Cristina, 48 ore per morire al Ruggi - Le Cronache Ultimora
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Cristina, 48 ore per morire al Ruggi

Cristina, 48 ore per morire al Ruggi

«Chi non è intervenuto ha ucciso la paziente». Con queste dure parole Pasquale Bacco, medico legale, è intervenuto ieri sera a Fuori dal coro, trasmissione di Rete 4 che ha raccontato la tragica vicenda di Cristina Pagliarulo, una donna di 41 anni morta dopo 48 ore in pronto soccorso. Tutto ha avuto inizio con una puntata della scorsa settimana, in cui il programma Fuori dal coro ha indagato sulle criticità del pronto soccorso dell’ospedale Ruggi. Nel servizio si sentivano in lontananza i lamenti di una donna che accusava forti dolori addominali. Era il 3 marzo. Successivamente, la redazione del programma ha ricevuto una serie di richieste di informazioni su quella donna, finché è arrivata la conferma: si trattava di Cristina, il cui cuore ha smesso di battere il 5 marzo. Cristina è entrata in pronto soccorso il 3 marzo alle 3:05 e, dopo poche ore, verso le 5:00, era stata rimandata a casa. I dolori, però, non solo non si erano attenuati, ma erano peggiorati. Alle 13:38 dello stesso giorno, era rientrata in pronto soccorso con il 118, lamentandosi del dolore crescente e chiedendo aiuto: «Mi fa male tutto», ripeteva. Il personale medico e infermieristico aveva sottovalutato i suoi sintomi. Era stata contattata persino una psicologa, poiché Cristina aveva espresso il suo malessere emotivo dicendo: «Non ce la faccio più». Nonostante fosse visibilmente preoccupata, chiedendo più volte: «Perché mi sto gonfiando?», le era stato risposto che «era tutto sotto controllo». Il quadro clinico, invece, era gravissimo. Una Tac aveva evidenziato un esteso addensamento del tessuto mesenteriale e la mancata opacizzazione dell’asse venoso mesenterico. Cristina, inoltre, aveva subito da poco un aborto. Tutto indicava ischemia ed emorragia a livello addominale, una condizione che necessitava di un intervento chirurgico urgente. Tuttavia, nonostante la diagnosi, nessuno era intervenuto tempestivamente. Cristina è rimasta oltre 24 ore in pronto soccorso, alternandosi tra diversi medici, ma senza ricevere le cure necessarie. La sera del 4 marzo, quando finalmente era stata ricoverata e sottoposta a intervento d’urgenza, era ormai troppo tardi. La stessa operazione, se effettuata in tempo, avrebbe potuto salvarle la vita. Anche il triage evidenziava gravi incongruenze. Quando Cristina era rientrata in pronto soccorso il 3 marzo alle 13:38, lamentando addominalgia con vomito, le era stato assegnato un codice che escludeva urgenze chirurgiche. Solo alle 17:34 del 4 marzo il codice era stato aggiornato a rosso, segnalando un caso grave con pericolo di morte. Ma appena quattro minuti dopo, alle 17:38, il codice era stato nuovamente declassato ad arancione, sottovalutando ulteriormente la situazione. «Ischemia ed emorragia a livello addominale: un quadro gravissimo che richiedeva un intervento immediato. Non l’hanno operata, l’hanno lasciata su una barella per ore senza intervenire. Il medico che non legge una diagnosi simile e non agisce condanna a morte la paziente», ha dichiarato il medico legale Pasquale Bacco. Al figlio, presente in pronto soccorso, era stato raccontato che la madre soffriva di calcoli alla colecisti, nonostante il referto medico parlasse chiaramente di un esteso addensamento del tessuto mesenteriale. Gli era stato persino chiesto di calmare la madre. «Dentro c’è l’inferno», ha commentato una donna in attesa, descrivendo il caos nel pronto soccorso. E purtroppo, questa volta l’inferno ha inghiottito una donna in fin di vita.

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