Il pianista inaugura stasera alle ore 19,30 la rassegna dell’Associazione Alessandro Scarlatti la Grande Musica a San Giorgio. Prossimi appuntamenti con il coro Mysterium Vocis e il barocco del trio del flautista Tommaso Rossi
Di Olga Chieffi
Ritorna da stasera, la proposta musicale della centenaria Associazione Alessandro Scarlatti a impreziosire lo sfarzo barocco della chiesa di San Giorgio con tre appuntamenti per i sabato di maggio. Il Presidente Oreste De Divitiis e il direttore artistico Tommaso Rossi, hanno affidato il concerto inaugurale, previsto per le 19,30 al pianista Costantino Catena, che ha scelto di offrire al pubblico salernitano una meditazione sulle due più amate icone del pianismo romantico, Robert Schumann e Fryderyk Chopin. La prima parte del programma vedrà l’esecuzione della Kreisleriana, una suite di otto fantasie, unite all’interno di un sottinteso programma spirituale. Kreisler, creazione di E.T.A. Hoffmann, è un maestro di cappella sensibile e romantico, nel quale il poeta, appassionato di musica, si era dipinto all’interno della sua Kreisleriana. Schumann adotta questo titolo per un proprio autoritratto musicale, che ci ripropone l’antitesi tra Florestano ed Eusebio, in una delle sue composizioni più introspettive, rigorose ed essenziali. Il chiasso del carnevale sembra ora lontano; non vi è alcun piano oggettivo ed unificante, nessun ritmo di danza ricorrente, nessun riferimento visivo e plastico. Il discorso è ancor più diretto e bastano le prime due stupende fantasie a dirlo, ovvero l’irrompere furioso di Florestano in un’angoscia risalita verso la cima e il ripiegamento dolce e cantabile di Eusebio. Ovunque risuona il tema di Clara, mentre nei brani seguenti gli accenti drammatici svaniscono del tutto e nuovamente Schumann traccia un cammino verso il silenzio e l’oscurità, verso il confondersi di tutte le cose nel nulla. Ancora vagamente inquieta risulta la terza fantasia, serrato dialogo tra l’agitazione della prima parte e la calma della melodia centrale, tutta tesa verso l’alto; ma poi, dalla lenta meditazione della quarta, scaturisce la gioia saltellante della quinta, che unisce la vitalità di Arlecchino e l’andamento vivace del secondo movimento della Fantasia. Lo sfondamento è avvenuto, l’oblio cala sul travaglio terreno e nella sesta è ancora una voce lontana a parlarci con una linea melodica memore di quella della diciassettesima danza dell’op.6. Allegri festeggiamenti si percepiscono nel movimento incessante della settima, che sfocia nello splendido finale, una nuova danza smaterializzata come nella conclusione dei Davidsbundlertanze, danza che solca l’aria con una grazia impagabile. Iterando un unico ritmo, e proprio, perciò, risultando statica, essa sembra concretizzare in suoni l’idea metafisica dell’essere in cui movimento e stasi coesistono in una radiosa luce; ed è allora che la musica tende al silenzio e ad un’armonia superiore: “Mondi completamente nuovi si aprono davanti a me”. La seconda parte della serata verrà interamente dedicata a Fryderyk Chopin, con in apertura l’esecuzione della polacca op. 44 in fa diesis minore, composta nel 1841. Si tratta di una delle opere stilisticamente più perfette di Chopin ed espressivamente più complesse. Pur nella sua maestosità, nella sua eroica fermezza, questa pagina è scura quanto perentoria è l’op.40 n°1. Se ne accorse Liszt, il quale scrisse che “Il motivo principale ha un’aria sinistra come l’ora che precede l’uragano”, ma questo tema, tipicamente chopiniano, che si svolge girando su se stesso con la movenza del gruppetto, subito dopo la presentazione si polifonizza passando al basso, quasi fosse un presagio di future sventure. Costantino Catena proseguirà, quindi, con la Fantasia in Fa minore Op.49. Quest’opera dovrebbe essere collocata fra le ballate per i quadri svariatissimi che la musica fa passare davanti ai nostri occhi con velocità vertiginosa: ora un rintocco funebre, ora una commovente cantilena vibrante di passione, talvolta l’esplosione di un inno di vittoria, tal altra un tenero intermezzo. La composizione si apre con un misterioso Tempo di Marcia, che ha un po’ il carattere “narrativo” dei temi iniziali delle ballate, ma in effetti, è una lunga introduzione. Al termine della marcia un breve momento di distensione: terzine arpeggiate, modulanti e via via più rapide conducono all’enunciazione dell’inquieto tema principale; la melodia, sincopata, si evolve dapprima sopra un basso soffocato, ancora in terzine, poi in una splendida progressione che sfocia nel luminoso secondo tema. Al terzo tema cromatico, segue un nuovo motivo di marcia, assai diverso da quello iniziale, di stampo eroico. Si ripresentano, poi, in una sorta di sezione di sviluppo, il primo e il secondo tema; una variante dell’episodio in terzine arpeggiate porta al Lento sostenuto in Si maggiore e in ritmo ternario: un breve, meraviglioso corale che costituisce il vero culmine espressivo della Fantasia. A chiudere, la ripresa, che ripropone nello stesso ordine il materiale tematico della prima sezione. Finale con la Barcarola op.60 in Fa # maggiore, composta tra il 1845 e il ’46 dal genio polacco, uno dei più noti e ammirati capolavori dell’intera letteratura pianistica, per la modernità sorprendente dell’armonia, della tecnica scintillante, della travolgente intensità espressiva. Maurice Ravel adorava questa composizione che descrisse meravigliosamente:” …quel tema in terze, leggero e delicato, è costantemente rivestito di armonie smaglianti. La linea melodica è continua. Per un attimo si distacca da una melopea, resta sospesa e ricade mollemente, attirata da accordi magici. L’intensità aumenta. Un nuovo tema risplende, dal lirismo magnifico, tutto italiano. Tutto si placa. Dal registro grave s’innalza una figura rapida, come un brivido, che si libra su armonie preziose e morbide. Fa pensare a una misteriosa apoteosi”.