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Divisione delle carriere

Divisione delle carriere

Alberto Cuomo

È indubbio che fa certo effetto vedere in tivu i magistrati italiani, ed anzi i pubblici ministeri italiani, elevare la costituzione come cartello di protesta verso la riforma della separazione delle carriere, uscendo dalle aule di riunione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Si ha, già in una tale manifestazione, l’impressione che gli organismi giudiziari siano controparte rispetto al governo che propone le leggi da mettere in discussione nel Parlamento, ovvero dai rappresentanti del popolo. E pure la gran parte dei cittadini sarebbe favorevole alla riforma dal momento ha votato per forze politiche che avevano nel loro programma di governo proprio la separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e inquirenti. Si dirà che lo stato odierno della democrazia non è della piena salute e che le maggioranze, non solo in Italia, si determinino sulla base di minoranze al voto, dato il grande astensionismo che costituisce ormai il vero primo partito. Ma non fosse altro per questo che, in una democrazia debole, forse è opportuno limitare gli altri possibili poteri. Già, il “potere giudiziario”, che, oltretutto, non è affatto un “potere”? I procuratori in protesta hanno sventolato la costituzione e questa al Titolo IV-La Magistratura in nessun contesto utilizza la parola “potere”, adoperando invece il termine “funzione”. Solo l’articolo 104 lascia arguire che dal momento “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” possa essere intesa essa stessa quale “potere”, sebbene sia detto esplicitamente sia un “ordine”, allo stesso modo di altri ordini, quello militare, giornalistico, etc. L’articolo 107 poi indica in un distinto comma le garanzie dei procuratori, quasi questi costituiscano già un organo autonomo. Contro Nordio e la sua legge i magistrati hanno richiamato Piero Calamandrei, ma questi rilevava nei magistrati una specie di albagia professionale che porta a credere la magistratura sarebbe degna di esser considerata come un apostolato, mentre l’avvocatura, quella sì, sarebbe soltanto un mestiere” in un’idea, nefasta, secondo cui il magistrato sarebbe moralmente superiore al proprio contraddittore e, diciamolo, superiore anche alla politica da moralizzare. Già nel 2009, malgrado il bagno di folla dei magistrati di tangentopoli, in una indagine statistica, il 62,3% dei cittadini era insoddisfatto della gestione della giustizia, il 20,4 riteneva che i mali della giustizia fossero riferibili all’inadeguatezza dell’ordinamento giuridico e il 10,8 alla mancanza di imparzialità dei magistrati. Una più recente statistica, del 2021, condotta dal Corriere della Sera ha rilevato che il 45% degli italiani ritiene che vi siano comportamenti molto gravi (illeciti o corruzione) tra i magistrati, mentre il 20% addita l’elevata conflittualità tra i vertici della magistratura. È da ricordare che Nel 1987 i radicali, dopo il caso Tortora, promossero il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati e raggiunto il quorum vinse, a dimostrazione della scarsa considerazione dei magistrati, con il 65,1%, il sì all’abrogazione degli artt. 55, 56 e 74 del Codice di procedura civile, che escludevano la possibilità di chiamare il magistrato a rispondere in sede civile dei suoi eventuali errori. Un anno dopo, il Parlamento emanò una nuova legge, la “legge Vassalli”, che introdusse la responsabilità civile indiretta del giudice, nei confronti del quale lo Stato, che avrebbe risposto in modo diretto degli eventuali errori, poteva esercitare un’azione di rivalsa, ma solo nei casi di “dolo o colpa grave” escludendo gli errori in sede di interpretazione delle norme. La ratio del vincolo tra Procura e Tribunale giudicante si può sintetizzare nelle disposizioni del Codice di Procedura Penale all’articolo 358 che recita: “Il pubblico Ministero compie ogni attività necessaria… e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”. Ne deriva che il procuratore dovrebbe assumere la medesima imparzialità del magistrato giudicante così come, secondo l’opinione comune, attenta piuttosto al “tintinnio delle manette” vantato spesso nelle Procure, non accade, e, se i magistrati rivendicano la possibilità di avere posizioni politiche a maggior ragione tale possibilità deve essere data alla politica che ascolta le doleances dei cittadini. Secondo l’ex magistrato operante a Roma, il salernitano Nello Rossi, che in molti ricordano membro della federazione comunista di Salerno, iscritto da giudice a Magistratura Democratica, la legge-Nordio sottoporrebbe la magistratura inquirente all’Esecutivo, dal momento farebbe del procuratore l’ultimo anello di un apparato di polizia soggetto a gerarchie facenti capo al governo. Un ballon d’essai puramente retorico, quali erano quelli del giovane comunista in federazione, dal momento che la riforma di Nordio assume per i procuratori le stesse prerogative dei giudici mutando in definitiva solo il riferimento ad un Csm diverso, ma istituito secondo le stesse modalità di quello dei giudici. A Nello Rossi ha fatto eco la procuratrice generale di Salerno Rosa Volpe che, in termini più sobri, ha sostenuto, nel discorso per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, tenuto nell’angusta Cittadella Giudiziaria che ha contribuito a far erigere, come la legge-Nordio sarebbe di difficile attuazione. L’ex magistrato Michelangelo Russo, da cui Rosa Volpe ereditò molte inchieste, ha tessuto su queste pagine le sue lodi, ricordando il potere del Procuratore Generale di avocare a sé possibili inchieste sulle aree oscure del potere a Salerno. Ma sarà fatto dalla nuova procuratrice generale? È evidente che, qualora non vengano approfondite le indagini sulle tante storture salernitane (dai rifiuti tunisini agli asseriti fiancheggiamenti con la camorra di un Alfieri o un Cascone) non si potrà avere fiducia nelle Procure e, allora, ben venga la separazione delle carriere.

1 Commento

    per me è importan/ te riflettere sulle argomentazione del procuratore Gratteri , che senza reticenze ha detto la sua a muso duro .
    vorrei ricordare in proposito , quanto tempo fa disse un certo martin Niemoller : “quando i nazisti presero i comunisti/io non dissi niente /perchè non ero comunista / Quando rinchiusero i socialdemocratici / io non dissi nulla perchè non ero socialdemocratico / quando presero i sindacalisti /io non dissi nulla perchè non ero sindacalista /.Poi presero gli ebrei ./ e io non dissi nulla / perchè non ero ebreo ./ Poi vennero a prendere me / E non era rimasto piu nessuno che potesse DIRE QUALCOSA

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