di Salvatore Memoli
Mi hanno riferito che ha lasciato la guida della Cattedrale di Santa Maria degli Angeli, San Matteo e San Gregorio VII che è anche il nostro Duomo di Salerno. Lascia, non volontariamente, una comunità importante e la lascia molto più ricca di come l’aveva presa in carico. Quelli come me, intendo della mia generazione, hanno conosciuto la Cattedrale nel suo splendore, per la centralità pastorale nella vita diocesana, la Chiesa madre di tutte le Chiese della Diocesi di Salerno, la cattedra di Vescovi importanti, Pastori ricchi di Dottrina e di Fede. In questa stessa Chiesa, il parroco era un sacerdote rispettabile del presbiterio dell’Arcidiocesi, però costretto a vivere con eminenti confratelli canonici del Capitolo della Cattedrale, una comunità compresente di teologi, maestri di Fede, uomini di cultura, ognuno testimone di mondi e aspetti della Fede che rendeva questi sacerdoti, preziosi, rispettabili e circondati dalla devozione del popolo. Il parroco della cattedrale era la persona più disponibile e versata ad una convivenza di un’effettiva comunità di preti che per importanza verso tutti, metteva il parroco in una naturale situazione di rispettosa subordinazione.
Tra Vescovo regnante e Capitolo Cattedrale, quello che il Parroco poteva riservare alle sue iniziative era decisamente poco.
E,venne, don Michele Pecoraro!
Sono circa dieci gli anni del suo ministero in Cattedrale. Un sacerdote pieno di innate virtù, di capacità di scegliere e decidere, di accogliere i fedeli, ascoltarli, dialogare e creare una rete di relazioni umane, sincere e costruttive.
Don Michele in precedenza era il parroco di San Bartolomeo in Capezzano, una piccola comunità di fedeli nel Comune di Pellezzano. Se si torna in quella Parrocchia, ancora oggi, la sua gente magnifica il ricordo del suo parroco, la sua capacità di unire, parlare con tutti, un amico vero.
Arrivò a Salerno nell’agosto del 2015, fu scelto per le sue capacità, la sua umanità, le sue grandi doti di animatore, ma fu nominato anche perché tutti fuggivano da quell’incarico che registrava una comunità lacerata dalle divisioni, dalle contrapposizioni violente tra il popolo dei portatori delle statue ed il Vescovo che voleva innovare, sottrarre le buone regole liturgiche di una corretta processione alle intemperanze di portatori che si erano affrancati, spinti dal chiasso sociale e politico che, piano piano, aveva reso la processione come un totem di fanatismo popolare.
Don Michele é stato un uomo probo, un ricucitore di rapporti umani, un mediatore eccellente dai modi gentili e suadenti, ma deciso, senza infingimenti, a riabilitare la parola del Vescovo ed a riavvicinarlo al suo popolo.
Don Michele sarà per sempre l’Angelo della Cattedrale, il pastore buono che, avendone tempo, ha deliziato tutti con la sua bella voce, cantando tante belle canzoni ed aree popolari di Napoli e della canzone italiana. Lo faceva con dedizione, anzi amava stare con la gente, regalare buonumore e serenità. Tutti gli riconoscono arte, modi gentili e talento!
Tra i fans di don Michele c’era negli anni passati mia madre, perché capitava che don Michele era nostro ospite nelle belle feste di famiglia, con i nostri amici e parenti che gli chiedevano di cantare di tutto!
Tra una canzone e l’altra don Michele e mia madre facevano dense conversazioni, scambi di esperienza che si tramutavano in giudizi sinceri su tante cose della vita.
Conosco don Michele Pecoraro da tanti anni ed è entrato tra le persone che stimo molto, per un paio di circostanze che me lo rendono ancora una persona a me cara. Don Michele era stato ordinato sacerdote un 29 giugno in San Pietro a Roma dal Papa Paolo VI ed era tra i figli spirituali di una grande monaca carmelitana di clausura di Fisciano, Madre Maria Maddalena Savone, grande Priora delle Carmelitane, donna di elette virtù e di viva spiritualità, di cui io stesso sono stato per tanti anni amico. Questi due particolari me lo hanno reso sempre familiare, meritevole di tanta stima, un esempio vivo di persona di Fede.
Negli anni ho avuto modo di apprezzare lo stile sacerdotale, lo stesso che hanno avuto modo di conoscere i Salernitani. Nei pochi anni in cui ha guidato la Cattedrale la sua schiettezza, le sue capacità di mediatore, la voglia di fare, hanno riportato la Cattedrale al centro della vita della Città e della Chiesa.
Oggi, don Michele Pecoraro, lascia ma nessuno di noi crede che la sua missione era stata completata. Poteva fare ancora molto, i fedeli lo avrebbero seguito ancora e la cittá ne avrebbe tratto nuovi benefici.
Il glorioso San Matteo che, per suo tramite, ha recuperato il suo primato sulla città, il suo braccio santo che si è spinto in tutti gli ambienti, più nascosti e chiusi, traducano in benedizioni per questo sacerdote, per Salerno, il bene della sua testimonianza resa durante la sua presenza in città.
Don Michele Pecoraro ha servito la Chiesa di Salerno con quell’insegnamento di Paolo VI di costruire “ la civiltà dell’Amore”.
Molti gli tributano riconoscimenti e Lodi.
Su di lui scenda e lo accompagni un ricco patrimonio di gratitudine di tutti suoi amici, fedeli e salernitani.
E su tutti, Vescovi inclusi, il suo ricco esempio di servitore fedele spalanchi occhi di Fede e trasformi quelli umani!