di Antonio Manzo
Khalid (nome di fantasia) è stato ricoverato, svenuto, disidratato e senza più forze, neppure quelle minime per poter andare avanti, verso il lavoro, con la bici elettrica. È caduto in una cunetta della strada provinciale di Albanella, dopo aver acquistato dei farmaci prima di andarsi a guadagnare da vivere nelle campagne a servizio dei nuovi ricchi che qui si autodefiniscono industriali del green della piana del Sele. Khalid, da ieri mattina, ha trovato posto in un letto dell’ospedale di Eboli mentre i suoi compagni di sventura umana, i primi sedici di loro, viaggiavano sul pattuglione Libra della Marina Militare italiana verso la spiaggia albanese di Shengjin per essere rinchiusi in un centro cosiddetto d’accoglienza in esecuzione del protocollo per la gestione dei migranti siglato tra il governo Meloni e quello del premier albanese Edi Rama. Il dramma non conosce strappi nella memoria e subito ti fa pensare al salvataggio quotidiano di Khalid con il viaggio dei suoi compagni di sventura che sapevano da dove erano fuggiti ma non cosa li aspettava nelle celle dei disperati della missione italiana d’Albania. Khalid, invece, si imbarcò con i migranti, attraversò il mare, affondò verso Lampedusa e fu salvato, mai ad immaginare che in una tersa mattinata di ottobre sarebbe caduto, sfinito, in una cunetta di un’anonima strada provinciale e, se non fosse stato per il soccorso dei vigili urbani, sarebbe morto dopo essersi salvato dal mare. La sua storia diventa cronaca nel giorno in cui i suoi sedici compagni di sventura, che neppure conosce, stanno per essere rinchiusi in una prigione italiana in terra di Albania. La rete della memoria si buca con due frammenti di cronaca che hanno imbastito quei migranti, ad Albanella come in Albania, votati al rischio della vita senza neppure beneficiare di un salvagente di regole e pietà. Da Albanella all’Albania corre il filo del nostro fallimento umano e politico nel mare pieno di morti e nella storia piena di fantasmi dell’immigrazione. La verità è che non abbiamo più cuore e che tutto questo orrore lo sopportiamo benissimo con una pazienza esemplare. La politica europea e nostra, riformista o sovranista, destra o sinistra, è stata sorda, cieca, ipocrita, idiota e cattiva. Le barche che bruciano, che affondano e gli schiavi confinati nei campi libici o nelle prigioni italiane in terra di Albania sono sotto gli occhi delle diplomazie. Della migrazione non si può sbarazzare scrivendo qualche riga più o meno commossa sulla pagina di un giornale. Siamo solo sentinelle alle porte dell’inferno, nelle quali si è spinti con il perenne rimorso dello straniero che non abbiamo accolto.