Nell’Italia del sole e del vento, le rinnovabili faticano a decollare, anzi il più delle volte sono ostacolate da una burocrazia farraginosa, ma anche da blocchi da parte di amministrazioni locali e regionali, da comitati Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) senza dimenticare il ruolo del ministero della Cultura e delle Sovrintendenze. A metterle sotto scacco matto sono normative obsolete, la lentezza nel rilascio delle autorizzazioni, la discrezionalità nelle procedure di valutazione di impatto ambientale, blocchi da parte delle sovrintendenze, norme regionali disomogenee tra loro a cui si aggiungono contenziosi tra istituzioni. E la poca chiarezza è anche causa delle opposizioni dei territori che devono districarsi tra regole confuse e contraddittorie. Regole e procedure che portano i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico, ad esempio, a 5 anni contro i 6 mesi previsti dalla normativa. Tempi infiniti per le imprese, ma anche e soprattutto per la decarbonizzazione, che ha bisogno di un quadro normativo, composto di regole chiare, e semplici da applicare, e che diano tempi certi alle procedure ma anche di linee guida che indichino come le diverse tecnologie debbano essere realizzate pensando sia agli obiettivi di decarbonizzazione nel 2050 sia al modo migliore di integrarle nei territori. È quanto emerge dalla fotografia scattata dal report di Legambiente ‘Scacco Matto alle rinnovabili. Tutta la burocrazia che blocca lo sviluppo delle rinnovabili favorendo gas e finte soluzioni’ in cui l’associazione ambientalista racconta e raccoglie storie simbolo di blocchi alle fonti pulite. Assistiamo – commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania – ad una crescita troppo lenta della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, seppur in aumento rispetto al 2020, che vede la Campania ancora troppo legata alle fonti fossili e non rinnovabili per la propria produzione di energia elettrica, che sono responsabili, infatti, di oltre il 50% del totale prodotto. Una strada, quella dell’uscita dalle fonti fossili, che appare tutta in salita soprattutto oggi in cui ritorna una forte spinta verso il gas. Diversi i progetti a vaglio dei ministeri di nuove centrali termoelettriche o di riaperture oltre che di infrastrutture a supporto. Da Acerra a Benevento al potenziamento della Centrale Termoelettrica di Sparanise, la realizzazione del deposito Gnl nel porto di Napoli, del Metanodotto in provincia di Salerno e come caso emblematico della centrale di Presenzano (Caserta) in procedura di riesame da parte della Commissione istruttoria per l’IPPC dopo un primo rilascio dell’autorizzazione AIA e per la quale, come Legambiente Campania, stiamo seguendo la vertenza e con i comitati locali presentando anche un esposto. Scelte – conclude la presidente di Legambiente Campania – poco in linea con gli obiettivi strategici di decarbonizzazione e di contrasto ai cambiamenti climatici e con la volontà di cittadini, amministrazioni e imprese che, invece, con fatica e voglia di fare investono sulle tecnologie rinnovabili. Infatti tante amministrazioni locali, comunità di cittadini e imprese sono pronti ormai ad andare nella direzione delle rinnovabili e ne sono un esempio i 106 Comuni Rinnovabili Elettrici, quelle realtà dove la produzione elettrica da rinnovabili”. Ad ostacolare lo sviluppo degli impianti – avverte Legambiente – anche i “ripensamenti”. È il caso della storia dell’impianto eolico di San Bartolomeo in Galdo (Benevento), con la Regione Campania e Sovrintendenza di Caserta e Benevento che si oppongono alla riduzione del numero di aerogeneratori da 16 a 4, di maggior potenza, e che porterà l’azienda a realizzare, con probabilità, il vecchio progetto già autorizzato.
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