Giovanni D’Auria scarcerato: andrà in una struttura Rems - Le Cronache
Cronaca

Giovanni D’Auria scarcerato: andrà in una struttura Rems

Giovanni D’Auria scarcerato: andrà in una struttura Rems

di Mario Rinaldi
Verrà scarcerato e trasferito in Rems (residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza). E’ questo il provvedimento emesso mercoledì scorso dal gip del Tribunale di Nocera Inferiore, Daniela De Nicola, nei confronti di Giuseppe D’Auria, il 41enne che lo scorso 30 ottobre ha lanciato dalla finestra della sua abitazione al civico 51 di corso San Vincenzo, a Fisciano, la figlia Elena di due anni, miracolosamente salvatasi nonostante la caduta dal terzo piano e da un’altezza di circa dieci metri. Il gip ha accolto la richiesta del pubblico ministero, presentata la scorsa settimana, di sostituzione della misura del carcere con quella della detenzione in Rems a seguito della perizia espletata dal dottor Maurizio Masco, nominato dalla Procura nella qualità di consulente d’ufficio. In particolare il perito concludeva “al momento del fatto il D’Auria Giuseppe a causa del suo disturbo psicotico breve con marcato fattore di stress, versava in stato di mente tale da escludere le sue capacità di intendere e di volere ex articolo 88 del codice di procedura penale”. Quanto alla pericolosità sociale, lo stesso perito concludeva che “il soggetto è socialmente pericoloso”. Nonostante tali conclusioni si è ritenuto comunque opportuno disporre una misura cautelare meno restrittiva del carcere per consentire all’imputato delle cure più adeguate. Situazione questa esposta sin dal principio dai legali di D’Auria, gli avvocati Tommaso Amabile e Silverio Sica, che avevano rinunciato al riesame facendo affidamento sulla perizia del consulente di parte il dottor Antonio Zarrillo il quale aveva già anticipato che “il D’Auria era affetto da una temporanea incapacità di intendere e di volere al momento del lancio della figlia di due anni dalla finestra, ma se curato potrà tornare ad una vita normale”. E’ quello che auspicano i suoi avvocati, ma soprattutto la moglie di D’Auria, a cui è stato concesso dal giudice minorile l’affido condiviso della figlia con il nonno paterno. In riferimento al provvedimento emesso mercoledì scorso dal gip si legge testualmente “Osservato che la sostituzione della custodia cautelare in carcere non è stata determinata né in base al venir meno dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’imputato, né dalla cessazione delle esigenze cautelari: considerato pertanto che si conferma la valutazione di sussistenza del pericolo di reiterazione di gravi condotte delittuose già espresso nell’ordinanza cautelare originaria e che ad oggi il giudizio di attuale e grave pericolosità sociale del prevenuto, considerate le condizioni psicopatologiche dello stesso vengono confermate dal perito nominato dall’ufficio di Procura, tenuto conto delle conclusioni di quest’ultimo in ordine all’incapacità del soggetto, considerato altresì alla luce dei fatti in contestazione certamente gravissimi che nessuna altra misura di sicurezza è idonea a tutelare le esigenze cautelari attuali; premesso che l’applicazione in via provvisoria di una misura di sicurezza richiede la necessaria ricorrenza di tre presupposti: la commissione di un fatto previsto dalla legge come reato; l’infermità di mente; la pericolosità sociale. Per questi motivi il gip sostituisce la misura cautelare della custodia in carcere applicata a Giuseppe D’Auria con la misura di sicurezza provvisoria del ricovero in casa di cura e custodia in Rems, disponendo che la misura di sicurezza avrà concreta esecuzione al momento dell’effettiva disponibilità della Rems con il dovere del responsabile di relazionare periodicamente, con cadenza mensile, a questa autorità giudiziaria in merito alle condizioni di salute del soggetto ed alla sua condotta nonché in ordine alla possibilità della sostituzione con diversa misura di sicurezza”. Dunque, essendo al momento indisponibili, si resta in attesa della disponibilità di una struttura per consentire il trasferimento dell’imputato dal carcere e sottoporlo alle cure richieste. Gli stessi legali si stanno impegnando nella ricerca di una struttura dove il loro assistito può essere trasferito al fine di consentire l’inizio di una nuova terapia. Del resto anche il consulente di parte aveva sostenuto che “una giusta terapia blanda, ma continua, con controlli periodici basterà ad assicurare una vita normale al paziente, senza mortificare la sua cognitività, la sua intelligenza”. Zarrillo aveva anche dichiarato che “Giuseppe è un bravo ragazzo: se fosse stato curato prima nel giusto modo non avrebbe fatto quello che ha fatto. Colpa anche sua che ha rifiutato, da quello che mi vien detto, qualsiasi farmaco, affidato alle sole cure di uno psicologo, dove andava sporadicamente. Giuseppe è persona intelligente, arrivata prima a un concorso dell’Inps come analista al quale partecipavano migliaia di concorrenti. Come mi ha riferito la moglie, era molto preciso nelle sue cose e grande studioso. Ritengo possibile che anche questo gravissimo episodio potrà essere superato nell’interesse di tutta la famiglia e non solo nel suo”. Un primo passo è stato fatto. I prossimi saranno compiuti nell’interesse del paziente, ma anche di quella figlia, salvatasi per miracolo (per lei “solo” una frattura del polso e della spalla, operata al “Santo Bono” di Napoli e dimessa dopo appena alcune settimane) e alla quale bisognerà trovare il modo, meno “impattante” e più delicato possibile per farle capire, quando sarà grande, cosa è realmente successo prima che la stessa possa scoprirlo in modi diversi, che potrebbero risultare devastanti.