E’ in libreria per le edizioni Fallone, l’esordio narrativo di Mario Fresa “Eliodoro” I fili narrativi ruotano attorno a un dialogo del con il suo analista, l’aristocratico dottor Fliege, al quale affida la confessione estrema di una vicenda psichica patologica, inquieta, tristallegra. Abbiamo incontrato l’autore
Di Edgarda Golino
Tutto, nel romanzo di Mario Fresa “Eliodoro” (Fallone editore, 2023, pp. 160) procede su un filo incandescente che schiva lo specchio oppressivo della cosiddetta realtà, muovendosi tra nonsense e disperazione, tra gags oniriche e piagnistei, tra ossessioni carnali e manie (o smanie?) di persecuzione, sempre mostrando i lati più estrosi, instabili e sovversivi della memoria del paziente-protagonista e dei crudeli teatrini del suo inconscio… Grumo, lama, fioritura, eruzione di ricordi accesi e paradossali, diario corporeo disseminato di soluzioni e di risposte di natura più patafisica che metafisica, sono solo alcune delle forme in cui prende vita, si anima, si incarna, si annienta questo curioso, rapsodico, originalissimo poema-romanzo. I fili narrativi ruotano attorno a un dialogo del protagonista – che amerebbe farsi chiamare “mago” – con il suo analista, l’aristocratico dottor Fliege (“Mosca”, cioè Belzebù), al quale affida la confessione esterna di una vicenda psichica patologica inquieta, tristallegra, che fa convergere e confonde reminiscenze d’infanzia, assilli erotici, desideri polimorfi, turbati sommovimenti interni…
Come mai un romanzo dopo una importante ventennale militanza nella poesia?
La prosa, in verità, l’ho sempre frequentata e la conosco bene. Devo dire che rispetto alla poesia essa è più dolce e riflessiva. Sa sempre cosa vuole, non tiene mai il broncio. Fa di tutto per compiacere amici e parenti. Inoltre, non dimentica mai un anniversario o un compleanno. Mi piace molto e litighiamo di rado (quasi sempre perché è un poco gelosa). Insomma, la preferisco, senza alcun dubbio, alla poesia.
Quando è avvenuta la genesi di questa opera?
Il nucleo del libro nacque già quarant’anni fa, quando, da infante, ebbi due visioni epifaniche che non mi fecero più dormire pei successivi tredici anni: la copertina del disco del Mefistofele con Norman Treigle (paura!) e il poster (in formato reale) di Padrepio che stava, ultrasevero, intento a benedire cinque pollastri ignudi e capovolti, colla cresta all’ingiù, lì da Pasquale, il beccajo di (s)fiducia.
Cosa ti aspetti da questa nuova esperienza?
Per me, nulla. Quanto a coloro che leggeranno il romanzo, prevedo per loro, già dopo i primi ventisei capitoli dell’opera: aumento esponenziale dell’appetito; vertigini crescenti; irritabilità; rigonfiamento della testa del nervo ottico dovuto all’aumento della pressione intracranica; ilarità incontrollata; singhiozzo; significativo accrescimento, in termini di volume, della seconda ottava, con potenziamento degli acuti (anche in falsetto rinforzato). Il libro, in ogni caso, è provvisto di un’appendice piena zeppa di soluzioni e di utilissimi consigli per i lettori di qualsivoglia età.