De luca: Chiagnono e fottono - Le Cronache Attualità
Attualità Campania

De luca: Chiagnono e fottono

De luca: Chiagnono e fottono

Antonio Manzo

“Chiagnono e fottono”. È nel vernacolo napoletano che Vincenzo De Luca trova il nome al partito dei militanti parapolitici che amano piangere ma poi gioiscono per aver ottenuto i risultati sperati, voluti e cercati. E il nome, Vincenzo De Luca, lo annuncia e consacra nel suo appuntamento video del venerdì non senza portare i nomi e cognomi dei leader del partito. I primi, Antonio De Caro e Matteo Ricci, spiegando ai telespettatori il loro curriculum, ma già pieno di potere, al momento fermo ad eurodeputati eletti appena un anno fa a 20 mila euri al mese. Nel clima descritto da De Luca c’è la doppiezza della ipocrisia e la beffa agli elettori. Sono le “brave persone” come le indica De Luca o anche “preti spretati” cioè coloro i quali conservano l’alone comportamentale del finto sacerdozio ma senza avere più l’abito talare dismesso. “Piangono” è il presente indicativo del vocabolario italiano del verbo piangere, lamentarsi, recriminare. Si è unito a fottere. Cioè “fottono”, invece, è la traduzione napoletana del verbo “fottere” che in italiano, senza ricorrere al traduttore ma fidandoci del dizionario della Treccani, significa possedere sessualmente una persona; avere rapporti sessuali con qualcuno meglio se clandestinamente dopo essersi lamentati a lungo. De Luca parla alla vigilia dell’arrivo di Elly Schlein in terra campana dove confonderà l’amocromia da leader con il chiaro delle dolci acque di Contursi Terme. Fino ad immaginare il verde intenso dei monti Picentini che invoglieranno a parlare la stessa Schelin dello spopolamento, delle zone interne, e, se ci resta qualcosa, della questione meridionale, La domanda che alla vigilia De Luca pone alla Schleinè semplice: “La Campania la dobbiamo dare a chi, ai Cinque Stelle, che per dieci anni non hanno fatto niente?” La leader Pd protagonista del campo largo per le elezioni regionali in Campania intenderà convincere e spiegare che Fico non adombrerà con lo scanzonato wokismo blando di una esperienza impolitica che ha segnato il grillismo, protratta nel tempo oltre il suo limite naturale. Abbandonare, tradire, consegnare il popolo campano a questa gente (De Luca non fa nomi) vuol dire disonorare sé stessi, il suo lavoro “sangue e sudore”. Per lui, di ferrea convinzione democratica mai antipolitica, non contrastare i profeti del Campo Largo significa esserne complici della persistenza della Meloni con la sua classicità statuale. Mentre la Schlein continua – De Luca lo pensa ma non lo dice – con una scipita onorabilità politica, con l’arretratezza di un assemblearismo prepolitico e con una pratica scolaresca tutta ripiegata sulla idea individualista e antisociale dei diritti civili, un’idea buona per le “brave persone” o i “preti spretati”. A Contursi Terme ci saranno proprio tutti, aderenti, aspiranti politici in cerca di un posto alla Regione, che stavolta abborderanno il popolo con un umanitarismo di seconda scelta dati i tempi di guerra vissuti pro Pal e contro Israele. Ci saranno, a Contursi Terme, anche gli iscritti del partito “chiagne e fotte”. De Luca li conosce bene perché è un partito non commissariato come quello del Pd (Partito Distruttori) campano. Fra guerra, giustizia e palude burocratica, senza mai citare l’acronimo Pd, De Luca continua la battaglia in tutta Italia ricevendo consensi a Rivoli, nel Torinese, a Pesaro. E ovunque lo invitano perché la democrazia, dice lui, è a un bivio. Lui è ora un vigile che può perfino intimare per Elly Schlein l’alt al bivio del requiem Pd, prima che scompaia dopo l’ombra lunga di una sconfitta permanente e avvilente.