De Luca e il dolore della mamma cafona - Le Cronache Attualità
Attualità Salerno

De Luca e il dolore della mamma cafona

De Luca e il dolore della mamma cafona

Salvatore Memoli

Il dolore della vita é fatto di tante piccole avversità che disturbano il corso naturale di un’esistenza. Qualche giorno fa, una mamma ha atteso l’arrivo del Presidente De Luca davanti agli Ospedali di Salerno, per interrogarlo in modo vibrante sulla morte della sua giovane figlia al Pronto Soccorso di Salerno. Il suo gesto era interrogativo, ancestrale, irruente ma pur sempre un grande gesto di amore verso la sua creatura che non vedrà mai più, ascrivendo, a suo dire, la causa alla malasanità di Salerno. Non sono in grado di dire che cosa sia più importante, in questa circostanza, se liberare un grido di resurrezione che si esprime con la ribellione, in nome di un amore materno, spezzato per sempre, oppure essere attenti alla rottura del bon ton di circostanza che ha irritato De Luca. Sono fermo a rispettare il dolore penetrante, invasivo, quello che si prende tutti gli spazi di una vita e monopolizza cuore, sangue, cervello di una persona e molto meno attento alle circostanze in cui, una donna, colpita da un lacerante torto, decide di comunicare ciò che ha fatto di lei un termometro di dolore, delusione, rigetto di tutte quelle apparenze che vogliono gestire la verità, edulcorandola. Sono anche io tanto limitato da sentire come autentico il moto di ribellione, che espresso in tutta libertà, é il solo a sottolineare l’autenticità di una mamma che vede morire sua figlia, rendendosi conto che tutta la fiducia, l’attesa verso una società che dovrebbe sciogliere i nodi di un vivere tumultuoso ed inquietante, nella sua indifferenza, restituisce la non soluzione, la fredda morte e, con protervia, non vorrebbe fornire nessuna spiegazione, foss’anche una non giustificazione. Sono i momenti di silenzio che demoliscono la fiducia che poi accendono una domanda impertinente ma pur sempre motivata e sofferta. Sentirsi rispondere che si é cafona, paralizza qualsiasi illusione, nella comunicazione, nell’interpello di chi ne deve sapere di più, di chi ha l’obbligo di rendere umano qualsiasi travaglio imprevedibile attribuito a protocolli e categorie terapeutiche. Una figlia è morta, una madre è cafona, un politico scade nell’abisso degli incompresi per la sua incapacità di abbandonare razionalità, bon ton di circostanza, per mancanza di sangue vivo che sconvolge le sue priorità con quelle di una donna che ha un cuore che sanguina. Ahi quanto sono uguali i costumi dei deboli! Come questa mamma abbiamo avuto la vita stravolta dal rapimento di nostra madre e di un giovane collaboratore familiare. Abbiamo pianto amaramente, con la mente in preda a smarrimento, un dolore insopportabile tanto penetrante e lacerante quanto interrogativo e muto! Uno del nostro gruppo di lavoro, un giornalista della Rai, Compagnone, decise di chiedere aiuto, per la famiglia Memoli, per mamma Enza scomparsa, per mano di malintenzionati. Si recò al Comune per parlare col Sindaco, per ascoltare una parola di solidarietà e far lanciare un invito a liberare due concittadini, Enza Basso e William Singh, sicuramente vittime di un racket. In quella circostanza i cafoni fummo noi e Compagnone. “ Non lo farò mai, questo caso rischia di danneggiare l’immagine di una città turistica”, la risposta fredda, sprezzante, razionale ma priva di cuore di Vincenzo De Luca! Come famiglia Memoli ne abbiamo sofferto molto, anche per i legami che ci univano al Sindaco amico! Il nostro dolore che ci spezzava il cuore fu bloccato da un freddo ragionamento di opportunità e dai superiori interessi di una città che non poteva perdere la faccia rispetto al caso di due persone che non si trovavano.De Luca è sempre stato lo stesso! Brillante in molti casi, attrattore di consensi, privi d’identità politica e religiosa. Sulla sua persona si è riversato un sincronismo di genericità civica, di luoghi comuni, di banalità politica, alla ricerca del pragmatismo. De Luca, il filosofo incline alla fecondità di un pensiero razionale, di un impegno a ridurre tutto a forma, schema, visione illuminata di scelte sempre vivificate dalla ragione, non poteva capire! In quel momento non è venuto a cercarci per capire, a stringere una mano, a fermare il pianto e il dolore, é stato impegnato a interrare una tragedia, incapace di far passare dalla voce del cuore la domanda di un gesto più umano e semplice di avvicinarsi a chi soffriva.Bravo il fine ragionatore razionale e pianificatore di effetti mediatici, qualità che ha affinato da filosofo seguace di pensatori tutta testa e niente cuore!Le sue scelte invece sono sempre così attente a modelli inattaccabili di razionalità estrema. Mai a sentire il palpito sanguinante, popolare e genuino di chi piange e si spaventa di fronte alle cose più grandi della vita. Siamo tutti cafoni quando disturbiamo i suoi piani e le sue programmazioni, come questa mamma che ha perso la figlia. Non programmiamo una scala di opportunità e priorità per valutare il dolore. Non sappiamo proseguire sulla strada dettata dalle pandette. A noi il dolore cambia il corso della ragione e rilancia la spontaneità del dolore, quello che con un maglio ci inchioda nel fallimento!Tu, caro De Luca, forse non sai piangere come abbiamo pianto noi, sofferto come il fallimento che ha incastrato noi. Noi abbiamo accettato la sconfitta, senza convinzione ed in questo al tuo razionalismo abbiamo opposto la sconfitta dei vinti. Vinti da cose più grandi ed inspiegabili di noi e mai vincitori come te che corri verso traguardi effimeri di successo che non ti restituiranno mai soddisfazioni perché non sei mai stato cafone come noi, perdente come noi, fiducioso come noi soltanto nello stare dalla parte del Dio della storia che “rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili”. Così come resta vicino alla mamma cafona ed alla mamma rapita che non potendo parlare non ti possono dire quello che sarà di te!