Mario Montani, Pietro Avallone, Fabrizio Cirillo, Carmine Ciccarone e Franziska Roseman, saranno in buca stasera, alle ore 20 presso Teatri Kombetar i Operas, Baletit dhe Ansamblit Popullor sotto la direzione di Marco Attura, per il capolavoro di Camille Saint-Saens
Di Olga Chieffi
Sarà di scena sul palcoscenico dell’Opera di Tirana, da stasera sino al 28 aprile, il capolavoro di Camille Saint-Saens, Samson et Dalila, per la regia di Paul Emile Fourny, con Vikena Kamenica e Dario di Vietri nei ruoli del titolo, Armando Likaj nei panni del gran sacerdote di Dagon, Bledar Domi interprete di Abimélech, mentre Xhieldo Hyseni sarà un vecchio ebreo, Erlind Zeraliu il messaggero e i due filistei, Gilmond Myftari e Artur Vera. Nel golfo mistico, nella orchestra dell’ Opera, che sarà diretta da Marco Attura, militeranno, Mario Montani al flauto e ottavino, Pietro Avallone all’oboe, Fabrizio Cirillo al corno, Carmine Ciccarone alle percussioni e Franziska Roseman al violino, “inviati speciali” del Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci” di Salerno, che grazie ai patti tra la Sovrintendente Abigeila Voshtina, il direttore della massima istituzione musicale salernitana, Fulvio Maffia e il prossimo direttore artistico del teatro di Tirana, nonché docente di formazione orchestrale del Martucci, Jacopo Sipari di Pescasseroli. Samson et Dalila è un titolo che da sempre è girato tra le richieste dei melomani salernitani, insieme al Der Rosenkavalier di Richard Strauss, in particolare per l’ammirazione profonda che Camille Saint-Saens nutriva per il Romanticismo tedesco. Infatti, il compositore si era fatto interprete e “traduttore” in terra di Francia del poema sinfonico di Liszt, e certo non era immune dal fascino del genio di Bayreuth, ma si farebbe torto al carattere composito e complesso della sua personalità, non ricordando la sua educazione classica, fondata su Bach, Charpentier e Rameau delle cui opere curò l’edizione integrale. Samson e Dalila si configura, così come accorta sintesi di strutture classiche e di sontuoso melodismo post-romantico, di suggestioni da grand-opéra, che ritroviamo negli imponenti cori, e nel famoso Baccanale, di bagliori arcaicizzanti di gusto contrappuntistico e di splendori orchestrali da poema sinfonico. Se come ha sintetizzato Mario Praz, “La funzione della fiamma che attira e brucia è esercitata dall’uomo, l’eroe byroniano, nella prima, dalla donna fatale nella seconda parte del secolo”, grazie alle molli volute di canto delle sue arie “da concerto”, in cui si distende la sua falsa passione, Dalila diveniva una figura emblematica, eroina-simbolo di una nuova femminilità fin-de-siècle, da porre accanto ad altre più “quotidiane”, quali Manon, Louise, o le nostre Mimì e Tosca. Accanto allo spazio concesso all’esotico, al mito, alla leggenda, dominante diviena la figura femminile, che con il suo fascino, candido o perverso, sarà causa della sconfitta del maschio. Si pensa, immediatamente a Carmen e Manon, ma quando Saint-Saens scrive Samson et Dalila, quelle eroine ancora non avevano trovato la via della scena. La categoria della maliarda, della seduttrice, seppure già celebrato e ricantato dai letterati, in primis da Baudelaire, ha, dunque, in Dalila la sua prima incarnazione musicale, cui guarderanno gli operisti a venire da Strauss con Salomè o Elena Egizia, e magari fino a Respighi per La fiamma e Maria Egiziaca, una catena ininterrotta di muse nere, che lascerà tracce vistose in tutte le arti, pittura, teatro, cinema e naturalmente nella moda. Se, nell’assumere questo soggetto biblico, Saint Saens si pone in sintonia con la febbre per l’esotico, la sua cultura, la sua formazione gli impediscono di rompere gli argini e approdare a un’autentica dimensione decadentistica, al gusto per la pura decorazione, in cui il timbro, il singolo suono, le armonie, i temi, sono goduti in sé, come avverrà in Debussy. Gli studenti del nostro conservatorio, approcceranno, così, dopo Verdi, Rachmaninoff, Wagner e Orff, la scrittura raffinata di Camille Saint-Saens, ove tutto è mobile e fluido, in cui però, ma questo sarà opera di Attura, dovranno saper avvitare il ritmo drammatico e far salire la spirale emotiva, accendere le esplosioni orgiastiche e cesellare i suoni nella misura richiesta dalla partitura. Un Oriente, quello di Saint-Saens che somiglia non poco all’Egitto di Verdi, quasi una cartolina dipinta con i colori di un espertissimo pittore-turista europeo, dove si muove la sua Dalila, con la ricchezza dei profumi musicali che l’avvolge, schizzata come una figura femminile nobile, una dama rinascimentale ritratta da un Tiziano o da un Veronese, in cui il pensiero sembra talvolta aver abitato le regioni serene dei Campi Elisi, ove la violenza, i parossismi sono sconosciuti, in cui regnano fianco a fianco la gravità , lo spirito, il fascino e la sorridente tenerezza.