Questa sera, terzo appuntamento nella Chiesa di Santa Apollonia alle ore 20, con il Festival di Musica da Camera, promosso dal Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” e dalla Bottega San Lazzaro
Di OLGA CHIEFFI
Questa sera, alle ore 20, terzo appuntamento della III edizione del Festival di Musica da Camera Sant’Apollonia. Un evento, nato dalla sinergia del Conservatorio di Musica “G.Martucci” di Salerno, con un progetto del Dipartimento di Musica d’Insieme, presieduto da Francesca Taviani, da un’idea di Anna Bellagamba con Chiara Natella e la sua Bottega San Lazzaro. Sarà un confronto tra il segno di Wolfgang Amadeus Mozart del quale verrà proposto il Quintetto in La maggiore K581 e Gustav Mahler col suo Quartettsatz. Ad inaugurare la serata, Fabrizio Fornataro al clarinetto, Giacomo Mirra e Jacopo Minelli al violino, Pasquale Colabene alla viola e la stessa Francesca Taviani al violoncello, la quale si calerà nell’agone artistico con i suoi allievi. Strumento tra i più amati da Mozart, insieme alla viola, proprio per il timbro morbido e sfumato, il clarinetto assurge con questo autore al rango di protagonista per le manifestazioni più delicate ed introspettive nell’ambito della ricerca espressiva, perseguita in diverse opere tra cui il celebre Stadler – Quartet che verrà proposto questa sera. A differenza dei numerosi quintetti brillanti, d’impronta concertante, in voga in quell’epoca soprattutto negli ambienti parigini, il lavoro mozartiano si distingue per la sua ampiezza e per la diffusa dialogicità che pervade la partitura da cima a fondo, dando vita ad una purissima gemma, nell’ambito dell’intera produzione cameristica, senza per questo rinunciare all’esplorazione di tutte le possibilità dello strumento a fiato. Sappiamo poco delle circostanze che diedero vita al Quintetto. La prima esecuzione avvenne nel vecchio Burgtheater il 22 dicembre 1789, durante un’accademia della Tonkünstler-Sozietät, con il clarinettista Anton Stadler, l’amico e fratello massone per il quale Mozart compose il lavoro. Il manoscritto autografo è perduto, quindi si possono avanzare solo delle ipotesi circa l’esatto organico. Gli studiosi, tra cui il clarinettista Giovanni De Falco che ne ha fatto una particolare trascrizione filologica, ritengono attendibile che Mozart abbia scritto la parte per uno strumento particolare, il bassettklarinette, secondo il musicologo Jiri Kratochvil, capace di arrivare fino al la dell’ottava inferiore. I quattro movimenti possiedono qualcosa che non si può definire altrimenti che come un’aria di famiglia. Il meraviglioso tema del “Larghetto”, che sviluppa nella forma di una canzone il dialogo tra clarinetto e primo violino, ha la stessa cantabilità, pur con un carattere differente, del tema del “Menuetto”. Qui troviamo anche due “Trii”, il primo senza clarinetto, il secondo con il clarinetto concertante. La stessa idea di alternare nei passaggi solistici clarinetto e violino appartiene anche all’“Allegretto” finale. La forma qui è particolarmente articolata, essendo formata da un tema, quattro variazioni, un Adagio e una coda. È interessante il modo in cui Mozart termina il pezzo con grande semplicità, senza enfasi, in uno stile da conversazione e con il gran protagonista dell’opera, il clarinetto, che si allontana dal discorso, o meglio, si fa modestamente da parte. La pianista Laura Cozzolino, con Giacomo Mirra al violino, Pasquale Colabene alla viola e Francesca Taviani al cello, chiuderà la serata con il Quartettsatz di Gustav Mahler. Il Movimento di Quartetto (“Quartettsatz”) con pianoforte in la minore costituisce un unicum nella produzione mahleriana, che non comprende altre composizioni prettamente cameristiche. Il Quartetto, inoltre, ha un grande valore documentaristico, in quanto rappresenta una delle poche testimonianze che ci sono giunte del periodo in cui Mahler studiava al prestigioso Conservatorio della “Gesellschaft der Musikfreunde” di Vienna (dal 1875 al 1878). Della produzione compositiva di quegli anni Mahler stesso salvava solo il movimento del Klavierquartett (del 1876) che venne subito apprezzato, dal violinista Hermann Gradener. Pur trattandosi di un lavoro giovanile frutto di un solo anno di studi di composizione, il brano rivela una notevole padronanza di tecniche compositive. L’impianto di forma-sonata e l’interessante scrittura pianistica dimostrano la confidenza di Mahler col grande repertorio per pianoforte, da Beethoven a Schubert, Chopin, Schumann e Brahms. La raffinata elaborazione tematica dello sviluppo rivela una notevole disinvoltura e inventiva e uno stile già originale. Nella ripresa, riproponendo il cambiamento di tempo, Mahler introduce un’ inaspettata escursione armonica nella tonalità di fa diesis minore, per poi giungere ad una melanconica conclusione, preceduta da una sorta di breve cadenza per violino.