di Andrea Pellegrino
La fotografia dell’ultimo Consiglio comunale è unica da un ventennio a questa parte. Forse, per la prima volta, c’è più opposizione nella maggioranza di governo che tra gli scranni della minoranza.
I tre voti contrari alla delibera sulle alienazioni che giungono dai banchi della maggioranza, ed i successivi espressi sulle altre delibere, oltre ad un atto personale dei consiglieri, segnano la bocciatura ad un progetto politico. Che piazza Mazzini o l’area del Grand Hotel fossero state messe in vendita (per costruirci nuovi palazzi) è storia vecchia, ma che in tre – eletti in maggioranza, di cui uno capogruppo di Campania Libera – votino contrariamente alle indicazioni della squadra di governo della città, mostra tutta l’insofferenza e la frattura che da un anno regnano sovrane a Palazzo di Città.
Certo è che il ruolo principale è quello dell’allenatore, che questa volta non è Vincenzo De Luca. Forse solo ora – dopo più di dodici mesi dall’insediamento – Vincenzo Napoli ha vestito i panni del sindaco, convocando i consiglieri al termine di un Consiglio comunale che resterà nella storia politica salernitana.
Quel che è accaduto non è poca cosa. Soprattutto se si aggiungono i casi di Alternativa Popolare e gli stessi socialisti che, anche loro per la prima volta dalla sfiducia all’assessore Loffredo, hanno lanciato un ultimatum, mettendo alle strette Vincenzo Napoli.
Un quadro in movimento dove, però, l’immobilismo di Napoli e dell’entourage deluchiano ha solo alimentato il fuoco sotto la cenere di una maggioranza in fibrillazione fin dal primo giorno di consiliatura. Un problema (politico) ora più che mai alla vigilia dell’apertura della campagna elettorale per le Politiche che già di per sé avrebbe avuto ripercussioni su Palazzo di Città, dove la guerra per accaparrarsi l’eredità è già partita da un pezzo.