di Redazione Culturale
Ieri mattina, nei giardini di via Scillato è stata collocata l’opera Donne spezzate XXVI dell’artista Stefania Spanedda dedicata al ricordo delle 26 vittime nigeriane sbarcate lo scorso anno nel porto di Salerno.
Alla cerimonia inaugurale dal titolo “Nessuna Violenza“, insieme all’artista, hanno preso parte il Sindaco di Salerno Vincenzo Napoli, l’Assessore alle Pari Opportunità Gaetana Falcone, assessori e consiglieri comunali, i rappresentanti della Scuola Giovanni XIII di Salerno. L’evento è patrocinato dai comuni di Salerno, Torino e Bosa e dall’Associazione Sardi Gramsci.
L’opera vuole essere un omaggio simbolico per ricordare le 26 donne morte nel mar Tirreno durante un viaggio della speranza nel mese di novembre del 2017.
“Sono rimasta molto colpita dalla notizia delle 26 giovani donne trovate morte nella costa tirrenica e trasportate a Salerno il 5 novembre 2017. Per la maggior parte delle salme non è stato possibile definire l’identità ma è certo che erano tutte al di sotto dei 25 anni di età, e che avevano sul corpo tracce di violenze anche se non recenti.
Immaginare la loro tragedia, il loro vissuto fatto spesso di soprusi e violenze, mi ha toccata nel profondo e spinta a raccontare l’episodio con il linguaggio artistico.
L’intento è quello di fare in modo che questa drammatica vicenda rimanga nella memoria collettiva, che l’opera sia un mezzo per stimolare l’osservatore a riflettere sulla tematica della violenza contro le donne e sulle reali cause che spesso spingono popoli interi a lasciare la propria terra alla ricerca di una vita dignitosa”.
Donne spezzate XXVI è composta da 26 statuine stilizzate della Dea Madre sarda, un simbolo pre-cristiano legato al culto dell’acqua, della fertilità e della vita che trasmette l’idea della donna generatrice, componente fondamentale ed attiva della società.
“Da anni lo uso nelle mie creazioni come elemento fondante capace di esprimere la dicotomia tra la vita e la morte, la poesia come i messaggi di denuncia socio-politica”.
In Donne Spezzate XXVI la figura femminile viene in alcuni casi spezzata e scomposta per trasmettere l’idea di violenza, profanazione e di morte cruenta. Le venature tipiche dello stile della ceramica raku, rappresentano i segni dei soprusi sul corpo.
Il numero delle statuine è evocativo, è definito, ogni donna è materia artistica, il suo ricordo indelebile, il suo messaggio profondo.
Il pannello in ferro arrugginito sulla quale si collocano gli elementi dell’opera ,rappresenta la corrosione del sistema politico-economico di numerosi Paesi che lucrano e speculano sull’accesso alla terra ,sul monopolio delle risorse e che fomentano la tratta degli esseri umani creando un sistema perverso nel quale i poteri economici riescono a cancellare i diritti dei popoli.
Le onde del mare, con il loro colore turchese intenso rappresentano la purezza dell’acqua che nella narrazione diventa incolpevole teatro del dramma.
L’osservatore è attore. Elemento cardine dell’opera quando introietta il messaggio per trasformarlo in un pensiero di speranza. L’iniziativa è sostenuta dalla associazione sardi in Torino Antonio Gramsci ed ha ottenuto il patrocinio del comune di Torino e della cittadina Bosa (Or).