di Peppe Rinaldi
Nel maggio dell’anno scorso questo giornale pubblicò questa notizia: la posizione di un giudice di pace di Vallo della Lucania, accusato di concorso in concussione in un’indagine della locale procura su un presunto sistema corruttivo imperniato su un ufficiale giudiziario del posto, era miracolosamente sparita dal relativo fascicolo. Cioè: essendo il giudice operativo nel medesimo distretto della procura che stava indagando su di lui – e su diverse altre persone, molti avvocati – la faccenda andava immediatamente trasferita «per competenza ex art.11 del codice di procedura penale» alla procura di Napoli. In pratica, dice la legge, appena ci si avveda di un incidente del genere, vale a dire ogni qualvolta risulti coinvolto un soggetto a vario titolo togato, i titolari della relativa indagine devono mollare l’osso e consegnare l’intera documentazione investigativa ai giudici naturali degli indagati che, ripetiamo, nel caso specifico sono i pm di Napoli, competenti sul distretto giudiziario di Salerno. Se ciò non avviene ci si trova dinanzi ad una violazione della legge, al netto di qualche eccezione di volta in volta individuata dalle corti superiori, laddove vengano adite, fermo restando il principio positivo generale. Bene. Nella vicenda che ci interessa (parliamo del famoso “caso Carmine Testiera” dal nome dell’ufficiale giudiziario finito in manette con gravi accuse, dalla concussione al peculato al falso, in sostanza, nell’ambito di diverse procedure esecutive consentiva, irritualmente, a debitori e creditori di accordarsi con rateizzazioni varie) il gip si accorse in sede di interrogatorio di garanzia del conflitto di competenza e, quindi, il pm titolare del fascicolo, il dottor Sergio Palumbo, fu costretto a stralciare la posizione specifica di uno degli avvocati coinvolti, il dottor Romanelli, il quale era, appunto, anche Got al tribunale vallese. In teoria, tutto il blocco doveva andare a Napoli ma per ora fermiamoci a questo.
Naturalmente, di questo stralcio deve esserci traccia sia in uscita, cioè a Vallo, che in entrata, cioè a Napoli. Invece? Quando ne scrivemmo a maggio scorso il giallo era tutto qui, oggi la faccenda si arricchisce di contenuti ulteriori, che il lettore giudicherà. Ma procediamo con ordine e torniamo ai fatti dell’epoca. Carmine Testiera aveva – ed ha tuttora – il massimo interesse a sapere come potersi difendere alla luce di questa non superficiale novità, cioè che quella contestazione di concorso nella presunta concussione insieme al Got Romanelli in danno di un debitore/creditore sia sparita. Pertanto Testiera, attraverso i suoi difensori, inizia la caccia a questo benedetto provvedimento di stralcio. Arriva una richiesta, poi un’altra, poi ancora un’altra e così via. L’indagato si sente rispondere che quel provvedimento «è nel fascicolo, vada a prenderselo». Semplice, no? No. Perché nel fascicolo non c’è, non c’era prima e non c’è dopo la comunicazione ufficiale del sostituto procuratore. Si consideri che tra un nota formale e l’altra sono intercorsi una serie di contatti “per le vie brevi”, cioè verbali, tra le due parti, pure questi senza esiti: eppure la faccenda è seria, si tratta di mettere un cittadino nelle condizioni di esercitare il proprio diritto alla difesa, non si tratta di una bagattella, i magistrati sono stati inventati proprio per questo. Allora la petizione viene girata al diretto superiore del pm Palumbo, il procuratore capo Ricci. Identico esito, cercate lo stralcio nel fascicolo – che Testiera già ha, indice compreso, da tempo – oppure rivolgetevi a Napoli e fatevelo dare. Dal capoluogo, però, la risposta è negativa: non esiste alcuno stralcio che riguardi l’indagato Testiera. E allora? Che fine ha fatto questo provvedimento? Intanto passano i mesi, si arriva addirittura al dibattimento per un caso che, stando alla legge, non potrebbe essere giudicato in quel luogo. Passa altro tempo, il giallo continua, finché Testiera, comprensibilmente, denuncia tutto al Csm e ai massimi organi giudiziari sovraordinati alla procura e al tribunale vallesi, passando per la procura generale di Salerno: non posso difendermi, un mio co-indagato è sparito dalle carte (perché intanto a Vallo il processo continua e Romanelli è già assunto al cielo del mistero evaporando dal procedimento…) e qui mi fanno fare il ping pong tra Napoli e Vallo, ora mi si rifiuta un atto che mi spetta, ora mi si dice di andarmelo a cercare dove non c’è e non può esserci, ora che lo stralcio ha investito materie che non mi riguardano e che quindi non ho il diritto di conoscere. Ovvio che, se tutto combaciasse con le legittime doglianze di questo cittadino – colpevole o innocente ora poco importa – finito nella tenaglia giudiziaria, la faccenda contenga anche profili penali, oltre che disciplinari, per gli interessati. E infatti a Napoli, dopo la denuncia di Testiera, viene aperto un fascicolo a carico del pm Palumbo per rifiuto di atti d’ufficio, che è un reato tipico non un’incolpevole coincidenza. Sono trascorsi molti mesi, il termometro dei diritti dell’imputato ha il segno meno sempre più marcato, il dibattimento prosegue e Testiera non sa come difendersi perché è logico che se a Napoli è stato archiviato, quelle motivazioni potrebbero servirgli a Vallo, se non lo è stato e, quindi, la procura di Napoli continua a indagare, può sollevare il conflitto di competenza e, dunque, continuare a difendersi in quella sede come dice la legge. Invece resta tutto in uno strano Purgatorio che soltanto nei giorni scorsi – e qui arriviamo alle novità – comincia ad essere rischiarato da prime luci: e non è detto che sia un’alba restauratrice di giustizia, come vedremo. Infatti si è scoperto, dopo un tempo oggettivamente smisurato che a parti rovesciate non sarebbe andato oltre lo spazio d’un mattino, dov’era e in cosa consisteva l’inghippo, chiamiamolo così: la procura di Vallo aveva fatto sì quello stralcio (mentre a Testiera si diceva di andarselo a cercare nel fascicolo in cui, giocoforza, non poteva essere) ma per la sola posizione del dottor Romanelli e di un altro Gdp, tal Prestipino, senza più il nome di Testiera, il quale, invece, a Vallo deve continuare a difendersi dalla medesima accusa. Naturale che facendo richiesta a Napoli sul nominativo Testiera non risultasse mai nulla, bisognava cercare Romanelli, ma questo poteva farlo solo Romanelli stesso, dettaglio ovviamente noto alle parti in causa: dolo, distrazione, errore materiale, malafede?
Questo lo si vedrà, ora è importante che trascorra il tempo. Emergono così nuovi dettagli che, verosimilmente, spiegano meglio il tutto. A Napoli la posizione di Romanelli (e Prestipino) era stata archiviata nel 2018 (sic!) e il fatto che si sia saputo tutto dopo quasi cinque anni – mentre si mandava Testiera avanti e indietro a vuoto – è indicativo di una potenziale grave disfunzione. Non solo: viene da chiedersi come abbiano potuto a Napoli archiviare un caso di concorso in concussione, imperniato sulla figura di Testiera, senza la presenza di quest’ultimo, il pubblico ufficiale che fa sorgere la fattispecie di reato. Cioè, i pm di Napoli come hanno fatto a valutare e archiviare un caso di concussione dove non c’è il pubblico ufficiale? Intercessione dello Spirito Santo? Capacità divinatorie tipicamente partenopee? Non si sa. Intanto il tempo scorreva, legittimando gli osservatori a pensare che fosse proprio in questo la spiegazione del tutto, consentendo a Vallo di tenersi in procedimento. Infatti, essendo intervenuta l’archiviazione per la concussione pur senza pubblico ufficiale, quando la vicenda arriva a Napoli – in seguito alla denuncia di Testiera – un altro pm ripete la formula e dice che, essendo Romanelli stato archiviato, il caso Testiera regredisce automaticamente allo stato iniziale (cade il nesso) e quindi Vallo può continuare a gestire la cosa in sede domestica. Quindi, neppure il nuovo pm si è fatto domande motivando l’archiviazione di un caso di concussione senza pubblico ufficiale. Last but not least, come dicono gli uomini di mondo, c’è da sottolineare anche la stravagante richiesta di archiviazione fatta da un ulteriore pm napoletano sulla posizione di Palumbo, indagato per rifiuto d’atti d’ufficio dopo la denuncia di Testiera.
Il sostituto partenopeo, infatti, nella sua richiesta di archiviazione che – si accettano scommesse- sarà accolta dal gip in queste ore, dice che non c’è stato alcun abuso d’ufficio, che la normativa in materia è cambiata nel 2020, ed elenca in quattro/cinque pagine sentenze di Cassazione e vari aggiornamenti dottrinali. Quindi, si doveva discutere di rifiuto d’atti d’ufficio e invece il pm ha discettato intorno all’abuso che, peraltro, sarebbe stato commesso nel 2018 e, quindi, non si capisce perché si invochi la riforma del 2020. Ma forse il pm aveva fretta di chiudere la partita, sarà per i famosi carichi di lavoro, al punto che nello stesso provvedimento di archiviazione si legge, testuale: «Si osserva, infine, che alcuna intromissione abusiva nel sistema informatico protetto sub specie della violazione dell’art.615 ter c.p. è stata commessa dall’indagato, il quale dalla propria mail istituzionale ha ritenuto di interloquire direttamente con il giudice civile senza alcuna forzatura o intromissione nel sistema processuale civile telematico». Chiaro? Il pm che doveva decidere se il suo collega di Vallo avesse infranto la legge per «rifiuto d’atti d’ufficio», lo archivia rispondendo che non c’è stato alcun “abuso d’ufficio”, che la legge sull’abuso è cambiata nel 2020 (i fatti sono di due anni prima) e che non c’è stato «accesso abusivo al sistema informatico…nel processo civile telematico». Si chiama copia-incolla, e neppure di alta qualità, di un altro provvedimento riguardante chissà chi e chissà cosa, certo non questi fatti. Come pure avanza sottotraccia la sensazione che da Napoli sia rimbalzata qualche eco in direzione Vallo quando si è trattato di motivare l’archiviazione del dottor Palumbo, un po’ come quando si domanda all’oste se il proprio vino sia buono. Come andrà a finire? Nessuno può dirlo, sta di fatto che il caso torna nuovamente al Csm per le opportune integrazioni contando sul fatto che l’aria potrebbe essere cambiata a Palazzo dei Marescialli, ma questo neppure il Padreterno sa prevederlo. Esattamente come quando lo stesso Padreterno si chiede a voce alta: vabbè, il minimo che possa accadere, essendo ora tornato tutto a Vallo, seppur in modo opaco e forse temporaneo, è che ora del caso si occupi un altro sostituto procuratore, non certo Palumbo.
Indovinate a chi il procuratore Ricci ha assegnato il caso?