Un viaggio nella grande storia del cinema napoletano è quello fatto dai numerosi presenti alla conviviale rotariana dedicata al professor Alfonso Amendola, docente di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali presso l’Università di Salerno, organizzata all’Hotel Due Principati di Baronissi, dalla presidente del Club Rotary Salerno Nord dei Due Principati, la professoressa Sirella Renda, in interclub con i Club Rotary: Salerno Duomo, presieduto dal dottor Michele Pellegrino; Salerno Picentia, presieduto dal dottor Roberto Napoli, e Campagna Valle del Sele, presieduto dalla dottoressa Gigliola Pessolano. Il professor Amendola ha iniziato il suo viaggio ricordando il teatrocanzone prodotto dalla prima regista donna, di origini salernitane, Elvira Notari: “Negli anni 20 fonda il primo grande circuito di produzione cinematografica, ispirandosi fondamentalmente alle canzoni napoletane, come “Piccerè” e “Bammenella”, mette in campo una traduzione cinematografica delle canzoni di successo dell’epoca: intuisce per prima quello che poi accadrà negli anni sessanta con i film musicali detti “musicarelli”, tratti dalle canzoni di Celentano, Gianni Morandi, Bobby Solo e Gigliola Cinquetti”. Amendola si è soffermato a parlare dei grandi attori formatisi con il cinema degli anni 10 e 20, come i fratelli De Filippo, Nino Taranto e Totò: “I quindicenni di quegli anni vedono nel cinema il linguaggio della modernità. I giovani di quell’epoca comprendono che il cinema è il linguaggio che appartiene alla propria generazione, come oggi lo sono i social”. Parlando di Totò e della sua comicità il professor Amendola ha spiegato quelli che erano gli elementi di forza dell’attore napoletano: “La maschera di Totò appartiene ad una tipologia attoriale che si ispirava alla grande maschera di Charlot. Per Totò, il corpo era una vera e propria macchina esplosiva. Il primo Totò nasce come grande burattino, come marionetta: la sua grande forza fondativa non è tanto sulla parola, che anche c’è, ma sul corpo che fa ridere nella sua gestualità. Il suo è stato un grande progetto innovativo. Totò non ha bisogno di maschere: il suo volto è una “maschera interiorizzata”. Amendola ha ricordato la grande capacità di improvvisare di Totò: “In realtà Totò improvvisava, ma su un codice preciso. Noi ridiamo in continuazione ad una miriade di battute; capovolge il senso delle parole e gioca in modo rocambolesco sui luoghi comuni: ricordiamo le famose “parli come badi”, “ogni limite ha una pazienza”; “se vedo un buco mi ci infilo”. Totò recupera tutte le forme espressive della napoletanità, compresa la gestualità tipica napoletana. Totò che negli anni ’40 è stato a Salerno, al Teatro Verdi, ancora oggi, fa ridere e quasi ogni giorno, alcune televisioni locali o nazionali trasmettono un film di Totò che è un acrobata del fisico e delle parole: un grande maestro”. Il professor Amendola ha centrato la sua riflessione finale sul cinema di Massimo Troisi: “E’ stato l’ultimo dei grandi, per quanto siano grandi Vincenzo Salemme, Alessandro Siani ed altri: la presenza di Massimo Troisi ha qualcosa in più; la sua fisicità è in movimento, la sua tecnica attoriale si basa sul recitato edoardiano: tronca le vocali finali delle parole, utilizza tonalità basse e un linguaggio di grande pudore. Massimo Troisi ha la forza di raccontare in maniera forte, generosa e visionaria i grandi accadimenti quotidiani. La comicità di Troisi rappresenta una delle grandi sintesi della comicità napoletana: una grande invenzione e una grande generosità”. Soddisfatta la professoressa Sirella Renda che da appassionata di teatro e canto, ha fortemente voluto invitare il professor Amendola soprattutto per parlare della napoletanità: “E’ un modo di sentire le cose, un valore aggiunto che dà una marcia in più”.
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