di Matteo Gallo
Era il diciannove ottobre del 1995. Il maestro Cosimo Prinzo, oboista docente e già vicedirettore del Conservatorio di Salerno, aveva quarantuno anni e una vita ‘nel mezzo del cammin’. Un attacco di cuore fulminante non gli diede altra possibilità di incedere nell’esistenza terrena. Si fermò lì, la sua opera su questo mondo. Improvvisamente e con dolore immenso di chi nutriva per lui un profondo amore: la sua famiglia, i suoi amici, i suoi allievi. Mai, però, ne terminò il ricordo. Una fiaccola sempre accesa che nessuna lacrima, versata in quel tempo e da quel tempo in poi quando la memoria mostrava il suo volto più tenero, ha potuto spegnere. “Di mio marito mi manca tutto” sottolinea Elisa Pelizzari, moglie e madre dei suoi due figli, Antonio e Angelo, emtrambi strumentisti (violista il primo, violoncellista il secondo) e insegnanti di musica. “In modo particolare mi manca il suo amore verso la famiglia e gli amici. Il suo profondersi per gli altri, soprattutto i più fragili, al di fuori del suo contesto famigliare e delle sue conoscenze. Il fine era sempre il miglioramento di tutte le attività che coinvolgessero l’operosità didattica, i giovani, la loro formazione e il loro futuro”. Signora Pelizzari, lei è stata responsabile amministrativo del Conservatorio di Salerno. Il rapporto con suo marito è stato segnato, fin dal principio, dal reciproco amore per la musica. “La musica ci ha dato l’opportunità di vivere intensamente la nostra unione. Di amare sempre di più l’arte con tutte le sue espressioni. Non solo quella musicale. Di arricchire le nostre conoscenze grazie all’incontro con molte persone di spessore artistico, culturale ed umano. Il ricordo più bello della vostra vita insieme? “La nascita dei nostri due figli: Antonio e Angelo. Sul piano professionale, il giorno in cui il Conservatorio ha ricevuto gli studenti del Conservatorio di Poznan in Polonia, nell’ambito dello scambio culturale che mio marito, fortissimamente volle, insieme al direttore di all’ora, lo stimabilissimo maestro Argenzio Jorio e il maestro, padre Lupo Ciaglia. Gli studenti furono anche ricevuti da Karol Wojtyla a Roma dopo aver fatto visita al Cimitero Militare Polacco di Cassino”. La ferita, invece, mai rimarginata? “La sua prematura e fulminea scomparsa sul piano terreno. I miei figli, uno appena maggiorenne e l’altro diciassettenne furono privati della loro affezionatissima e importante figura paterna. Ma c’è anche un’altra ferita. Diversa ma a suo modo dolorosa. Riguarda i tentativi, falliti, di screditare la figura di mio marito alla fine degli anni Ottanta e all’inizio degli anni Novanta. Cosimo non volle sostenere lo spostamento dell’istituzione educativa musicale nel centro storico in un rinomato palazzo in disuso e da ristrutturare. Secondo il suo parere, così come quello di altri colleghi e dell’allora direttore artistico Argenzio Jorio, era inadeguato. Appagata, sarà l’anima di mio marito, che il Conservatorio sia rimasto nella sede del fu Umberto I”. Quasi quindici anni in orfanotrofio: suo marito non ha certamente avuto una infanzia facile. “Cosimo è entrato orfanotrofio nel 1960 circa, ne è uscito nel 1973. Aveva sei anni. In quegli anni poteva far visita alla madre a Natale, a Pasqua e durante i due mesi delle vacanze estive, ossia luglio e agosto. I segni di quegli anni difficili sono certa che Cosimo li ha conservati nel suo cuore che da adulto poi non ha retto. Così come l’abbandono paterno che subì alla nascita. E’ stato sicuramente un tempo difficile per lui. Parliamo di un bambino che lascia la sua mamma, la sua piccola casa e il suo paesino. Siamo nel 1960 circa, per iniziare il suo ciclo scolastico in primaria, in una nuova città che non conosce e vedrà poco, perché la maggior parte del tempo la trascorrerà nell’Orfanotrofio Umberto I, con circa mille tra bambini e ragazzi seguiti da istitutori e dal presidente Luigi Menna. Questi fanciulli affrontavano il freddo con grande dignità, così come la mancanza dei propri affetti e tutto quello di cui un bambino dovrebbe essere nutrito a quell’età. Questo loro grande sacrificio era superato grazie all’amore che avevano per la musica, ed essa sapevano, avrebbe dato loro l’opportunità di avere un domani una vita propria più dignitosa e felice sia per loro che per le loro famiglie”. Così sarà per il maestro Prinzo. Merito del sudore sulla fronte e del cuore oltre gli ostacoli della vita. “La sua biografia può essere un esempio per le nuove generazioni che abbiano la capacità di cogliere il valore dell’impegno, del sacrificio, del giusto valore della competitività che non è il primeggiare ad ogni costo ma tentare di superare se stessi, condividere e trasmettere le proprie conoscenze. Cosimo non dimenticò mai chi fosse stato. Spesso portava doni ai ragazzi dell’Istituto e alcuni fine settimana ospitavamo qualche ragazzo a casa. Prima di morire si prodigò per portare la sua musica in contesti di comunità per le tossicodipendenze. Furono esperienze per lui molto toccanti e dense di significat, cui seguirono riflessioni profonde, studi e ricerche esistenziali. Fu consapevole che faticosa è la felicità propria sapendo al mondo altri infelici”. Quale l’insegnamento più prezioso che suo marito (le) ha lasciato in eredità? “L’educazione musicale come strumento imprescindibile per un sano sviluppo dell’individuo nel suo spirito, nella sua anima e nel suo corpo. Avere interesse e cura per l’altro come guida sicura per la propria crescita e per un miglioramento della vita sociale”.