Stasera alle ore 21, nella Sala Pasolini, Marco Baliani rivangherà quei giorni e gli anni di piombo
Di OLGA CHIEFFI
9 maggio 1978, via Montalcini, Roma. Con il ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro si chiudono i cinquantacinque giorni del suo sequestro, cinquantacinque giorni che scossero l’intera nazione e che aprirono nel tessuto civile italiano ferite non ancora rimarginate. Il racconto di Baliani, che incontreremo stasera, alle ore 21, nella Sala Pasolini di Salerno, ripercorrendo uno dei momenti più oscuri della democrazia italiana, narra di un’intera generazione negli anni Settanta, spiegandola anche a chi quegli anni non c’era. Dove eravate quel 16 marzo di 41 anni fa? Quel giorno, un Marco Baliani, ventottenne era al mercato del quartiere Testaccio a Roma. Per l’esattezza stava scendendo dalla macchina, quando sentì la notizia alla radio. Restò attonito senza neanche chiudere la portiera. Un evento prendeva il sopravvento sulla sua vita di tutti giorni. Il Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, quella stessa mattina, era uscito dalla sua abitazione per recarsi in Parlamento, dove avrebbe dovuto aver luogo la votazione di fiducia al Governo Andreotti. Frutto di un lavoro politico paziente ed abile, questa avrebbe dovuto portare proprio quel 16 marzo, alla nascita di un Governo Andreotti monocolore democristiano, appoggiato da buona parte del parlamento, e soprattutto dai comunisti. Ma quel giorno di primavera del 1978, Moro venne rapito. Cinque uomini della scorta che l’accompagnavano dal suo appartamento al parlamento furono uccisi. Il leader democristiano venne a sua volta assassinato quasi due mesi dopo dai rapitori, dopo un lungo e controverso rapimento. Il suo progetto, chiamato “compromesso storico”, fallì scaturendo profonde conseguenze sul successivo corso della storia politica italiana, fatti di cui viviamo ancora le conseguenze. “Andreotti dovevano prendere…..Ma perché?”, “perché Moro?” Un altro avvenimento accaduto segnò quella giornata: Giuseppe Impastato, conduttore radiofonico anti-fascista , venne ammazzato barbaramente per aver detto “no” alla mafia. Il suo assassinio passò in secondo piano, coperto dallo scalpore suscitato prima dal rapimento, e poi dall’assassinio, del politico democristiano. Ma va ricordato che a Cinisi veniva ucciso dal Clan Badalamenti un simbolo per chi lottava senza usare quelle armi che venivano usate con Moro. Marco Baliani, istrione del teatro d’impegno civile, si addentra in quel ramificato tunnel di domande senza risposta e di inconfessabili trame, di segreti e interrogativi, che è stato il sequestro del presidente della Dc, in veste di inquisitore e testimone di un episodio che ha diviso la generazione dei sessantottini. Baliani come un compagno tra compagni, improvvisa e ripercorre le emozioni di quegli anni trascorsi a Roma, usando quell’episodio come mappa di un suo personalissimo viaggio nella memoria civile. Il nucleo dello spettacolo risale al 1998, quando Baliani pubblicamente parlò del caso di fronte alle telecamere della televisione – parole che sono diventate un libro pubblicato da Rizzoli. Si ridisegna il percorso storico delle manifestazioni di una gioventù militante, idealista e baldanzosa, che credeva nella rivoluzione e nelle rivendicazioni politiche. La narrazione si nutre di testimonianze video, titoli di giornale, volti belli e brutti di gente comune, citazioni. Il racconto è attivo: la missione del teatro è giunta al termine, il piombo di quegli anni è ancora insostenibile.