Penultimo appuntamento, questa sera, alle ore 19,30 conla rassegna organizzata dalla Associazione Alessandro Scarlatti, presieduta da Oreste de Divitiis, che ospita Davide Cesarano e Giovanna Basile. In programma musiche di compositori simbolo della scuola nazionale russa
Di Olga Chieffi
Il preludio per antonomasia di Rachmaninov fu per moltissimo tempo quello in do diesis minore, secondo numero dell’op. 3 composta a diciannove anni, nel 1892. Azzeccato il pezzo di successo, per quasi dieci anni, durante i quali il Preludio in do diesis minore entrava nel repertorio di tutti i pianisti e diffondeva il nome del suo autore in tutto il mondo, Rachmaninov non pensò più alla forma del preludio. Tra il 1901 e il 1903, tornato a comporre dopo aver attraversato una gravissima crisi, Rachmaninov scrisse dieci preludi, pubblicati sotto il numero d’opera 23. E’ con questo Rachmaninov che principierà stasera, alle ore 19,30, il penultimo appuntamento dei concerti dell’Associazione centenaria “Alessandro Scarlatti” di Napoli. Assiso al pianoforte sarà Davide Cesarano, studente del Martucci di Salerno. 10 Preludi op. 23, dei quali Davide eseguirà i primi cinque, sono un numero sufficiente per dar conto, dell’enorme capacità espressiva e dell’inesauribile fantasia del compositore. Nel n. 1 (Largo in fa diesis minore) il tema frammentato affidato alla mano destra si intreccia con la melodia della sinistra offuscata dall’accompagnamento per quartine; l’incrocio della mani permette al compositore di sfruttare appieno tutti i registri della tastiera alternandoli continuamente. Nel n.2 (Maestoso in si bemolle maggiore) continui arpeggi della mano sinistra coprono quasi metà della tastiera e, in mezzo a cascate di note dall’acuto al grave, emergono i temi principali. Nel n. 3 (Tempo di minuetto in re minore) la scrittura per grandi accordi rimanda alle sonorità dei cori russi; l’armonia è piuttosto originale e l’assenza di “arabeschi” strumentali permette di assaporarne tutte le sfumature. Nel n.4 (Andante cantabile in re maggiore) sembra di sentire l’eco di Chopin grazie all’idea, tutta classica, di affidare il canto alla mano destra e l’accompagnamento alla sinistra. Il n. 5 (Alla marcia in sol minore) è forse il più famoso dei dieci, non solo per il tipo di scrittura pianistica molto robusta (con accordi fitti e ribattuti e forti accenti sul tempo debole della battuta), ma soprattutto per il modo in cui è costruito, tipico di Rachmaninov. La composizione segue infatti una curva espressiva nella quale l’elemento iniziale (eroico e baldanzoso) viene ripetuto ossessivamente in un crescendo dinamico pieno di energia, interrotto da una parte centrale più cantabile. Davide proseguirà con la Fantasia in Si minore op.28 di Alexandr Skrjabin, in forma di primo movimento di sonata. Drammatica nei suoi radicali contrasti fra il primo e il secondo tema, in cui si passa per l’aforisma dell’allegro di sonata, su di un denso tessuto polifonico, e di affatto semplice tessitura. Davide Cesarano concluderà la sua performance con l’esecuzione della Toccata op.11 di Sergej Prokofiev, praticamente un perpetuum mobile, che, da una iniziale figurazione ribattuta sulla tonica di re, due volte si espande, ed una terza si arresta di scatto, su un glissato che lascia senza fiato l’ascoltatore. Essenza della Toccata è senza dubbio un equivoco romantico, la trasformazione del cembalismo brillante dei secentisti italiani nel virtuosismo diabolico, una metamorfosi prefigurata da Schumann nella sua Toccata op. 7. Seconda parte della serata affidata alla tastiera virtuosa di Giovanna Basile, la quale completerà l’opus 23 di Sergej Rachmaninov con il preludio n. 6 (Andante in mi bemolle maggiore) si intrecciano due linee melodiche, una con note veloci alla mano sinistra, l’altra con note lente affidate alla destra, in cui è annullato il principio del “canto e accompagnamento” grazie al sottile gioco di rifrazioni tra regione grave ed acuta della tastiera; il n. 7 (Allegro in do minore), tra i più difficili tecnicamente e richiede una grande scioltezza e leggerezza delle mani, Il n° 8, in la bemolle maggiore, ricorda il 19 preludio dell’opera 28 chopiniana, una pagina di figurazioni spezzate, di estrema difficoltà tecnica ma in un climax di rilassato lirismo, il nono in Mi bemolle minore, è cromatico, propulsivo e straordinariamente difficile, probabilmente il meno prezioso, musicalmente, mentre il Prélude finale, in Sol Bemolle maggiore è il più breve e semplice, una raffinata elegia, meravigliosamente melodica. Finale con la sonata n°2 in Si Bemolle minore op.36, concepita nel 1913 e rivista nel 1931. Articolata in tre movimenti che si succedono senza soluzione di continuità, la Sonata inizia con un appassionato Allegro agitato in cui attraverso una scrittura altamente virtuosistica e servendosi del contrasto fra le atmosfere espressive dei due temi principali Rachmaninov dà vita a una pagina intensa ed emozionante. Sette battute di Non allegro introducono direttamente all’incantevole Lento centrale, la cui malinconica melodia in 12/8 – che poi si va via via, animando e gonfiando nel corso di una serie di variazioni dai toni, distesi e misurati, Ii ritorno delle sette battute di transizione (L’istesso tempo) prelude all’esplosione dell’Allegro molto finale, in cui la Sonata ritrova lo slancio impetuoso del movimento d’apertura ma in un contesto espressivo sempre più brioso e positivo, fino alle trionfali pagine conclusive in tonalità maggiore.