Laura Cozzolino
“Siamo maghi, saltimbanchi, donne scimmia, forzuti e fragili, siamo uomini e donne del fantastico mondo dello spettacolo. Quelli che vi fanno ridere, piangere, sopravvivere al Nulla che avanza. Non siamo indispensabili? Semplicemente siamo, e per questo, anche noi, sacri”, ha dichiarato Simone Cristicchi. Ancora suona stonata e brutta quella frase del premier, era il 14 maggio: “I nostri artisti che ci fanno tanto divertire”. Pronunciata in un tentativo malriuscito, magari genuino nelle intenzioni, di confermare aiuti a Cultura e Spettacolo. D’altronde nessuno, mai, ha smentito i dati Agis, quelli che l’11 ottobre scorso certificavano come dalla riapertura post-lockdown vi sia stato un solo contagio su 350mila spettatori nelle sale italiane. È indubbio che la rinnovata restrizione imposta al mondo dello spettacolo sia indicativa di una concezione svilente dell’arte. I concerti non sono solo occasioni di ritrovo ma anche e soprattutto momenti di crescita culturale, necessaria per la nostra società. L’attuale emergenza impone protocolli di sicurezza che nessun contesto più di quello artistico ha dimostrato di rispettare a pieno. Che sia in chiesa o in qualsiasi altro sito, la musica merita di continuare a risuonare.