Contro Babbo Natale - Le Cronache
Editoriale

Contro Babbo Natale

Contro Babbo Natale

di Alfonso Conte

Babbo Natale non esiste. Ma al Sud non lo abbiamo scoperto ancora. Da decenni restiamo in attesa di santi che fanno miracoli, di guide illuminate in grado di risolvere i problemi, di regali promessi e mai consegnati. Abbiamo sperato nel tempo nel buongoverno dei piemontesi, nella direzione paterna di ricchi borghesi proprietari, nel decisionismo di gerarchi in camicia nera, nella generosità di uno Stato che finalmente dava le terre a chi le lavorava, negli investimenti di rampanti nonché sovvenzionati industriali. E, più di tutto, nel secondo dopoguerra, abbiamo avuto fiducia negli esponenti di partiti i quali, chi più chi meno, del meridionalismo, del riscatto del Mezzogiorno, facevano una delle loro più sventolanti bandiere.

Certo, durante centocinquanta anni, qualche dono pure è arrivato: estese paludi sono state asciugate, nuove strade hanno reso le distanze più brevi, finanche i paesini appenninici hanno goduto dei servizi essenziali. Allo stesso tempo, anche noi meridionali abbiamo contribuito a tale progresso, provando nelle diverse occasioni a mostrarci meritevoli degli attesi regali: più o meno disciplinati e compatti, ci siamo fatti italiani quando la Patria chiamava alla guerra; emigranti quando eravamo più utili a lavorare lontano per poi mandare i soldi a casa; elettori quando era opportuno sostenere la scelta occidentale; consumisti quando occorreva assecondare il miracolo industriale del triangolo settentrionale. Ma il tutto è avvenuto in una logica del “fate i bravi che arriva Babbo Natale”. Siamo entrati nella modernità avvertendola come estranea, in una dinamica di sviluppo non essendone protagonisti, nella vita democratica senza sentirci cittadini, senza fare esperienza del valore della partecipazione. Perché volontà di progresso, spirito di imprenditorialità, coscienza civica non sono regali magicamente calati dall’alto, bensì conquiste laiche e graduali di individui adulti i quali ormai da tempo non aspettano più il vecchietto vestito di rosso e dalla lunga barba bianca.

Dell’uso politico di Babbo Natale Salerno costituisce un caso emblematico, apparendo come una città eternamente affascinata dalla promessa di ricevere in regalo quello che essa stessa non riesce ad ottenere con i propri mezzi. Prima capoluogo di provincia e centro di servizi, poi sede di insediamenti industriali, infine mèta turistica ma senza più il mare: sempre c’è stato qualcuno a decidere i regali, avendo la comunità preferito l’attesa messianica (o, forse, essendo stata indotta a credere a qualsiasi progetto di presunto sviluppo a beneficio di ristretti gruppi affaristici dediti a speculazioni edilizie, sicché sempre costante è stato il consumo di suolo a sfregio del paesaggio). Restare ad aspettare Babbo Natale è un momento importante per ogni bambino; ma, superata una certa età, meglio evitare!