Gubitosi, Giffoni un imperro culturale - Le Cronache Attualità
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Gubitosi, Giffoni un imperro culturale

Gubitosi, Giffoni un imperro culturale

Dopo oltre mezzo secolo di dedizione e passione, Claudio Gubitosi, il visionario che ha trasformato un piccolo paese della Campania in un epicentro globale del cinema per ragazzi, si prepara a lasciare la direzione del Giffoni Film Festival. Un addio che segna la fine di un’era, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo per un evento che ha saputo reinventarsi, rimanendo fedele alla sua missione: dare voce alle giovani generazioni. Gubitosi, con la sua energia contagiosa e il suo sguardo rivolto al futuro, ha costruito un mondo unico, dove il cinema diventa strumento di dialogo, crescita e inclusione. Un luogo magico che ha ospitato star internazionali, registi acclamati e, soprattutto, migliaia di giovani giurati provenienti da ogni angolo del pianeta. In questa intervista, Gubitosi ripercorre le tappe fondamentali del suo percorso, dai primi passi del festival alla sua evoluzione, fino alle sfide e alle opportunità del futuro. Un racconto appassionante, intriso di aneddoti, ricordi e riflessioni, che svela il segreto di un successo straordinario e l’eredità che lascia alle nuove generazioni. Cosa è successo, direttore? «Non è successo niente. È il tempo che esige questa responsabilità. Credo che dopo 55 anni al servizio di quest’idea, l’anno prossimo compio 75 anni, era giusto dare la responsabilità della direzione di questo festival a tutto il mio team. Ho 90 giovani super preparati, scrupolosi, attenti, che hanno fatto gavetta e formazione, che curano tutto il mondo Giffoni. Con la mia sicurezza ho deciso, quindi, di abbandonare al 31 dicembre di quest’anno la direzione del festival di Giffoni. Quindi questa è l’ultima edizione che firmo come direttore». Si sente stanco? «Non c’è stanchezza. Anzi, c‘è anche leggerezza. L’ho fatto in tempi diversi, non a ridosso del festival, non all’inizio dell’anno, non alla fine dell’anno. L’ho fatto nei tempi giusti. Chissà da quanto se lo aspettavano. Questa notizia ha fatto il giro del mondo: non immagina quanti messaggi, mail ho ricevuto. Solo sul mio profilo Facebook parliamo di 90mila visualizzazioni nel giro di pochissimo. Tanti volevano cercare di capire: ho fatto solo una cosa che non credevo di dover fare: tranquillizzare. Giffoni continuerà, sarà anche più forte di prima e con una nuova visione, anche più giovanile. Ho fatto questo con grande piacere e responsabilità. Adesso bisogna fare le cose, quando sei lucido e hai la sicurezza che tutto è formato». Tutto è al suo posto, quindi, per un progetto abnorme come quello del Giffoni? «Parliamo di uno dei progetti culturali e sociali, economici tra i più importanti del mondo. Ed è evidente che, quando prendi una decisione, devi stare tranquillo. Devi avere la consapevolezza di quello che fai. Sono orgoglioso, perché in 55 anni, costruendo mattoncino per mattoncino, ho creato uno di più importanti e imponenti imperi culturali in Europa. Ho avuto il privilegio di incontrare milioni e milioni di ragazze e ragazzi, entrando nelle loro vite, condividendo con loro le debolezze e la grande luminosità, le prospettive, i sogni e i bisogni che ogni ragazzo aveva. È stato un caso unico al mondo, quello di aver fatto un evento del genere in un Comune di 10mila abitanti, un evento che il pubblico ama tantissimo. In tempi non sospetti, parliamo del 1982, i primi grandi nomi del cinema mondiale sono venuti a Giffoni: De Niro, Truffaut. Non mi sono fermato nell’80, quando ci fu il terremoto che fece anche varie ferite a Giffoni. Le stesse ferite, i dolori e lo sconforto l’ho registrato nel 2020, quando con il Covid Giffoni non si è fermato. Fu l’unico evento al mondo a farsi in presenza con tutte le cautele, Dio mi ha aiutato e ce l’abbiamo fatta senza registrare neanche un caso di positività. Di fronte al mio ufficio ho la Cittadella del cinema, so che si sta completando l’arena con 5mila posti all’aperto, il museo con un’altra sala da 600 posti, Non c’è esempio di un altro paesino del sud di 10mila abitanti che abbia fatto tutto questo senza avere nessun tipo di strutture all’epoca. Giffoni, oggi, è un orgoglio made in Italy e made in Campania di cui dovremmo tutti quanti essere fieri». Ora toccherà nominare un nuovo direttore. «Non ce ne sarà uno, ce ne sarà più di uno. Questo lo vedremo, perché credo che fra un mese o due riusciremo a rispondere anche a questa domanda. Al momento c’è anche mio figlio, Jacopo, che da cinque anni è assunto al festival e cura la direzione generale, ma tutto questo non basta. Abbiamo 14 dipartimenti con 14 direttori che si occupano di questo: dobbiamo mettere in fila tutte le attività, soprattutto artistiche, che sono tantissime. Bisogna formalizzare anche la prossima nomina del direttore artistico, che avverrà prima del festival sicuramente. Sono molto contento di poter accompagnare fino al 31 dicembre, passo dopo passo, tutte le varie fasi della costruzione del team di Giffoni, che ripeto, c’è già. Sono orgoglioso di aver formato il 90% del team con giovani di Giffoni e della provincia di Salerno. Questo è un altro mio orgoglio. Ho preso giovani che si sono formati, sono diventati ottimi selezionatori di film, curano tutte le attività relative alle relazioni con i talenti nazionali e internazionali. C’è il settore sociale che è molto importante, dedicato a chi è più debole, per chi è meno fortunato, oltre a tutte le attività che facciamo con chi soffre di nuove patologie. Giffoni non è solo ed esclusivamente un festival del cinema: attorno a questo si è costruita tutta una progettualità sulla dispersione scolastica che sviluppiamo durante l’anno, sulla povertà educativa di bambine e bambini. Lavoriamo in ogni regione d’Italia, siamo presenti in 35 nazioni all’estero con i nostri hub. Quindi è veramente qualcosa che bisogna capire, Giffoni, nella sua espressione totale». Ne sono passati tanti, fino ad oggi, a Giffoni. «Ho cercato di dare ai giovani la possibilità di poter interagire con la storia. Ricordiamoci tutti che a Giffoni, in tempi non sospetti, c’è stato il potentissimo Gorbačëv; l’attuale papa, da piazza San Pietro, più volte ci ha benedetto e invitato a continuare, ringraziandoci per quello che facciamo per queste generazioni, essendo un luogo dell’ascolto. Mi sembra logico che tutti quelli che fanno vita politica, istituzionale, i più grandi dell’industria e del giornalismo vengono qui, perché si devono incontrare con i ragazzi. Ma gli stessi talenti che sono venuti, ne potrei dire davvero tantissimi tra cui Tornatore, il più grande in Italia. Giffoni è un luogo d’ascolto perché gli ospiti non vengono a promuovere il loro film: provano il contatto fisico con il loro pubblico. Si è creata una simbiosi davvero unica. Poi la particolarità di Giffoni è che non chiude mai. Di solito i festival dopo 7-10-15 giorni chiudono. Noi produciamo circa 500 attività durante l’anno: abbiamo portato i ragazzi al cinema, abbiamo incontrato nelle scuole e nelle sale cinematografiche, 50mila studenti all’anno. Siamo molto impegnati nel rapporto tra noi e la scuola: col Ministero dell’istruzione siamo stati i fautori per l’accordo tra cultura e istruzione, per far entrare il cinema nelle scuole. Sono tantissimi i progetti che abbiamo portato avanti». Da ormai 55 anni. «Non è colpa mia se il festival l’ho pensato a 17 anni e fatto la prima volta a 18. Ci sono 300 tesi di laurea su di noi, sono stato alla George Washington University che voleva sapere come si potesse fare una cosa così imponente in un piccolo paese rurale. Hanno scritto libri di antropologia sul tema. Non chiediamoci perché è nata, ma ringraziamo Dio perché è nata». Erika Noschese