di Arturo Calabrese
A poco meno di un anno dalla sua nomina a presidente del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Giuseppe Coccorullo traccia un primo bilancio di questi undici mesi alla guida dell’ente. Tante le problematiche, purtroppo è innegabile, ma anche tanti progetti che verranno portati avanti e conclusi da qui a qualche mese. Il punto di partenza è la novità dell’elezione degli otto consiglieri è il punto di partenza per una piccola rivoluzione all’interno del Parco. Altro elemento sul quale è necessario lavorare è quello dello spopolamento che crea un circolo vizioso la cui conclusione è il dissesto idrogeologico. Il consiglio direttivo si è insediato, possiamo dire che il Parco adesso può ricominciare a lavorare seppur i lavori non si siano mai fermati… “Abbiamo lavorato, abbiamo deliberato nei primi sei mesi senza problemi con la vigilanza del ministero. Era giusto e doveroso, adesso, avere una squadra e sono anche contento della squadra che si è creata. Ci sono sindaci in carica così come persone che hanno già fatto il sindaco, poi ci sta Chiara Ianni che viene nominata dalle associazioni, è una competente in quella materia, una che si è fatta valere e che io conosco da tempo. Quindi penso si possa fare un bel un bel lavoro tutti insieme e quindi sono fiducioso”. C’è anche tanta esperienza in questi nuovi in questi nuovi consiglieri tra amministratori ed ex amministratori e ci sono anche giovani dal punto di vista dell’esperienza politica… “Sì. Ci sono sindaci che hanno amministrato il territorio e conoscono le problematiche reali quello che ho cercato di fare anche io in questi mesi. Ho cercato di girare tutto il Parco, di parlare un po’ con tutti sia con gli amministratori che con le associazioni ma soprattutto coi cittadini per capire le problematiche che vivono nel Parco. Ne sapevo tante perché vivo nel Parco ma alcune non le conoscevo come ad esempio sulla parte marina: la pesca è una cosa di cui non ero a conoscenza perché non rientrava tra le mie competenze e quindi sto parlando con le persone, sto parlando con le associazioni, sto parlando con il territorio per riuscire a capire. Dunque avere dei sindaci che amministrano o che hanno amministrato questo territorio sicuramente ci potrà aiutare a una visione nuova. Oggi dobbiamo lavorare per fare il Parco 2.0. Fino ad oggi è stato fatto bene sul tema di promozione ed ora dobbiamo fare un bilancio importante del territorio perché ci sono zone, soprattutto parlo delle interne, che soffrono e dobbiamo dare loro una mano”. Tra le tante problematiche, non possiamo non parlare dei cinghiali, un’emergenza aggravata dalla peste suina… “Iniziativa importante è la sistemazione dei centri che mancavano e che sono raddoppiati. Ho dato degli spunti e stiamo cercando di far mettere in bilancio anche dei fondi per altri centri di raccolta. Purtroppo è arrivata la peste suina che ci ha un po’ fermato. Abbiamo vari centri di raccolta come quello di Cuccaro, quello di Roscigno, quello di Morigerati. Le linee guida del Governo parlano di depopolamento della specie e i nostri centri sono divenuti degli esempi tant’è che da Roma sono venuti a vedere come sono organizzati e abbiamo mostrato come lavoriamo. In sei settimane, abbiamo abbattuto oltre ottocento cinghiali e la società ha pagato 11mila euro che noi abbiamo dato ai selecontrollori. Siamo convinti che questo è un piano che funziona, ce lo dice la Regione, e soprattutto che è un piano sostenibile. Adesso lavoriamo all’apertura di altri centri come ad esempio per la zona di Laureana Cilento e Castellabate. Da lì gli operatori devono andare a Cuccaro Vetere ed effettivamente è un po’ lontano il che fa allungare i tempi anche per la lavorazione. Infine, i selecontrollori saliranno a seicento unità dato che il 4 aprile sosterranno un’ultima cosa la prova di sparo. Il nostro potrebbe essere un esempio di gestione dell’emergenza cinghiali da esportare in altre parti d’Italia”. Altro problema è legato alla produzione dell’olio… “È un problema a livello nazionale. La speranza è che l’annualità 2024 sia diversa, ma la situazione è abbastanza grave. È un problema della filiera: l’olio del Cilento una ricchezza, doveva essere il nostro oro ma purtroppo sta diventando una criticità perché le persone, il coltivatore, non ci sono, non raccolgono e manca sempre di più la manodopera. Tanti hanno abbandonati i loro terreni. Quindi se le olive non arrivano nei frantoi, che hanno effettuato grandi investimenti in questi anni, non arriva l’olio. I frantoi non rientrano nelle spese, anche considerando l’aumento dei costi dell’energia. Quest’anno la produzione è diminuita un po’ per colpa del clima un po’ per via della mancata raccolta. Dobbiamo dire pure che prima c’era un contributo dell’Unione Europea. È necessario, quindi, un programma serio. Ne ho parlato anche con l’assessore regionale Caputo e sicuramente vanno messe in campo delle sinergie per aiutare le associazioni di categoria”. Si parlava prima della pesca. Come stanno le due Aree Marine Protette? “Per Santa Maria di Castellabate e Costa degli Infreschi e della Masseta abbiamo grandi progetti. A giugno, ad esempio, consegneremo due motovedette per pattugliare i nostri mari alla capitaneria di Castellabate e a quella di Camerota. Il lavoro da fare è tanto”. Si discuteva anche di un’unica grande Area Marina protetta… “Ne discuteremo, certo, ma al momento non è nell’agenza. Sono decisioni che devono prendere i comuni, ma non è un’idea da escludere. Dobbiamo valutare vari fattori e poi mettere in pratica le idee, anche ascoltando i cittadini e gli operatori delle diverse categorie lavorative”.