Dal Barocco al Jazz: convergenze e divergenze - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Di Olga Chieffi
Giuseppe Nova al flauto, Giorgio Boffa contrabbasso, Giovanni Scotta pianoforte,  con un programma, di raro ascolto ci inviteranno a scoprire una originalissima rivisitazione in chiave Jazz dei celebri concerti Brandeburghesi di Johann Sebastian Bach, oltre ad alcuni celebri brani, la Suite n.1 di C. Bolling e un Medley da “West Side Story” di L. Bernstein, per rivivere con inventiva ed energia queste immortali melodie nelle trascrizioni originali di Giovanni Scotta. la Suite n. 1 per flauto e jazz piano trio di Claude Bolling è una composizione in sette parti in cui classica e jazz si alternano, si fondono, si confrontano. Bolling ha legato la propria carriera soprattutto alla realizzazione di colonne sonore (più di un centinaio). Scrisse le musiche per i film «Borsalino» con Jean Paul Belmondo e Alain Delon e «California Suite», per il quale Maggie Smith portò a casa l’Oscar. E partendo da Duke Ellington e dall’eredità lasciata dai primi pianisti jazz, praticamente s’inventò un suo personale crossover al pari di Leonard Bernstein, del quale il trio Nova-Boffa-Scotta proporrà un medley da “West Side Story”, musical pensato come una sorta di versione moderna di “Romeo e Giulietta”. Sarà questa, dunque, la chiusura dell’edizione 2025 del “Sorrento Classica Festival” che si annuncia dunque tanto esaltante quanto lo è stata l’emozionante apertura dedicata a “Franco Battiato”. A Sorrento ancora un ospite di fama internazionale, stasera, alle ore 21 presso la Chiesa di San Paolo, in Sorrento, ci sarà Giuseppe Nova, considerato uno dei più rappresentativi flautisti italiani della sua generazione, che il Washington Post ha definito «affascinante» la sua interpretazione nella capitale statunitense, a porsi in dialogo sulle tracce di Claude Bolling, con i suoi quartetti dedicati a Jean Pierre Rampal e su quelle di Jacques Loussier, che compie sull’opera di Bach, non una semplificazione né una semplice rilettura in chiave jazz, la sua, ma piuttosto una trasformazione dell’invenzione musicale di Bach che ne rinnova lo spirito innovativo e rivoluzionario. Il fraseggio, la grinta e l’energia di Loussier appartengono ormai alla storia del jazz, da cui scaturisce un’ avvincente interpretazione contemporanea che rende giustizia all’universalità della musica senza tempo di Johann Sebastian Bach. Una formazione, questa, che rivelerà che il proprio senso ha radici profonde nel tempo, ma scivola inafferrabile come una goccia argentea di mercurio. L’improvvisazione e la variazione rappresentano in musica i percorsi di unità e divergenza di tutti i generi, una “semplice” complessità in cui la manipolazione del materiale sonoro definisce strutture e modelli la cui interazione genera sistemi a livelli crescenti di astrazione. La ragione semantica della musica emerge, nel continuo divenire del “ludus harmonicus”, il gioco dell’invenzione e della mutazione, come una indescrittibile ed immanente intuizione del noumeno. Dalla nascita della musica il binomio variazione-improvvisazione ha attraversato l’intera letteratura musicale e se nell’atto della variazione come scrive Nielsen “Si debba vedere più che una elaborazione del tema un ripensamento di esso, ripensamento che porta a superare il punto di partenza, cioè il dato di fatto iniziale che nella variazione dovrà essere in sé compiuto, in un certo senso autosufficiente, un microcosmo già formato che va interpretato e rinnovato mediante una valorizzazione delle sue risorse e possibilità”, l’estemporaneità dell’esecuzione e l’immediatezza dell’invenzione riconducono questa particolare prassi esecutiva alle caratteristiche proprie dell’improvvisazione, dunque all’elaborazione di nuovi temi che, generati dall’idea di partenza, se ne discostano al punto da non conservare, in apparenza, alcuna affinità. Queste due pratiche con le proprie convergenze e deviazioni assurgono a simbolo del jazz, attraversando l’intero programma.