Crac Iapc, chiesto il processo per 7 - Le Cronache
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Crac Iapc, chiesto il processo per 7

Iacp, in 7 rischiano il processo. Sono Gaetano Chirico, Massimo D’Onofrio, Rosaria Chechile, Sabato Mottola, Giuseppe Fiorillo (tutti succedutisi nel Cda della società fallita) e gli imprenditori Salvatore Marrazzo e Angela D’Angelo. Finanziamenti a prezzi stracciati ad imprese “amiche”, compensi oltremisura agli amministratori, vendite sottocosto, elargizioni immotivate ai consorzi e regalie di ogni genere: così Iacp Futura sarebbe stata
portata alla dichiarazione di fallimento giunta nel luglio del 2012 . L’accusa è di concorso in bancarotta fraudolenta. La richiesta di rinvio a giudizio è firmata dal Pm antimafia Montemurro. Gli imputati compariranno in aula davanti al Gup Pacifico il 13 dicembre. Gli uomini della Dia in sette anni di indagine hanno ipotizzato la sottrazione alle casse societarie di oltre 11 milioni di euro, con sperperi e distrazioni che sarebbero continuati secondo l’ipotesi della Procura – anche quando la situazione era già «di conclamato ed emergenziale dissesto». Un tracollo finanziario che gli amministratori conoscevano ma, sempre secondo l’accusa, proseguivano «al di fuori di ogni previsione statutaria», dissipando il patrimonio sociale e falsando i documenti contabili. L’elenco degli episodi contestati dagli inquirenti è corposo. Tra le prassi c’era quella di concedere finanziamenti «sprovvisti di giustifi
cazione contabile, effettuati ad un prezzo inferiore a quello di mercato». Si cita persino la delibera di un finanziamento a fondo perduto a favore di un istituto bancario, il Credito salernitano, di cui due degli indagati, Chirico e Mottola, risultavano rispettivamente consigliere d’amministrazione e azionista. Poi c’erano le imprese foraggiate. Secondo il Pm sarebbe accaduto per una Srl riconducibile a Chirico e Mottola; per la società Engineering, in cui avrebbe avuto partecipazioni una società della famiglia Chechile e a cui sarebbero state pagate progettazioni per lavori inesistenti; per due consorzi di cui risultava socio Mottola e che avrebbero usufruito di un immotivato versamento. Poi ci sarebbero state le ditte degli imprenditori amici, di cui si ipotizzano legami con Massimo D’Onofrio che all’epoca dei fatti era presidente del consiglio comunale di Pagani e consigliere provinciale.