Di Olga Chieffi
Appuntamento con la World music di Enzo Avitabile, domani sera alle ore 21, al teatro Verdi di Salerno, nell’ambito del cartellone di Musica d’artista, firmato da Daniel Oren e Antonio Marzullo, del quale si sta ormai percorrendo l’ultimo step. Il musicista di Marianella si presenterà in trio con Gianluigi Di Fenza alla chitarra napoletana e Carlo Avitabile alle percussioni, mentre il leader farà da vocalist, imbracciando l’arpina e il sax. Con Enzo Avitabile, faremo un viaggio interiore alla ricerca delle radici della spiritualità, un percorso immaginario da Nazareth a Napoli. Prendendo spunto dalle proprie origini Avitabile ripercorre alcuni motivi di S. Alfonso, attualizzandoli nei contesti sociali odierni, per giungere al Calvario ed alla Crocifissione di Cristo, mettendo in risalto i mali ed il dolore delle nostre città, dei tanti Sud e dei popoli sofferenti. Un tema importantissimo e al tempo stesso molto profondo e coinvolgente. Un viaggio nei suoni di ieri e di oggi, con i dialetti, le lingue, i ritmi, le danze, i simboli di appartenenza alle proprie radici, le melodie, le parole, i racconti di vita, le favole ispirate alla lotta per l’esistenza, la fede, le religioni, la magia, le aspirazioni universali. Il Sacro Sud di Avitabile vuole essere una comunicazione diretta, innovativa e trasversale del concetto di sacralità, fatta di quotidianità e tradizioni: attraverso una forte sensibilità comunicativa e strumenti suggestivi e ricercati – come la chitarra napoletana, l’harmonium e le launeddas delle antiche popolazioni mediterranee – il trio di musicisti si propone in una rilettura del sacro, in musica e non solo, traendo ispirazione diretta dal Sud Italia e dell’immanenza spirituale che deriva dalla cultura popolare, elevata in tal senso come importante elemento artistico e di viva espressività artistica proveniente dai “piani bassi” della vita quotidiana e che ascende grazie alla musica. Il ‘sud’ di Avitabile, dunque, non indica solamente un meridione in senso geografico, bensì un’attenta introspezione dell’animo popolare e che viene raccontata tramite l’interpretazione dei tre musicisti, fatta di curiosità, mescolanza e unione fraterna tra appartenenti a un insieme di valori comuni e condivisi, comunicati attraverso note narranti e sonorità ricercate. Grazie al suo linguaggio unico e la ricerca trasversale di suoni, ritmi, melodie e chiavi di lettura interpretative della musica contemporanea di tutto il mondo, Avitabile porta la matrice interculturale del nostro territorio alla sua massima espressione, evidenziando la tangibile ricchezza che diverse contaminazioni di musiche e culture possano arrivare tanto da paesi lontani quanto da regioni vicine. E’ noto che la musica è profondamente umana e nello stesso tempo è divina, c’è un orizzonte musicale che sfugge alla nostra condizione di creature mortali ed effimere, ma tendere a questo orizzonte è un’esigenza spirituale che un vero musicista non può eludere, ed Enzo Avitabile è un musicista spirituale in questo senso, è sempre alla ricerca di un significato divino in quello che fa, per questo la sua musica è un inno alla fratellanza e alla contaminazione gioiosa delle diverse culture, il contrario di ogni forma di sovranismo, la più bella sfida a chi vuole rinchiuderci in un recinto di becero nazionalismo; Enzo Avitabile è un musicista eminentemente politico, la sua politica è un abbraccio, un canto che unisce e fonde le voci, le voci dei sommersi e dei salvati, e attraverso la sua musica le vele di Scampia possono salpare verso nuove terre, e gli annegati di tutte le tragedie del mare possono ritrovare una voce inabissata che arriva fino al nostro cuore di viventi. Ogni vera musica e ogni vero canto non dimentica mai i morti, le ombre, le assenze. E solo una musica così concepita e vissuta può dare nuova linfa alla vita. Suo il rito di rinascita un rap napoletano che sappiamo non lontano dal ridire infinito dell’autore del Guarracino che jeva per mare. Esperanto e Africano per Enzo Avitabile, il quale non si esibirà al sax tenore, ma ha imbraccerà la pentarpa, una piccola arpa pentatonica a sei corde e il sopranino in Mi Bemolle, che lui chiama saxello, per avvicinarlo alla cennamella – ma si sa che i sax soprano e sopranino, suonati in un certo modo, e con ancia dura, vanno sempre vicini al suono della ciaramella – per andare a sottolineare la contaminazione greca e turca della nostra tradizione, trovatore del terzo millennio, inseguendo destabilizzanti scie sonore di un archivio liquido e meticcio. Il Mare-Nostrum bagna le sponde di tre continenti, di tre grandi culture e le suggestioni di questa musica nascono dal racconto musicale di un’idea meno scontata di identità e di dimora. La sensualità dei suoni, la memoria millenaria che custodisce e le appartenenze poste in gioco ci convincono che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo vivibile in cui sentirsi a casa. La prima grande virtù dell’uomo è la verità (secondo alcuni filologi deriva dalla radice iranica ver che significa fiducia realtà). Se noi riusciamo ad agire in modo da suscitare la fiducia degli altri, e al tempo stesso ad avere fiducia negli altri, forse potremo risollevarci dalla nostra condizione che sta cedendo all’ indifferenza. L’ invito è a rompere il guscio d’isolamento, che non è materiale, ma una volontaria reclusione dell’io. La passione non è la cecità di lasciarsi prendere da un’urgenza, ma patire, cioè vivere profondamente e dare spessore ad ogni piccola emozione, una patosofia come “sapere del senso” volta, contro l’evidente deprivazione emozionale che è riscontrabile negli atteggiamenti psicologici e morali contemporanei; deprivazione patica, insensibilità alla differenza, che ha il suo fondamento nell’illusione della ricerca di un senso della vita nelle cose in-differenti e non piuttosto nell’evento del sentire, nell’emozione vissuta.