Ciò che resta del vecchio ponte di via Mulino del Pagano - Le Cronache
Provincia Cronaca

Ciò che resta del vecchio ponte di via Mulino del Pagano

Ciò che resta del  vecchio ponte di via Mulino del Pagano

di Carmine Petraccaro

Simbolo di libertà, i ponti rappresentano la capacità dell’uomo di dominare, a volte, la natura. Sono manufatti di rara bellezza che raccontano la Storia di un luogo peraltro scolpita anche nel materiale utilizzato per la costruzione quasi sempre, in passato, provenienti dallo stesso territorio. Purtroppo oggi tutto è stato omologato dalla produzione industriale e i ponti vengono collocati come soprammobili nel Paesaggio ponendosi come unico obiettivo la funzione. La Bellezza che deriva dalla forma, dalla cromia dei materiali naturali invecchiati è stata spazzata via in nome dell’industria e del profitto. Parlo della cromia perché se provate ad osservare un vecchio ponte in pietra o in mattoni vi accorgerete che anche sbrecciati rappresentano delle tavolozze d’artista, al contrario di quelli industrializzati che, se invecchiano, diventano inguardabili e pericolosi. A guardarsi intorno, nelle valli, sui fiumi, in montagna, in città, lungo le autostrade è proprio così, quando si riesce ad attraversare un ponte o vi si passa sotto, vediamo sempre lo stesso prodotto che nasce da un’unica idea: unire due “sponde”! I ponti hanno sempre avuto questa funzione ma gli architetti e i progettisti del passato li trasformavano in opere d’arte che con la loro magnificenza lasciavano ammirati i passanti ed erano un segno della magnificenza dei tempi. Sicuramente prima di dare il via al progetto procedevano ad una attenta osservazione dei luoghi ed ogni ponte era diverso dagli altri perché nato da un contesto sempre diverso. Tutto questo per dire che oggi non sempre capita di pensare e osservare prima di progettare un ponte. Spesso ci si limita ad assemblare strutture prefabbricate e si snatura completamente il luogo. Anche nella nostra Città, in un luogo una volta periferia, oggi ormai diventato centro urbano, si è fatto qualcosa del genere. Presentatasi la necessità di sostituire il vecchio ponte sulla Solofrana, nel tratto San Vincenzo/Curteri-via Mulino del Pagano è stata realizzata un’opera che somiglia ad un attraversamento ferroviario di recente fattura, di cui se ne vedono tanti in giro. Ebbene risulta evidente che chi ha progettato non ha fatto nessuna delle valutazioni di cui sopra. Non ha osservato il passato per “progettare il futuro”, non ha osservato il contesto, né tantomeno si è preoccupato, vista la volontà del Governo del Territorio di ampliare il vecchio ponticello peraltro ben contestualizzato, di inserire un segno nel Territorio capace di dare un valore aggiunto al luogo, di tracciare una continuità con il passato. Un tempo non solo i progettisti ma anche le maestranze avevano cura e amore per le cose e per il luogo. L’osservazione e l’attenzione nel fare le cose era costante anche perché i materiali utilizzati non consentivano distrazioni: o l’utilizzo era sapiente e coerente con il comportamento degli stessi o veniva giù tutto. Di ponti che rappresentano l’architettura del tempo ma anche l’importanza del Governo del Territorio non è piena solo l’Italia ma il mondo e tutti, dal più modesto al più imponente, hanno sempre rappresentato un valore aggiunto per il paesaggio e per il luogo. Come si fa a non ricordare i tanti ponti romani in mattoni e quelli medioevali in pietra, e poi le grandi costruzioni rinascimentali e via via fino alle splendide opere di Santiago Calatrava. Purtroppo a casa nostra pur avendo avuto una grande opportunità per lasciare un segno del nostro tempo, abbiamo ancora una volta segnato in negativo il territorio. Sono stati completamente ignorati il luogo, la sua storia e i vincoli presenti al contorno dell’area interessata dall’intervento. Non ci si è resi conto che risultava precluso l’accesso a proprietà private come è il caso del dott. Domenico Finiani peraltro proprietario dello splendido edificio Mulino del Pagano a cui la Storia stava assegnando un destino infausto. Il dottore Finiani oggi, malgrado una convenzione sottoscritta con il Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Mercato San Severino, dopo gli squilli di trombe e rulli di tamburo che hanno di fatto inaugurato il ” ponte” non può accedere alla sua proprietà. Questa volta non si tratta solo di marginalizzazione con segni indelebili lasciati nel Territorio, ma viene con arroganza ignorata, se non negata, la proprietà privata.