Il Tar della Campania, ha bocciato il ricorso presentato dai legali della Casa di Cura Maria Rosaria S.p.A. che impugnava il provvedimento del Comune di Pompei con cui è stata rigettata la domanda di condono edilizio in sanatoria presentata dalla stessa società. In merito ad una serie di opere realizzate in ampliamento della Casa di Cura, per una superficie di 900 mq, la società che gestisce il centro medico della città mariana aveva chiesto al Comune un condono e la possibilità di poter costruire in sanatoria. Il dirigente del V° Settore del Comune di Pompei con un provvedimento datato 18 gennaio 2016 aveva rigettato l’istanza di Permesso di Costruire in sanatoria relativa ad opere consistenti la realizzazione di più manufatti localizzati in vari punti del complesso di via Colle S. Bartolomeo. Tre i motivi suffraganti il diniego da parte dell’amministrazione comunale ad accogliere la domanda di condono edilizio: 1) l’istanza di condono è stata registrata fuori i termini di presentazione; 2) l’abuso risulta realizzato su immobile soggetto a vincoli, a tutela di interessi ambientali, istituiti prima dell’esecuzione delle opere effettuate e non è conforme, quindi, alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni del P.R.G.; 3) le opere oggetto di condono sono state realizzate in ambito P.T.P. in zona R.U.A. sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta prima della realizzazione delle opere, entro la quale è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti. La società ha impugnato il provvedimento del Comune ricorrendo al Tar. Secondo il Tar la richiesta di condono è inammissibile. Nonostante l’istanza di condono sia giunta al protocollo generale del Comune di Pompei entro i termini previsti dalla legge, l’abuso edilizio, si legge nella sentenza, “risulta realizzato su un immobile soggetto a vincolo ambientale e non è conforme alle norme urbanistiche. Infine, l’area è sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta, un’area al cui interno è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti”. Il Tribunale amministrativo condanna, inoltre, la struttura ospedaliera al pagamento di tremila euro per le spese processuali.
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