Carmine Mari all’orza lunga con “Il fiore di Minerva” - Le Cronache
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Carmine Mari all’orza lunga con “Il fiore di Minerva”

Carmine Mari all’orza lunga con “Il fiore di Minerva”

Dal 3 marzo in libreria il secondo volume edito dalla Marlin di Sante Avagliano, verrà presentato questo pomeriggio a Palazzo Sant’Agostino, alle ore 18

 Di Olga Chieffi

La Belle Ferronnière di Leonardo, il suo sguardo misterioso, l’eleganza raffinata ma sobria che traspare dalla stoffa preziosa dell’abito, dai gioielli di pregio, il rosso dell’abito, un’ombra infuocata sulla guancia della dama, indizio dei moti dell’animo, un filo sottile che tiene in ordine i capelli e mostra sulla fronte un rubino incastonato in un piccolo fiore; che nella copertina del libro “Il fiore di Minerva” si ritrova una calendula tra le mani, il fiore nato dalle lacrime di Afrodite e che in base alle leggende sudamericane è simbolo di sangue e morte, poiché venne introdotta dai conquistatori e nacque nelle terre in cui venne versato il sangue degli indigeni, ci cala emozionalmente nell’atmosfera della terza opera dello scrittore Carmine Mari, secondo volume edito per la casa editrice Marlin di Sante Avagliano. All’interno due essenziali e comunicativi acquarelli dello stesso autore, schizzano la Salerno cinquecentesca, raccolta ai piedi della reggia di Arechi, il suo golfo esposto ai rapidi cambiamenti di vento, difficile da navigare, da sempre palestra e regno delle vele. A. Domini 1551, anno in cui il principe Ferrante di San Severino subì un attentato omicida da cui uscì fortunosamente solo ferito a un ginocchio, sul quale la voce dominante fu che dietro l’attentatore ci fosse il viceré in persona e anno di catabasi dello splendore della Scuola Medica Salernitana, questo lo scenario in cui Carmine Mari ha ambientato il suo romanzo storico, speziato di elementi noir e di avventura, a caccia di una lettera cifrata e di documenti che sancirebbero le sediziose voci che Ferrante tramasse con la Francia e con i turchi, mirando addirittura a divenire re di Napoli,  coinvolgendo la Repubblica di Venezia in una lega antispagnola. Quadro storico complesso, come l’intero Cinquecento, che inaugura l’Evo Moderno, in cui Carmine Mari si addentra con la tenacia dello storico e del bibliotecario, avendo avuto cura, tra l’altro, delle Cinquecentine conservate nella Biblioteca Provinciale di Salerno, ove ha lavorato, avendo recepito ivi anche lo spunto sia per il volume d’esordio “Il regolo imperfetto. Intrighi e alchimie alla Scuola medica Salernitana” per Atmosphere (di cui, però, siamo in attesa di una ristampa dalla Marlin, anche per dar manforte alla candidatura della Scuola Medica Salernitana nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità Unesco). Il volume che sarà presentato questa sera, alle ore 18, nel salone di rappresentanza di Palazzo sant’Agostino, dove l’autore dialogherà con il presidente della Provincia Michele Strianese, l’editore Sante Avagliano e lo psichiatra e scrittore Corrado De Rosa,  con reading affidato a Brunella Caputo, ha quali protagonista l’ex conquistador al seguito di Pizarro, Héctor dell’Estremadura al servizio di Ferrante Sanseverino, ultimo della sua schiatta, sua moglie Isabella Villamarina, nobilissima, vera consorte di un Principe, oltre che donna di cultura e si sensibilità artistica, la quale affascinò Carlo V nella sua visita a Salerno e, ancora, Costanza Calenda che scala di un secolo diventando la donna guida proprio del corsaro, il quale incrociando e affondando un brigantino francese con il suo legno, il Nibbio, dà inizio alla storia nel nostro mare dai solchi “crestati di bava”, risalendo il vento all’orza lunga. La trama, come un fiume, prende corpo dai tanti affluenti, il ritrovamento dello scheletro di una bambina, sepolta assieme ad una bambola di ceramica con una calendula gialla tra i capelli, la lettera, diversi omicidi, la tratta dei bambini per accontentare i clienti dei bordelli lussuosi, affari risalenti alla cacciata degli ebrei dalla Spagna, l’immancabile storia d’amore, fino alla risoluzione dell’enigma, racchiusa in un’impronta nella cera. Sullo sfondo una Salerno che oggi riviviamo nelle sue strade, nei monumenti e nel suo mare.

Olga Chieffi