Fiammetta Borsellino agli studenti di Scafati: “Mio padre morto perchè lasciato solo anche dalla società” - Le Cronache
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Fiammetta Borsellino agli studenti di Scafati: “Mio padre morto perchè lasciato solo anche dalla società”

Fiammetta Borsellino agli studenti di Scafati: “Mio padre morto perchè lasciato solo anche dalla società”

di Erika Noschese
«Dalla scuola parte la prima forma di contrasto alla mafia, è importante che i magistrati, poliziotti, politici e forze dell’ordine vengano qui a raccontare cosa si fa per la lotta alle famie». Così Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, ha aperto il suo intervento ieri agli alunni del liceo Caccioppoli e dell’Itis Pacinotti nell’ultimo appuntamento con “Cives-Work in progress”, progetto di sensibilizzazione alla legalità. Il convegno è stato organizzato nei minimi dettagli dagli studenti della professoressa Patrizia Polverino. «Quando si parla di beni confiscati alla camorra mi piacerebbe ci fossero procedure attraverso le quali i giovani possano accedere, magari attraverso cooperative per dare ai ragazzi la possibilità di impegnarsi – ha detto Fiammetta Borsellino – Sarebbe bello avere procedure così perchè la scuola e la cultura sono fondamentali per contrastare la mafia, non solo organizzazioni che cambiano nomi a seconda delle regioni ma che si avvalgono di ragazzi, del consenso giovanile». La Borsellino ha ripercorso la vita di suo padre, il giudice Paolo, nel giorno in cui ha trovato la morte. Un caso che oggi è nuovamente all’attenzione della commissione bicamerale Antimafia: «L’antimafia è fatta da fatti concreti, facile sbandierare un protocollo sulla legalità ma serve una pratica quotidiana. L’attentato in via D’Amelio è stato fatto non soltanto perchè c’era il commando ma perchè c’è stato anche l’operatore della Telecom che ha manomesso la cabina telefonica per permettere al convoglio di essere intercettato, c’è stato qualcuno che ha garantito il posto libero all’interno di via D’Amelio, ci sono stati prefetti, persone addette alla sicurezza di un magistrato che non hanno fatto nulla per disporre una zona rimozione in un sito così delicato perchè mio padre quella strada la percorreva regolarmente per andare a trovare la mafia – ha raccontato ancora Fiammetta – Ognuno di noi è responsabile perchè quando ci sono fatti così gravi, ferite collettive, ciascuno ha la sua responsabilità». La Borsellino evidenzia la necessità di fare «indagini a lungo raggio per capire quelle che sono state le responsabilità di chi poteva fare qualcosa ma non ha fatto nulla. Era evidente che mio padre non fosse ben visto a Cosa Nostra, aveva fatto arrestare centinaia di latitanti, istruito il maxi processo, convinto centinaia di persone a collaborare con il suo modo umano di lavorare. Cosa Nostra è stata agevolata in questo piano da chi poteva fare qualcosa, non sono morti perchè lottavano contro la mafia ma perchè erano soli in questa loro lotta, non c’era un lavoro di squadra o il sostegno della società civile che avrebbe permesso loro di avere un supporto in tal senso». La figlia del giudice Borsellino ha ripercorso le tappe della sua infanzia, la necessità di lasciare gli appartamenti a causa di vicini “preoccupati dalla presenza della scorta” sotto casa e non solo. «Le mafie si combattono con il lavoro di squadra, come ci avevano insegnato con il pool antimafia», ha detto per poi fare un passaggio su film come Mare Fuori che esaltano la mafia, portando i giovani verso una devianza. «Dobbiamo saper riconoscere i prodotti buoni da quelli non buoni. Ci sono produzioni fatte senza confronto, si concentrano solo sull’attentato o l’esplosivo. Giornate come queste ci servono a capire come doverci approcciare a questi prodotti – ha raccontato ancora la donna – Serie come Mare Fuori non sono esempi positivi da seguire, una produzione diseducativa. Le conoscenze si fanno sul campo, con il volontariato».