistica. Poco prima dei 15 anni, Sabino conosce anche il “giornale parlato”, alla Libreria Macchiaroli di Piazza Malta. A Salerno arriva l’esperimento francese delle notizie divulgate e che prende piede in una storica libreria cittadina che segna la cultura e la politica della Salerno che verrà. Sabino torna a Salerno nel 2015 per parlare ai suoi ragazzi del Tasso su cittadinanza e emigrazione organizzata dall’associazione ex alunni e nel 2024 donerà agli italiani il racconto sul Corriere della Sera sula sua educazione meridionale alla vigilia del suo libro “Varcare Le Frontiere”. Quando a Salerno rivede i registri dell’archivio liceo Tasso si emoziona, come quando rivede una copia dei due volumi sugli “Scritti in memoria di Leopoldo Cassese” che una nutrita serie di storici italiani volle affidare alla cura di Antonio Cestaro e Pietro Laveglia. Non solo l’emozione ma, soprattutto l’età, impedisce a Sabino Cassese di fare la “sciuliarella”, uno scivolo di cemento scosceso che all’angolo del Tasso consentiva di percorrerla, seduti. La vita non è solo un gioioso azzardo, perché l’età fa 90 e non si vede. Auguri cari, Maestro Sabino Cassese.





