De Giovanni l'anti granata. Il caso di Salerno Letteratura e il silenzio del sindaco - Le Cronache
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De Giovanni l’anti granata. Il caso di Salerno Letteratura e il silenzio del sindaco

De Giovanni l’anti granata. Il caso di Salerno Letteratura e il silenzio del sindaco


Nei giorni scorsi la letteratura, quella dei maestri che avevano elevato il calcio a specchio del loro mondo, ha vissuto a Salerno un mesto crepuscolo. Un autore di romanzi ai vertici delle classifiche di vendita, tifoso sfegatato del Napoli, ha ingaggiato con i supporter granata un corpo-a-corpo poi scivolato ed esploso sulla rete, per le offese rivolte alla squadra del Cavalluccio (accusa sempre respinta con decisione). Nella querelle si sono auto-coinvolte figure istituzionali che hanno contestato la presenza dell’autore alla rassegna letteraria annuale che è stata appena inaugurata (rassegna nata male e gestita peggio, peraltro nota soltanto a Salerno & nei dintorni campani ma finanziata generosamente da Comune, enti pubblici e Regione). L’interessato ha rassicurato tutti: «Non interverrò», facendo l’offeso, perché non avrebbe, tra l’altro, ottenuto l’attesa solidarietà del sindaco e del presidente della Regione. Ha sostenuto, il prolifico autore di romanzi, di non aver mai dileggiato la tifoseria salernitana e di aver sempre affermato il valore unificante dello sport. Su questo, per la verità, qualche dubbio c’è. Basta farsi un giro su Facebook, leggere le sue esternazioni o le adesioni a post guerrieri e guerreggianti contro arbitraggi e club avversari. Un florilegio, del quale consigliamo la consultazione. Per non parlare delle presenze tv – dalla Domenica Sportiva alle meno significative e focose emittenti del Napoletano che parlano alla pancia – dove il “nostro” calca il terreno mediatico senza economia di tempo e di argomenti. Quasi una seconda attività, dopo quella di scrivere trame di successo per la letteratura di consumo. Non una parola, però, sul legame tra cultura, lettere e calcio, come ci si aspetterebbe da chi ormai da qualche anno scrive come sua unica attività; soltanto analisi, tutt’altro che concilianti, su scelte societarie, tecniche, arbitraggi, presunti torti subiti; insomma, un opinionista a tutto campo che gioca nell’arena calcistica la sua notorietà maturata altrove o esplica questo impegno proprio per accrescere la sua visibilità di autore sensibile ad ogni ribalta. Un ruolo attivo, il suo, con analisi e prese di posizione in un mondo nel quale ansimano umori accesi, inquietudini profonde e tante nevrosi individuali e collettive.
Agire in questi contesti non significa umanizzare i confronti. Qui non c’entrano le atmosfere rarefatte di Gatto e Sinisgalli, che contrapponevano le loro fedi, milanista e interista, a suon di versi, o il tifo nobile di Pasolini per l’amato Bologna (non c’è traccia di sue espressioni urticanti verso tifoserie vicine o lontane) e nemmeno il magma di uno sport metafora di vita e fonte di riflessioni profonde. Siamo, al contrario, nell’arena delle social-passioni cupe e dei livori arcaici.
La letteratura, quindi, in questa storia è pressoché assente: è soltanto un dialogo tra curve, dopo il consapevole ingresso di un autore sul ring del tifo rabbioso. E chi decide di entrarvi lo fa consapevolmente né può pretendere di incrociare, nel luogo deputato ai cazzotti, messaggi poetici o espressioni da fenomenologia dello spirito. Soprattutto non può richiedere trattamenti differenziati, come a dire “io sono un autore e voi – volgo profano – dovete provare a rispettarmi, perché ho sempre ragione per l’aureola che mi porto sulla testa”. Cioè i pugni li do, ma a me non si danno. Non è così che funziona. Il piano di calpestio è lo stesso ed è stato liberamente scelto: su quel terreno si procede tra messaggi forti e urticanti, insulti social, paroline pungenti, offese cruenti e tutto ciò che ne consegue.
La rassegna dei libri, però, la solidarietà l’ha data, reiterando l’invito all’illustre offeso, forse per farlo desistere dall’irrigidimento. In altra circostanza, il nostro aveva ugualmente giurato di aver chiuso con Salerno, ma poi è sistematicamente rivenuto a presentare e vendere i suoi libri. Lo farà anche questa volta? Nessuna meraviglia se accadrà, secondo programma e copione. L’interrogativo non credo, però, debba appassionare più di tanto, perché la tragedia in questa storia di profonda provincia e di simil-letteratura non è quella di una probabile e temuta assenza di un nome dal programma, ma è l’altra di una città senza speranza e senza futuro, popolata di personaggi e soprattutto di ospiti improbabili e guitteschi. Da un lato, si staglia l’opaca rassegna, nata dall’idea di un’operatrice senza alcuna esperienza specifica, kermesse prigioniera di uno schema già sperimentato altrove più di 15 anni fa (e superato da tempo, perché logoro nel tratto originario, come tutte le passerelle non connesse con territorio e comunità); dall’altro, c’è l’autore permaloso che recrimina per la mancata solidarietà istituzionale (Pasolini si sarà pericolosamente rivoltato nella tomba, alla notizia che un autore di libri possa ambire all’ossequio del palazzo), e ci sono, poi, i tifosi che parlano la loro lingua aspra, ma dopotutto coerente con una vita grama in un contesto deprimente. Fino a questo momento, e salvo ripensamenti, si è salvato soltanto lo scolorito e tentennante sindaco che non ha preso, come al solito, alcuna posizione e non ha speso una sola parola né per l’autore focoso e suscettibile né per l’inutile festa del libro di giugno, che pure finanzia generosamente, né per i tifosi, che forse elettoralmente teme. Come a dire, “siete scesi tutti nella suburra, ora trovatevi da soli la via di uscita”.