di Peppe Rinaldi
Volevano costringerlo a fare un’operazione “illegale” (tra virgolette), lui non ci sta e – giustamente – butta le carte per aria mandando a quel paese i suoi “superiori” (tra virgolette bis). Messa così sembra una delle tante, infinite rogne vissute da un’amministrazione comunale italiana, specie nel Mezzogiorno, ma la sfuriata fatta l’altro pomeriggio dal funzionario responsabile Antonio Savi sembra la ciliegina sulla torta di un’esperienza amministrativa che, drammaticamente, stenta a distinguersi da quanto visto e praticato in passato.
Fonti accreditate narrano di un aspro e rumoroso litigio tra il “dirigente” (tra virgolette ter) Savi e lo stesso sindaco Conte unitamente all’assessore alla Polizia locale, Sicurezza e Viabilità, il già forzista (nel senso di Forza Italia) Antonio Corsetto. Il tema è questo: la scelta del nuovo comandante dei Vigili Urbani dopo la pasticciata defenestrazione del maggiore Mario Dura, stritolato dall’idiosincrasia con l’assessore al ramo e, soprattutto, da un’apparente inerzia calcolata del primo cittadino. La paralisi dura da molto tempo, con diversi effetti sulla vivibilità cittadina, sfiancata da anarchia stradale, abusi perduranti e/o ignorati, briglie sciolte della macchina comunale della quale la PU è, ovviamente, parte fondamentale. Ora, il cosiddetto “amichettismo”, vale a dire il maneggio della cosa pubblica in favore di questo o quell’amico/amante/parente/sodale, non fa oltremodo scandalo ma, senza per questo inaugurare un capitolo moralistico, va detto che c’è sempre un limite a tutto, limite che, a quanto pare, l’amministrazione comunale di Eboli ha inteso o avrebbe inteso o intenderebbe superare attraverso la nomina a nuovo comandante dei Vigili di un soggetto che, però, non avrebbe i requisiti di legge. Si tratta di un vigile urbano in servizio a Battipaglia, dipendente pubblico di categoria C, laddove per guidare un “dipartimento” bisogna essere di categoria D, così dice la legge. Un primo dato che balza agli occhi è la provenienza del candidato, Battipaglia, che è lo stesso Comune dove l’assessore Corsetto lavora proprio come vigile urbano. Il nominando comandante, tal Corrado, sarebbe stato assorbito dal comune di Eboli facendo scorrere la graduatoria di un altro ente, quello di Olevano sul Tusciano, dove l’interessato si presentava in posizione utile ma, in ossequio all’immarcescibile principio del diavolo, delle pentole e dei coperchi, ci si è accorti che quella rampa di lancio (la graduatoria) era scaduta. Ne è conseguito il fatto che dal Comune picentino non sia stato dato il nulla osta all’operazione: non certo passo un guaio per voi, avrà pensato il sindaco olevanese. Ma, a quanto si è appreso e compreso, da Eboli l’insistenza ridondava: vogliamo lui, punto. Forse è una specie di Einstein questo vigile bramato dall’amministrazione ebolitana, un Maradona della Polizia locale, tutto può essere. Le pressioni per la formalizzazione della sua nomina al vertice della PU iniziano a moltiplicarsi, fino alla deflagrazione dell’altro ieri pomeriggio, quando le urla di Savi hanno bucato le pareti municipali invadendo strade e vicoli di una città da tempo appesa alle paturnie di una maggioranza di sinistra con fritto misto di contorno.
C’erano gli atti amministrativi da predisporre per l’arrivo dell’imperdibile vigile urbano e il funzionario ebolitano responsabile, Savi appunto, doveva dar seguito alle indicazioni politiche. Lo dice la legge, come per la scelta del comandante, tutto è fin qui “legale”. Ma la legge dice pure che bisogna avere certi requisiti per ricoprire alcuni incarichi, insieme all’ovvio assunto che i burocrati del comune devono vigilare che tutto sia in regola. Sentendo puzza di bruciato attorno al nome imposto dalla politica, a quel punto Savi per scansarsi eventuali, quasi certe, rogne in carta bollata, ricorre ad un escamotage nell’approntare la determina amministrativa attraverso la formula “..su indicazione altrui…”, con ciò esplicitando il fatto che se l’atto lo ha istruito è soltanto perché “qualcuno” gli ha dato istruzioni al riguardo. Se no, domattina (com’è facile prevedere) un sostituto procuratore qualsiasi che riceve sulla scrivania la denuncia di chissà chi, la prima persona che iscrive nel registro degli indagati è proprio il responsabile di settore, cioè Savi, sugli atti amministrativi non c’è mica la firma dell’assessore o del sindaco. Insomma, ci siamo capiti. La tensione a questo punto sale fino allo scontro dell’altro giorno, quando le cronache hanno registrato il suono di un concetto chiarissimo, di facile consumo e immediata comprensione, allorquando il funzionario Savi ha pronunciato la seguente frase, rivolto agli esponenti dell’esecutivo: «Io un guaio per voi non intendo passarlo, quindi sapete cosa vi dico? Ma andatevene a …». I punti sospensivi si riferiscono al noto slogan della forza politica che tutto il mondo ci invidia: si chiama M5S.