di Aldo Primicerio
I due protagonisti dell’attuale teatro dell’assurdo mica sono due attori che recitano e fanno finta. Sono nientepopodimenoche due ministri, Carlo Nordio ed Eugenia Roccella, uno alla Giustizia e l’altra alla Famiglia e Pari Opportunità. Sono i titolari di due dicasteri e quindi fanno sul serio. Ed è che qui la nostra costernazione scende ai livelli più bassi. Ci conferma che nel governo Meloni, salvo qualche rara avis, l’humus culturale è uguale a zero.
I due ministri attribuiscono al DNA maschile la resistenza alla parità. Quindi inutili cultura ed educazione. Siamo al tragicomico
Cominciamo da Nordio. Lui alla Conferenza Internazionale contro il “Femminicidio” ha testualmente testualmente detto: “Anche se oggi l’uomo accetta, e deve accettare, questa assoluta parità formale e sostanziale nei confronti della donna, nel suo subconscio e nel suo codice genetico trova sempre una certa resistenza“.Abbiamo capito bene? Quindi, se sono maschio, sono spinto a non accettare la parità con la donna. Secondo Nordio è la genetica, il Dna di maschi. Quindi non ci azzeccano niente la cultura, le parole, le discussioni,la scuola, la filosofia, la storia, la vita. La colpa è tutta del gene maschile. Che, dannazione, non si può cambiare. Domande: Riusciamo a capire che ci faccia Nordio a Palazzo Chigi? Come ha fatto a fare il Pm per tanti anni? E come fa oggi a fare il ministro? Se la violenza maschile sulla donna è scritta nei nostri cromosomi, allora a che diavolo serve la Giustizia, il Codice Penale, i Processi, le Sentenze, se siamo geneticamente condannati all’immutabilità? Se è questa la logica contorta e perversa di un ministro, e di un governo che lo ha designato, per noi maschi è la sconfitta già quando nasciamo. Siamo già programmati, e quindi dobbiamo rassegnarci. E’ inutile spendere i soldi per tribunali e processi. Usiamoli per costruire milioni di gabbie in cui ad un certo punto imprigionare il maschio. E, care donne, compagne della nostra vita – tralascio quelle omofile che hanno già risolto – anche voi dovrete rassegnarvi a trovare un’alternativa, magari un sexual robot. Cui per la verità ci hanno già pensato gli immaginifici costruttori di intelligenze artificiali. Ed allora?
Non c’entrano niente la cultura, le storie di donne vittime fisiche e psicologiche di uomini prevaricatori?
Sono false quindi le cronache di omicidi (“femminicidi” lo scriviamo tra virgolette perché termine improprio nella lingua italiana, come già tante volte scritto) che avvengono per motivi sentimentali? Sono irrilevanti i legami del passato, l’essere stati marito e moglie, compagni? La cultura del possesso, l’ipergelosia, “la donna è mia”: tutta robetta inutile? Insomma non siamo davanti ad una cultura malata, per fortuna, solo di alcuni maschi? E qui torna ancora il forte sospetto che questa imbecillità del gene maschio sia figlia di una politica che gira intorno al problema, perché non vuole o non sa andarci alla radice. Se ragionano così due ministri, senza che nessuno intervenga a correggere, dobbiamo arguire che questa politica che ci comanda non arriva a capirlo?
E la ministra Roccella sulla scia di Nordio: “Non c’è nesso tra educazione sessuale e calo dei femminicidi”! Capito?
E’ davvero strano. Se l’educazione non serve a modificare i comportamenti, perché sprecare soldi nella scuola? Stiamo quindi sbagliando da 3500 anni a questa parte? Da quando i Sumeri della Mesopotamia pensarono alle “edubbe”, le tavolette per gli scribi, che per la prima volta nella storia degli umani intuirono l’importanza di insegnare ai bambini? Tutto inutile? Perché è meglio affidarci al fato genetico di un certo Nordio? La signora Roccella, pardon la ministra (che brutto vocabolo anche questo) pensa di liquidare decenni, secoli di filosofia e di pedagogia con una battuta da osteria, seduti attorno ad un tavolo a sorseggiare un calice di buon vino? Quasi abbia voluto dire che la scuola non ha valore di fronte ad una solida famiglia tradizionale. E’ purtroppo questo il rituale ritornello della ideologia di destra, quella che nega il progresso, il cambiamento, la spinta di una società che vuole cambiare, l’obbligo di una politica che deve ascoltare e fare le leggi. Quindi niente scuola, niente educazione? Meglio i social, i PornHub dove il sesso è lasciato a foto e video abominevoli, riprovevoli e diseducativi? E l’educazione al rispetto tra maschio e femmina? Robetta da radical chic, da sciocchi progressisti, dicono i tradizionalisti. Spesso indentificati a destra, perché è lì che contano gerarchia sociale ed ordine, e non cambiamenti ed emancipazioni attraverso la discussione, il dibattito e le riforme. Nordio e Roccella non comprendono che quel maschio, che aspetta in strada l’ex–moglie o compagna per accoltellarla, non ha un gene impazzito, ma un vuoto nella sua educazione. Dove nessuno gli ha insegnato che esiste anche un no. Dove l’educazione sessuale, in famiglia come a scuola, non serve a spiegare come si usano gli “arnesi”, o come si fanno e nascono i figli. Serve a insegnare che nel rapporto uomo-donna esistono valori che devono nascere ed essere sviluppati dentro. Come ad esempio il consenso, quello per il quale oggi bisogna purtroppo ricorrere alle leggi. O come il rifiuto della donna ad essere considerata un oggetto, che il maschio, ignorante e disinformato, interpreta come un diniego ch’egli trasforma in ossessione omicida. La signora Roccella, proprio lei che ha promosso la Conferenza Internazionale sul Femminicidio, non può aggiornarsi su quello che fanno gli altri Paesi? Imparerebbe che nei Paesi Bassi o quelli baltici s’investe nell’educazione affettiva a scuola sin dall’asilo. E’ lì che si lavora sulla prevenzione a lungo termine, è lì che si demoliscono i luoghi comuni, quegli stereotipi che poi spingono alla violenza. Qui da noi invece si pensa ad altro. I grandi media, le tv, contano solo i cadaveri. I ministri danno la colpa al Dna, o alla famiglia che non sa educare, perché il problema sono i cromosomi ed i telomeri, non la cultura che non serve a niente. E quindi ecco che quella politica capitola, alza le mani, sostiene che la violenza del maschio è un problema di geni. E quindi si sente disarmata, e preferisce capitolare, tanto nessuno è responsabile, né la famiglia, né la scuola, né lo Stato. A sentire Nordio e Roccella possiamo tenere la coscienza a posto e tornarcene a casa. Il Dna è l’alibi per una politica che non sa comprendere come la parità s’impara ed il rispetto s’insegna.





