Dal mite Giordano a De Luca - Le Cronache Salerno
Salerno

Dal mite Giordano a De Luca

Dal mite Giordano a De Luca

Dagli Appennini alle onde, andata e ritorno Venne prima il mite Giordano e poi, dai monti del Vulture, il dirompente De Luca per porre fine nell’amministrazione comunale di Salerno al predominio di politici voraci e avidi costruttori edili che avevano creato il caos edilizio in città, costruendo all’impazzata e comunque, senza alcun rispetto di vincoli, esigenze e così via. L’esempio più eclatante si rinviene in tante zone deturpate da case costruite senza ordine, occupando tutti i centimetri disponibili, senza parcheggi e con strade strette e curve contorte, con conseguente aumento della densità abitativa e delle difficoltà di parcheggio e di transito. L’avvento di De Luca fu accolto con soddisfazione dalla cittadinanza per il rigore e l’attivismo per cui divenne noto come sindaco sceriffo; amante del bello, fece costruire diverse fontane (ora tutte ferme o distrutte dai vandali) per cui fu chiamato anche Vincenzo a’ funtana. Ma al di là delle batture, ad onor del vero, si deve dire che gli abitanti di altre città, anche del nord, dicevano ai salernitani “beati voi che avete De Luca”. Sfortunatamente i salernitani, non conoscendo il futuro, si dimenticarono di ricorrere agli opportuni scongiuri. Amante di Salerno, pur essendo originario della Basilicata, si consultò con urbanisti e architetti di chiara fama, principalmente spagnoli, che gli fecero intravedere modifiche urbanistiche meravigliose, già sperimentate a Barcellona, che potevano creare qualcosa di simile anche a Salerno. Così il nostro eroe decise che doveva studiare da faraone, per creare opere sempre più grandi, ciclopiche e strabilianti con l’unico vincolo che fossero costose, inutili o almeno superflue. Senza accorgersene contrasse il virus dello sfarzo, del grandioso e dell’immensamente attraente e bello riscuotendo all’inizio il plauso dai salernitani. Si doveva costruire una stazione marittima per ricevere i crocieristi che sarebbero giunti in porto, non bastava un dignitoso palazzetto, occorreva la mano sapiente dell’archistar anglo-indiana per redigere un progetto altamente qualificato. Sorse quindi un edificio a forma di conchiglia dalle volte ardite che richiese notevoli sforzi costruttivi e alla fine si arrivò ad un edificio di tutto rispetto, la cui ingente spesa non è dato conoscere. Si può pensare che il crocierista che sbarca per un frettoloso giro in città (la nave spesso sosta non più di mezza giornata), si soffermi ad ammirare a lungo l’opera d’arte? Ma fa che forse serve più a riempire d’orgoglio chi l’ha voluta che ad altro? Mi viene un dubbio. A Salerno occorreva una piazza, ma non una qualunque, ma quella più grande d’Europa e fu quindi realizzato il Crescent su disegno di un archistar, con un semicerchio costituito da fabbricati con appartamenti e negozi, una piazza gigantesca al di sotto della quale insistono negozi e parcheggi. L’effetto dello spettacolo offerto da queste costruzioni è notevole, a molti piace e a qualcuno no, anche se somiglia, tranne in alcuni giorni e alcune ore, a un deserto perché le abitazioni sono per la maggior parte vuote al pari dei negozi sottostanti, tutti tragicamente deserti; solo alcuni di quelli al di sotto della piazza sono funzionanti. Uno spettacolo che di sera sembra tetro e desolato. Ma è pur sempre un vanto per chi l’ha voluto, superando tante difficoltà anche giudiziarie e deviando un torrente che negli anni cinquanta provocò tanti lutti e rovine per la sua pericolosità. All’epoca qualcuno azzardava, forse per eccessivo ottimismo e/o superficialità, la previsione dell’arrivo in massa in quei locali di noti atelier dell’alta moda, gioiellieri, negozi di antiquariato et similia. che avrebbero dovuto attirare i crocieristi che provenivano dalla vicina stazione marittima; venne però dimenticato un particolare: quelli che viaggiano in quattromila su una nave da crociera non sono i nababbi che possono frequentare negozi come quelli di via Montenapoleone a Milano. Il misero risultato è che quei locali sono sfacciatamente vuoti. Sarebbe interessante sapere se sono stati venduti o sono ancora di proprietà del costruttore; la differenza non è di poco conto, perché nel primo caso il Comune percepisce l’Imu, nel secondo no, privando l’Ente di una cospicua entrata a fronte delle somme spese per realizzare la piazza. A questo proposito nulla si conosce del costo di quest’opera rimasto a carico della città e né delle spese di manutenzione che continuamente sono necessarie per infiltrazioni di acqua. Secondo il mio modesto parere in questo caso non siamo molto lontani dal fallimento, come potrebbe dimostrare un’attenta analisi costi- benefici. L’elenco delle opere straordinarie realizzate o solo vagheggiate è piuttosto lungo, ma fortunatamente la maggior parte di esse restano a livello di mere e vaghe promesse. Non so se è vero, ma mi pare di aver sentito che dovrebbe essere realizzato un grande invaso, di cui non si sentiva la mancanza, da utilizzare per girare film marinareschi; se diventerà realtà potrà divenire almeno un resort gratuito per zanzare e altri gradevoli insetti. È necessario porsi la domanda di quanto sia costato alla città tutto ciò, insieme alle fantastiche e costose luci d’artista, a fronte di strade e marciapiedi dissestati, pieni di buche per i frequenti rattoppi che seguono i continui scavi per sistemare condotte elettriche, idriche, ecc. L’ufficio tecnico del Comune ha sicuramente omesso di controllare l’andamento di questi continui scavi e dei connessi problemi di riempimento e sistemazione conseguenti. I risultato di questa tragica situazione è che è estremamente difficile, principalmente per gli anziani, i disabili e le neo mamme con i passeggini, camminare su strade e marciapiedi dissestati, anche perché le strisce pedonali sono per lo più sbiadite e non riconoscibili. E che dire per l’obbligo per i cittadini di versare per terra le cartacce per lo scarso numero di cestini di raccolta in tutto il territorio comunale? Forse l’unica spesa che occorreva sostenere era quella di realizzare una idonea sede dei sottoservizi per contenere tutte le linee elettriche, telefoniche ecc. come avviene nelle città più evolute, siccome previsto da una norma in vigore. E che dire dei giardini del lungomare, che una volta erano un vanto della città, e degli operatori ecologici scomparsi quasi del tutto? Tutto questo attivismo edilizio e urbanistico, con prevalenza dello straordinario e sfarzoso sull’ordinario, che conseguenze ha avuto sulla situazione finanziaria del Comune? Un titolo del Sole 24ore del 2022 rivelava che “Salerno è tra le più indebitate città italiane”. Un veloce giro tra i documenti reperibili sul sito del Comune mostra che in effetti la serie di disavanzi annuali da finire di ripianare è abbastanza lungo, ma quello che ha generato l’allarme è stato il risultato del 2022 che evidentemente non poteva essere coperto con gli ordinari indebitamenti per cui si è fatto ricorso alla vendita dell’area ex cementificio senza tener conto del vincolo contrattuale originario esistente, con conseguente possibile travolgimento dei relativi atti. Quel che più conta con questa vendita si è tolta un’area di parcheggio molto utile. Alla fine del 2022 il Comune aveva debiti iscritti in bilancio di € 503 milioni insieme a altri 1,5 milioni fuori bilancio dovuti a sentenze di condanna, già esecutive, emesse in anni precedenti e non ancora pagate. Rilevante di conseguenza il peso degli interessi passivi ammontanti a ben 12,363 milioni. Soffermandoci solo sui dati più eclatanti si registrano spese per risarcimenti di 554 milioni e 2,432 milioni per misteriosi oneri da contenzioso. Le sentenze di condanna e i risarcimenti sono forse ricollegabili ai marciapiedi e alle strade dissestati sopra evidenziati? Guardando i vari prospetti si scopre che il Comune possiede ben 4700 immobili, di cui alcuni in Comuni vicini: solo 864 di questi producono un reddito di appena 416 mila euro, di cui 97 mila euro provenienti da due stabilimenti balneari e 88 mila da 5 locali di piazza della Libertà. Di contro spende per fitti passivi 215 mila euro. . Vien da chiedersi perché il Comune non vende buona parte di questi immobili abbandonati che non solo non producono reddito, mentre comportano sicuramente oneri vari di manutenzione, di condominio e quant’altro. Dopo il disastroso bilancio del 2022 il rendiconto del 2023 si chiude con un trionfale avanzo che fa dire al consigliere Celano che “Trattasi di bilancio farlocco, dopo che spese folli, sprechi clamorosi e clientele hanno portato il Comune sul baratro del default” Significativa è la frase dell’assessore al Bilancio che nel 2022 dichiarò “venderemo tutto, tranne Comune e Arechi.” La mesta conclusione è che Il risultato della gestione del Comune di Salerno da una ventina di anni in poi è abbastanza deludente perché basata su investimenti errati, improntati più allo sfarzo che all’utilità, con tante questioni irrisolte e con gravi problemi finanziari. Ogni ciclo umano ha un inizio e una fine e quindi sarebbe il momento che chi ha determinato, direttamente o indirettamente, lo sconquasso delle finanze comunali e le condizioni di invivibilità dei cittadini, dovrebbe risalire, insieme alla sua corte miracolosa, velocemente quei monti che aveva disceso con tanta baldanza.

Mario Santamaria

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