di Erika Noschese
Francesco Napoli, Psicologo Clinico e Psicoterapeuta Psicodinamico esperto in infanzia, adolescenza e famiglia. «In questi casi non c’è un iter da seguire. Il caso in sé non ha a che fare solo con il lutto che, già di per sé è traumatico, ma si è nell’ambito del trauma, a causa della circostanza». Per il dottor Napoli, dunque, si ha un doppio livello: «non solo il lutto in quanto tale ma come avviene. Assistere ad una morte è l’elemento centrale del fatto traumatico. Nei ragazzi questa cosa assume un valore ancora più complesso dato da almeno due fattori: la giovane età e l’altro fattore è che in questa fase ci si trova in un mondo dove il gruppo dei pari diventa prevalente, l’importanza degli amici, del gruppo e del gruppo classe». Per l’esperto se il tutto avviene in un contesto abituale, come quello della scuola, è chiaro che «aumenta la sofferenza» perché, quel contesto, porta a rivivere il trauma. Per i giovani risulta dunque importante condividere la sofferenza all’interno del gruppo classe, parlandone. «Dobbiamo evitare che ciascuno di loro si sente solo in questa sofferenza. Iscrivere questo episodio all’interno del gruppo classe e raccontarlo all’interno di una storia per renderla parte di una storia dalla quale ci si separa, magari in quinto liceo, ma ciò non toglie che come resterà nella loro memoria ciò che hanno vissuto per 5 anni così andrà accompagnata la possibilità di far rientrare questo episodio, doloroso, in una storia personale e di gruppo». Passaggio fondamentale è dunque includere il dolore come parte del nostro percorso di crescita e di vita. «Indubbiamente c’è quest’aspetto di profonda vitalità negli adolescenti ma è anche vero che spesso evitano di parlare di lutto e di dolore». Subentra dunque la negazione del dolore e al lutto che deve essere contemplato anche nel mondo scolastico «pur non essendo di moda».