Celeste e il viaggio granata di una vita - Le Cronache Salerno
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Celeste e il viaggio granata di una vita

Celeste e il viaggio granata di una vita

Carla Polverino

Quanto è strano per me riprendere la penna e scrivere un articolo. Che parli di te, poi, non ci avrei mai pensato. Quando mi hai vista, ormai molti anni fa, dall’altra parte, mi dicesti solo: “Ma mo’ te mis a fa ’a giurnalist? E nun vien chiu’ in trasferta cu’ me?” Sorrisi… sapevo bene che prima o poi sarebbe successo. In realtà lo speravo, perché ero alle prime armi e, allora, il desiderio più grande per noi che muovevamo i primi passi nel mestiere era scrivere della Salernitana. Celeste l’ho conosciuta da adolescente. Seguire lei era l’unico modo per poter andare in trasferta a vedere la Salernitana. E in poco tempo convinse anche mia madre a seguirci. Le trasferte erano lunghe: si partiva di notte e si arrivava al mattino inoltrato, ma non ci si annoiava mai e si dormiva poco. Le soste? Tutte per fumare sigarette—non dovevano mai mancare, altrimenti diventava nervosissima. Non era facile, in quegli anni, accostare il “femminile” alle trasferte della Salernitana. Ma lei ci riusciva, testarda com’era. Portava sempre più donne allo stadio, fino a far diventare le “Fedelissime” un punto fermo della storia granata. Sì, perché Celeste la storia della Salernitana l’ha scritta, l’ha segnata indissolubilmente. Raccontarla non è semplice. Gli aneddoti sono tanti e, in queste ore, mi si rincorrono nella mente come la trama di un film di cui, pur sapendo il finale, non vuoi pensarci… perché fa male. Udine, Bergamo, Pescara, Taranto. Ma quanti viaggi abbiamo fatto insieme, quante ne abbiamo vissute! La sassaiola di Bergamo ce la siamo beccata con la signora Maria rannicchiata nel corridoio del pullman. Le mazzate di Pescara le abbiamo evitate nascondendoci nell’androne di un palazzo. Ma senza Celeste non si viaggiava, c’era poco da fare. Non ci ha potuto nulla nemmeno mia madre, insegnante vecchio stampo, dalle regole imprescindibili. “Tua mamma nun ven’? Addo sta?” Sono diventate amiche così, tra una battuta e una sigaretta. Celeste è riuscita a sciogliere, punto per punto, le titubanze di chi, in trasferta, non mi ci avrebbe mai mandata. Non senza di lei, intendo. Cosa possiamo raccontare alle nuove generazioni di Celeste? Tutto e niente. Perché faceva parte di un calcio che non esiste più, di un tifo che ha perso in parte la sua identità, pur rimanendo, in questo nuovo mondo, il più bello di tutti. A me Celeste ha dato grandi insegnamenti. Di vita, innanzitutto. Mi ha insegnato che una passione può essere forte, vera, più forte di tutto. E che una passione è tale solo quando ti fa superare gli ostacoli senza pensarci troppo. La accogli, la fai tua, diventa parte di te. La mia passione era fare la giornalista, scrivere della Salernitana, realizzare quel sogno a tutti i costi. Alla fine ci sono riuscita, ma anche quando mi sono trovata dall’altra parte, lei c’era. Per una parte della mia vita lavorativa sono stata addetto stampa della Paganese. Inevitabilmente ci siamo perse di vista. Con lei, con tutti. È stato difficile per me, ma ho trovato degli amici veri anche lì, dall’altra parte. E lo dico con orgoglio: i tifosi della Paganese, nonostante la rivalità, nonostante le due squadre fossero nello stesso girone, mi hanno accolta. E quelle due partite, andata e ritorno, per me furono le più dure. Soprattutto quella a Pagani. Non mi aspettavo che Celeste mi chiamasse. Invece, fu proprio così. Ero in campo prima della partita. Guardavo da lontano i tifosi della Salernitana. Neanche il tempo di alzare la testa dal telefono, e lei, dietro le sbarre del settore ospiti, mi chiamava. “Vieni qua!” Mi avvicinai con sospetto e imbarazzo. Non immaginavo quello che stava per succedere. “Vieni qua e mettiti la sciarpa, questa è casa tua.” Piansi. Le lacrime scivolavano sotto gli occhiali neri. Mi abbracciò e disse: “Mo va a fatica’.” Quella sciarpa, per uno strano scherzo del destino, l’ho ritrovata due giorni fa. Ho deciso di lavarla e di rimetterla a nuovo. Oggi ho capito perché. E allora sai che ti dico, Cele’? Che domani me la rimetto e vengo da te. E stai sicura che, dovunque andrò, sarà per sempre. Come ci hai insegnato tu, come tu avresti voluto. Adesso è tempo di andare. Troverai Maria e tutti quelli che hai conosciuto, i tifosi granata che hanno raggiunto il Paradiso prima di te. Un’ultima cosa, però, te la voglio dire. Grazie, Cele’. Ti voglio bene. Fai buon viaggio e fa’ burdell, perché ci dobbiamo salvare. Anche per te. Soprattutto per quelli come te.

1 Commento

    E unta perdita immensa x b

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