L’ensemble di clarinetti e il trio dell’oboista Luca Di Manso hanno scelto programmi e interpretazioni che evocassero le ragioni estetiche del “Gentiluomo della ceramica”
Di GIULIA IANNONE
La sapienza artistica della tradizione mediterranea, testimonianza chiara ed inequivocabile di un’arte che nei secoli è riuscita a coniugare la tecnica, l’arte e la tradizione pittorica dei “maestri” semplici, le stesse ereditate da altri mentori, quelle che hanno trasmesso ai propri allievi, la passione che si rinnova, mantenendo in ogni caso i colori e il fascino della nostra tradizione mediterranea e della nostra straordinaria costiera amalfitana, è da sempre il sigillo del Maestro Giancappetti. A due anni dalla scomparsa il maestro ceramista, l’amico dell’arte tutta, e in particolare della musica, è stato onorato nella chiesa dell’Annunziata, la cui cupola è stata da lui ricoperta con le scandole che rispecchiano i colori della scuola vietrese, il giallo miele e il verde smeraldo, capaci di coniugare il linguaggio della modernità con quello dell’antica scuola, con un concerto promosso dall’Associazione Amici dei Concerti d’estate di Villa Guariglia, presieduta da Enzo Galdi e Antonia Willburger. Parterre de roy, con in sala la famiglia di Giancappetti, tanti amici artisti e autorità, per il concerto che ha visto protagonista l’ensemble di clarinetti Aulòn Choròs, giovani strumentisti salernitani, formatisi alla scuola di Giovanni De Falco, eccellente solista e pari didatta, prima al Conservatorio “G.Martucci”, poi al glorioso San Pietro a Majella, ove il maestro ha creduto di portare a compimento la sua carriera, unitamente al nipote di Giancappetti, l’oboista Luca Di Manso, che si è presentato in trio con Emilio Mottola al cello e Francesca D’Orsi all’arpa. Nella chiesa dell’Annunziata ospiti di Don Claudio Raimondo, si è realizzato il sogno di Giancappetti, l’esibizione del nipote nell’ambito di un evento del cartellone dei concerti di Villa Guariglia. L’oboista, di scuola beneventana, si è cimentato con il barocco dell’Adagio dal concerto in Re minore di Alessandro Marcello, per proseguire con la Sonata di Georg Philipp Telemann in La Minore, in cui gli strumenti, che si sono interfacciati con grande duttilità, hanno offerto una prova di straordinaria densità espressiva. Clima gelido in chiesa e qualche sfortunato scoppio d’ancia nelle virtuosistiche Variazioni in mi maggiore su un tema della Cenerentola di Gioacchino Rossini per flauto e pianoforte che Fryderyk Chopin scrisse sull’aria “Non più mesta”, nulla ha sottratto alle acrobatiche scorribande dell’oboe, in tutti i suoi registri. Finale con il cantabile ricco di sfumature e morbidezze, dalla rotonda pienezza dell’emissione, per il solo dalla colonna sonora di Mission di Ennio Morricone, che ha emozionato il pubblico in sala. La scuola del maestro Giovanni De Falco, depositario dei segreti della grande tradizione dei legni e dei fiati tutti, della scuola napoletana, intende da sempre coniugare lo sviluppo tecnico-meccanico del clarinetto moderno con le intenzioni dei precedenti capiscuola dei fiati, che assimilavano il proprio strumento alla voce umana, ricercando il bel suono, supportato da una brillantezza tecnica oltre ogni limite. L’ensemble composto da Luca Papalino al clarinetto piccolo in Mib, Salvatore Dell’Isola, Gessica Viviani, Marco Frasca, Miriam Zeoli, Andrea Caputo, Simone Vuolo, Maria Lovisi, Gianpiero Di Lecce, Luca Esposito, al clarinetto soprano in Sib, Angelo D’Elia al clarinetto contralto in Mib e Francesco Di Domenico al clarinetto basso in Sib, ha trasmesso in pieno le ragioni estetiche della scuola napoletana di clarinetto. Programma variegato, quello proposto a Salerno, che ha salutato l’esibizione di diversi solisti, con apertura affidata al Concertino in do minore/Mi bemolle maggiore Op.26 di Carl Maria von Weber e a Gessica Viviani, che ha reso la partitura con intensità espressiva, intelligenza e sensibilità musicale, disvelando meraviglie, emozioni e vertigini a ogni istante. Diversi i pezzi d’assieme, dal brano “Nell’antro del Re della Montagna” da Peer Gynt di Edvard Grieg alle virtuosistiche Variazioni su di un tema di Paganini di Kenneth Wilson, un XXIV capriccio che si trasforma in samba, il cui attacco lo offre con tutto il corpo poiché il ritmo nasce dal basso, il “clarone” di Francesco Di Domenico e l’Ave Verum Corpus K.618, di Wolfgang Amadeus Mozart, il cui suono strumentale è stato prestato ad un particolare ideale affettivo di modello vocale. Due, invece i pezzi per clarinetto solo, con Miriam Zeoli, che con lievità elegante, ma all’occasione anche secca e appuntita, ha omaggiato il maestro di Giovanni De Falco, Giacomo Miluccio, interpretando la sua Rhapsodie, sintesi del magistero partenopeo, e il concerto di Valentino Bucchi, una pagina sconvolgente, un distillato di materia, che ha sposato l’energia, la precisione, la vividezza della fibra nervosa di un suono, che è quello già riconoscibile di Andrea Caputo. Rossini re di Napoli e Marco Frasca ha dedicato al pubblico l’Introduzione, tema e variazioni in Mi bemolle maggiore/Si bemolle maggiore. Espansivo e animato da un temperamento che sa unire il melanconico e il sanguigno, il giovane Marco vive con naturalezza, divertimento e una piccola dose di inconsapevolezza, la simbiosi con il proprio strumento, proprio di chi è baciato dal talento. In un’unica performance l’anima lirica della scuola cui appartiene, con le micidiali colorature (vocali), i salti, le tenute del fiato, tutto l’armamentario di un virtuoso, doppiato insieme ad Andrea Caputo e all’intero ensemble, ne’ Il Convegno”, un divertimento per due clarinetti e orchestra di fiati, di Amilcare Ponchielli, un incantesimo scritto per due amici, eseguito da dodici amici, per l’entusiasta platea degli “Amici dei concerti di Villa Guariglia”, che ha tributato il caloroso applauso a tutti i giovani strumentisti.