Giuseppe Gibboni meets Romane Oren - Le Cronache
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Giuseppe Gibboni meets Romane Oren

Giuseppe Gibboni meets Romane Oren

di Olga Chieffi

Domani sera, alle ore 20, il palcoscenico del teatro Verdi ospiterà il futuro della musica: il violinista Giuseppe Gibboni, reduce dall’affermazione nella XVI edizione del premio internazionale George Enescu, nonché dalla finale del premio Paganini, incontrerà la pianista Romane Oren, figlia dell’ultima compagna di Daniel, l’attrice Bèrengère, di appena 14 anni. Giuseppe e Romane si esibiranno prima da solisti, quindi s’incontreranno sulle note di Niccolò Paganini e di Henryk Wieniawski. La serata verrà inaugurata da Romane, che ha scelto per il pubblico salernitano il Robert Schumann le Kinderszenen Op.15, una pagina in cui la visione dell’autore è notevolmente complessa, lui stesso non riuscì, infatti, a definire in modo esaustivo se i brani dell’Op.15 fossero pensati da un adulto per l’infanzia o se fossero reminiscenze di un adulto per gli adulti, come una sorta di riflessione lirica sul mondo infantile. Certamente, l’uso sistematico della polifonia nei tipici modi tanto caratteristici dell’autore, ne fanno un’opera di comprensione non semplice per la gioventù e, gli stessi linguaggi armonici e melodici, spesso sono di avanzata complessità logica. Sicuramente la capacità di analisi e di introspezione psicologica che traspare da questi quadretti è notevole, dominati dal senso della visione e della affabulazione, che ci regalano diverse chiavi di lettura. Romane, prima di cedere la ribalta al violino, si cimenterà con lo Scherzo n°2 op.31 in Si bemolle minore Fryderyk Chopin, sicuramente il più popolare, assai articolato e complesso nell’architettura e nell’armonia, con una ampia gamma di intonazioni, e caratteri espressivi che vi si susseguono senza soluzione di continuità. La domanda delle terzine iniziali, il canto nobile, elevato, privo di sentimentalismi e leziosità, la ricerca del timbro, saranno il non facile banco di prova della giovane artista. Giuseppe Gibboni esordirà, invece dalla melodia irlandese “The last rose of Summer”, nella virtuosistica versione di Heinrich Ernst, che cattura l’intensità e la caducità dell’amore come della giovinezza, prima di evocare il genio romantico, l’alta scuola violinistica italiana con due capricci di Niccolò Paganini, il V, in La minore, forse il più “paganiniano”, perché in esso il cromatismo addiviene ad estreme conseguenze, fino a donare un climax sfolgorante e sfrenato, con la melodia ricercata in regioni siderali e il famosissimo e cuspidale capriccio XXIV in la minore, zeppo di diavolerie, di trascinante ed entusiasmante fascino sulle quattro corde e tale da diventare nel tempo il simbolo più popolare della acrobatica fantasia violinistica paganiniana, con il suo tema e le 11 variazioni e il finale. I due musicisti si ritroveranno, quindi nel finale, che saluterà l’interpretazione delle variazioni sul luciferino Niccolò Paganini di “God save the King”, op.9, variazioni che sgomentano per la loro complessità, melodie e bicordi eseguiti con l’arco, mentre la mano sinistra pizzica il basso, pizzicato rapido e trilli sul cantino con la sola mano sinistra, mentre l’arco accompagna tenendo lunghi suoni sulla terza o quarta corda vuote e chiudere in bellezza con le Variazioni su tema originale op. 15 di Henryk Wieniawsky, un pezzo brillante, anzi “sgargiante”, ancor prima della rivelazione del tema, con stravaganti abbellimenti e variazioni ancora disumane che promettono un finale pirotecnico.