Eboli. Voto europeo al Pd: se i “Conte” non tornano - Le Cronache Attualità
Attualità Eboli

Eboli. Voto europeo al Pd: se i “Conte” non tornano

Eboli. Voto europeo al Pd: se i “Conte”  non tornano

di Peppe Rinaldi

 

Mentre qui si scrive, il segretario, anzi il/la segretari* del principale partito della sinistra italiana, Elly Schlein, è appena scesa da un carro della parata omosessualista detta “Gay Pride”, edizione annuale della moderna orchestra del Titanic svincolata ormai dal suo significato e valore originari.

Ella, cioè Elly (copyright Salvatore Merlo), fino a poco prima aveva continuato, attraverso dichiarazioni varie ed interviste, a dirsi soddisfatta dall’esito delle urne: abbiamo lavorato bene, gli elettori ci hanno premiato, l’argine all’incipiente nazi-fascismo è stato riedificato, la democrazia è salva e via così, fino alla prossima assemblea di istituto su sfondo di bandiere gaie e palestinesi, a segno della distopia coltivata ormai da un certo mondo politico e culturale. Fortuna che esistono ancora i De Luca – intesi non come gruppo familiare ma come antropologia del dirigente politico incarnata dal governatore – che, piaccia o no, rappresentano a loro volta un argine all’emorragia di ragione e principio di realtà rappresentata dal bagaglio “culturale” di quell’elettorato e della sinistra (qualunque cosa significhi) in generale. Ora, se ella, cioè Elly, esulta danzando la techno sulla sommità della curva arcobaleno del Nazareno, è giusto che analogo moto d’animo si riverberi sul territorio, che dall’alto – diciamo – si rifletta sul basso, che ciascuno rivendichi lavoro fatto e risultati ottenuti sul territorio. La battuta tipica in certe tornate elettorali è, in genere, quella del “hanno vinto tutti”, però è sempre efficace. Prima di inoltrarsi ancora nel discorso, va rammentato ai nostri cinque lettori che quando parliamo di Pd ci riferiamo sempre a quel partito attorno alle paturnie e caldane del quale da circa trent’anni l’Italia è avvoltolata, e i cui iscritti e dirigenti sono stati talmente intelligenti da approvare uno statuto che consente di buttare nella spazzatura il voto dei tesserati per far posto alla prima Schlein che passa. E infatti…

 

 

  • Ambiguità e opposizioni

 

Prendi il caso di Eboli, città di una certa relativa importanza sullo scacchiere della politica dell’intera provincia. Il primo cittadino, Mario Conte, come tanti, ha diramato una nota nei giorni scorsi il cui titolo è stato: “E’ una bella giornata per il Partito Democratico”. Perbacco! Non capita tutti i giorni che un uomo politico, per giunta inquadrato tra le istituzioni, esulti per la vittoria del proprio avversario e lo metta addirittura nero su bianco premurandosi di farlo sapere all’universo mondo. Poi, se stanotte, mentre «andiamo in stampa», il Pd emigri dall’opposizione alla maggioranza guidata da Conte stesso, allora quella nota sindacale avrà avuto solo il pregio di svelare il futuro: infatti, il Pd ebolitano (qualunque cosa significhi) è all’opposizione ancora adesso nonostante ripetuti tentativi del gruppo dirigente locale di appattarsi con Conte per qualche strapuntino in chissà quale anfratto della sottopolitica, poi bloccati dalla maggioranza interna, almeno finora.

E allora, perché un sindaco sente il bisogno di rendere partecipe la collettività amministrata del fatto che un partito che gli è contro abbia ottenuto un buon risultato elettorale? Mistero, anzi no, forse una spiegazione plausibile la si potrebbe rintracciare nella lunga traversata del deserto di un gruppo politico di semi-esclusiva caratterizzazione familiare che, da anni, cerca un approdo stabile. E questo, in politica, è un limite forte. Perché non ci sia riuscito sarebbe discorso lunghissimo, per ora basti il racconto dell’attualità nelle sue sfumature politiche e personali.

 

  • Per un pugno di voti

 

Che ci sia una sorta di astuzia e di calcolo nel diffondere una nota di giubilo per la “vittoria” dei propri avversari non è da escludere, soprattutto a valle di tanti anni di stop and go tra ambiti politici, diritti di tribuna, comitati e associazioni varie: tra quest’ultime si segnala la “Cittadino Sud”, contenitore di ignoti contenuti al netto della più che decente brillantezza del suo leader, l’ex deputato di LeU Federico Conte, cugino del sindaco e di almeno un paio di assessori, figlio dell’ex ministro socialista Carmelo, nonché – se non abbiamo scordato nessuno – fratello dell’assessore al Bilancio del Comune di Milano Emmanuel. E’ stato infatti grazie alla sigla di quell’associazione che ci si è potuti presentare alla popolazione locale durante la campagna in favore di due candidati a Strasburgo, forse tra i meno impalatabili della lista, Lucia Annunziata e Antonio De Caro. Il sindaco di Bari, che il giorno dopo essere stato a Eboli è corso trafelato nel suo Comune per officiare di persona il “matrimonio” saffico di due vigilesse temendo, forse, di sfigurare dinanzi al suo segretari* nazionale, che sulla materia non ammette obiezioni, sembrerebbe esser diventato, insieme alla “badessa” (copyright Giuliano Ferrara) ex presidente della Rai berlusconiana, il paravento dietro al quale posizionarsi per diffondere l’idea che è stato grazie “a loro” se il partito che hanno all’opposizione è stato premiato dalle urne. Geniale, no? Sicuramente, ma anche i geni sono imperfetti perché basterebbe fermarsi, uscire da Facebook, dimettersi da WhatsApp, per assaporare il gusto della realtà. I circa tremila voti, miliardo più miliardo meno, ottenuti dal partito ad Eboli non possono, onestamente, essere raccontati né come un successo né, tantomeno, come il frutto del proprio impegno diretto. Il Pd locale, da anni formazione semi-clandestina la cui gestione è stata subappaltata da “Salerno” a un gruppuscolo unicellulare che, diversamente, potrebbe avere difficoltà anche nell’attraversare la strada sulle strisce pedonali, nelle ultime tornate ha avuto più o meno la stessa messe di voti: dov’è, dunque, la straordinarietà del risultato, peraltro rivendicata addirittura come effetto del proprio intervento diretto? Sembrerebbe il classico ballon d’essai, nessuno scandalo, l’arte della politica è anche questo sebbene non basti a scongiurare il rischio che qualcuno dica che il re è nudo. A ben vedere, infatti, perfino nell’area di massima diretta influenza del clan Conte, la frazione di Santa Cecilia, le cose non sarebbero andate molto per la quale. Lì le sezioni sono tre con circa tremila aventi diritto al voto ma, al netto di questo quello e quell’altro ancora, alla fine sembrerebbe essere residuato non più di un centinaio di voti da poter ricondurre all’influenza della nutrita pattuglia politico-istituzionale ivi residente e dall’innegabile appeal, almeno nelle sue storiche espressioni massime quando contestualizzate. Infatti, vivono (e votano) in quell’area, un sindaco, due assessori, un ex ministro e un ex deputato, un ex vice-sindaco ed ex consigliere provinciale, almeno tre consiglieri comunali di maggioranza oltre a una non precisabile quantità di dipendenti di un’azienda pubblica regionale e soggetti vari orbitanti nella sfera di influenza della vicina Capaccio. Tutto questo apparato, dunque, per un pugnetto di consensi? Non importa, ciò che conta è introdurre nel circuito mediatico l’idea che sia stato un successo, un modo come un altro per accumulare capitale da spendere al prossimo giro pur sopportando l’ansia di auto-ridicolizzarsi acclamando le gesta del proprio avversario politico, cioè il Pd. Il grande successo c’è infatti stato anche lì, nel famoso feudo già socialista di anni irripetibili: solo che è targato Giorgia Meloni. A meno che non arrivi un comunicato di soddisfazione anche per il risultato del partito del primo ministro su carta intestata del Comune di Eboli. Chissà.