Martedì scorso durante la pausa pranzo Carmen, consigliera di Antinoo Arcigay Napoli, fa un bagno al mare in Cilento e posta una foto su Facebook con una riflessione sull’ingiustizia della censura sui seni femminili. “Non sopporto – si legge nel post che accompagna la foto – che un uomo possa sfoggiare il suo petto con fierezza, mentre un seno deve essere mortificato, censurato, considerato osceno, scandalo. Mi godo la spiaggia in solitudine, grassa, pelosa e libera”. Tutto bene fin quando non arrivano alcuni commenti offensivi: una persona (che nella foto profilo dichiara di sostenere il Ddl Zan) definisce Carmen addirittura “Schifosa”. Ma se il DDL Zan fosse già legge, il commento da lui fatto sarebbe un reato perseguibile con l’aggravante di violenza a matrice misogina. “Vi chiediamo, oltre ad esprimere solidarietà a Carmen, di segnalare le offese che proseguono in commenti e condivisioni. Ma soprattutto invitiamo ad una riflessione sui corpi, sul sessismo e sul body shaming dentro e fuori la comunità Lgbtqi. In particolare il corpo delle donne si rivela essere ancora motivo di offesa, ogni volta che si ribella agli standard imposti dalla società”, hanno dichiarato dall’Arcigay di Napoli. “Portiamo nelle nostre carni – dichiara Daniela Falanga, presidente di Antinoo Arcigay Napoli – gli sguardi insistenti e indesiderati, trasportiamo il peso delle aspettative di genere, che ci vogliono composte, magre e depilate. Resistiamo all’omonormatività, che ci vuole belli e rassicuranti, binari e borghesi. La comunità Lgbtqi è composta di donne e uomini bisessuali, persone trans e non binarie, intersex, sex workers, migranti, richiedenti asilo e rifugiate, disabili, anziani… ma lo sappiamo che voi volete solo i pink money”.
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