Di Marco Visconti
Carmine Di Vita, originario di Salerno, è educatore professionale, lavora da 12 anni in un centro diurno per disabili gravi e gravissimi, ed è membro del direttivo della Lega uomini vittime di violenza. Di Vita ascolta giornalmente i tanti papà vittime di violenza dalle proprie ex partner, anche lui, come tanti papà, non può stare sempre con sua figlia ed è costretto a vederla per mezzo telefono, perché imposto dalla sua ex moglie, nonostante abbia vinto recentemente la causa nei riguardi dell’ex moglie. Il papà può vedere la figlia di persona ogni 4 mesi: 5 giorni a Pasqua, 42 giorni in estate e 10 giorni a Natale, tutto ciò fino a quando sua figlia potrà scegliere e decidere autonomamente di ritornare a casa dal padre.
Si parla di violenza di genere per il 25 novembre, secondo lei la violenza ha un genere?
«Sicuramente la violenza non è ascrivibile a un genere, a un’ etnia, a un credo religioso, la violenza è violenza ed è messa in atto dai cervelli. Il genere non c’entra assolutamente nulla ma c’entra perlopiù l’educazione emotiva, ovvero saper gestire in maniera efficace le proprie emozioni inattese. La violenza è distruttiva e, come ha detto a buon ragione Isaac Asimov, “la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”. Sono tante le storie di donne che hanno ammazzato i propri figli, che hanno ucciso, soprattutto nel sonno, o che hanno gettato acido addosso ai propri compagni ma di queste storie difficilmente si parla tramite articoli di giornale. È evidente che si sta portando avanti una battaglia contro un genere solo per scopi politici, speculativi e di business. La gente ha poco spirito critico, anziché informarsi prende per buono le notizie passate dai media e pubblicizza dati falsi per apparire politicamente corretti. Addirittura ora vi sono uomini che dichiarano apertamente di vergognarsi di essere uomini come di recente ha scritto Piero Pelù sul suo profilo ufficiale di Instagram, al quale mi sono sentito di rispondere “io non mi vergogno di essere un uomo e non sento di essere sbagliato. L’assassino è un altro, non sono io e il genere non c’entra assolutamente nulla con l’omicidio. Smettiamola con questa propaganda femminista che non ci ha portato e non ci porterà da nessuna parte, se non a spostare l’attenzione dal vero problema: la mancanza di punti di riferimento importanti per i giovani che vengono lasciati soli a se stessi nel gestire le proprie emozioni”».
Perché tutti gridano al femminicidio e secondo alcune fonti addirittura si supera quota 100 ogni anno?
«Partiamo dal fatto che il femmicidio non esiste così come non esiste il maschicidio ma sarebbe giusto parlare di omicidi di donne o uomini, il femminicidio è un termine criminologico introdotto per la prima volta dalla criminologa femminista Diana Russel all’interno di un articolo del 1992 poi è divenuto un termine politico, diffuso da diverse lobby potentissime per affermare che la morte di una donna è più grave della morte di un uomo. I dati pubblicati ogni anno sono falsi, taroccati, anche il prefetto Francesco Messina in un’intervista su del 25 novembre del 2022 ha spiegato che il termine femmicidio sta ad indicare l’omicidio di una donna per motivi di genere e non tutti gli omicidi delle donne avvengono per questo motivo, anzi una minima parte. Quest’anno sono stati pubblicizzati 105 nomi di donne che sono state ammazzate ma solo 40 di queste, compreso quello di Giulia, possono essere definiti femminicidi. Il metro di misura in questo senso è la Convenzione di Istanbul, un trattato internazionale contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato del consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul. Inoltre i femminicidi, come ricorda il prefetto Francesco Messina, sono in diminuzione: infatti l’anno scorso erano 51 e quest’anno ne sono 40. Il giornale “La Stampa” ha pubblicato un’immagine, fatta con i nomi delle donne uccise quest’anno, con il titolo “Cento volte Giulia” ma già la prima donna uccisa quest’anno non è un femmicidio si tratta di Teresa Spanò uccisa dalla figlia che l’ha dapprima stordita con un mix di psicofarmaci nel cibo per poi strangolarla. Addirittura è stata inserita nella lista dei femmicidi Chiara Carta di 13 anni uccisa il 18 febbraio dalla madre perché voleva andare a vivere dal padre. I numeri superano la quota “psicologica” 100 affinché venga percepita l’emergenza dalla quale poter attingere per avere i finanziamenti da parte del governo, ammontano a più di 100milioni di euro, e ogni anno vengono destinati alle organizzazioni femministe, ai centri anti violenza e alle case rifugio».
Cos’è la Lega uomini vittime di violenza?
«Nasce dall’idea Rita Fadda, una donna, che è anche il presidente dell’associazione la quale si è resa conto della discriminazione che l’uomo vive nei diversi contesti di vita. Luvv ha sede a Roma ma opera in tutta Italia, prevalentemente on line, vi sono dei coordinamenti regionali e tante persone e professionisti che collaborano con noi, in molti casi senza richiedere alcun compenso, facendo anche da testimonial per le campagne contro le false accuse, le sottrazioni nazionali ed internazionali dei minori per le quali nel 2022 facemmo anche uno sciopero della fame collettivo».
I papà in difficoltà chiamano il 1522 visto che è il numero anti violenza e stalking?
«Alcuni papà hanno provato a farlo ma si sono sentiti rispondere che si occupano di ascoltare e tutelare solo le donne, addirittura alcune operatrici si sono mostrate dispiaciute per non essere autorizzate a fornire aiuto “mi dispiace, questo è un Numero Rosa dedicato alle donne” mentre un’altra ha risposto “senta, che ci posso fare se la rete è antiviolenza donne? Voi maschi potevate organizzarvi.” La nostra associazione si occupa di colmare questo vuoto e rispondiamo noi collaboratori, dai nostri numeri privati a quanti hanno bisogno di essere ascoltati, consigliati e indirizzati. Eppure muoiono più uomini che donne ma l’attenzione della politica e dei media è rivolta verso queste ultime, di emergenza suicidi non si è mai sentito parlare eppure in Italia ogni anno vi sono 300 suicidi di padri separati e il 46% di chi si rivolge alla Caritas sono padri separati, impoveriti e ridotti a dormire in alloggi di fortuna o in auto per poter pagare il mantenimento per i figli. Vi sono uomini, come me, che vedono i propri figli dopo mesi e in alcuni casi anni senza aver mai commesso alcun tipo di reato. Di questo spaccato nessuno ne parla, né vi sono fondi a favore di questa categoria di uomini. Molte volte la nostra associazione ha organizzato delle collette tra noi associati per poter versare delle piccole somme di denaro a uomini che versavano in condizioni disperate».
Dà vita a uno sportello per i papà separati, cosa le dicono di solito i papà quando parlano con lei?
«I papà che si rivolgono alla nostra associazione, Lega Uomini Vittime di Violenza, lo fanno generalmente perché vittime di false accuse e, in alcuni casi, di violenza subita sia fisica che psicologica, chiedono assistenza morale e consigli su come muoversi per far valere le proprie ragioni. Solitamente li esortiamo a denunciare, ma ciò avviene di rado perché hanno paura di non essere creduti, di essere derisi e ridicolizzati».
Può raccontarci un aneddoto che vede coinvolto un papà separato?
«Si, posso raccontare un fatto che è accaduto a un papà di Roma, Giuseppe Apadula, il giorno domenica 19 novembre 2023.
Da più di dieci anni la sua ex compagna continua a definirlo violento e dichiararsi vittima, benché accertato che queste accuse sono pura fantasia. Infatti, la stessa, ha 2 procedimenti penali in corso: per diffamazione nei confronti di Giuseppe e per inottemperanza ai decreti dei tribunali, per aver impedito da tutto questo tempo, la frequentazione con il loro figlio. Ebbene, all’ennesimo evento di premiazione della signora da parte di associazioni di vittime di violenza, in questo caso a Varese, pur avendo annunciato la sua presenza e chiesto di raccontare quanto sia risultato da tutti i procedimenti e le verifiche, gli è stato impedito di parlare, e fatto allontanare in modo molto brusco dalle forze dell’ordine, come si può vedere da un drammatico video postato in rete».
Che consiglio si sente di dare ai tanti papà separati disperati che hanno subito una violenza dalla propria ex partner?
«Consiglio loro di avere la forza di confrontarsi con altri papà separati anche iscrivendosi ai numerosi gruppi su Facebook che contano migliaia di iscritti, a me ha aiutato molto, soprattutto nei primi tempi della separazione: sono stato ascoltato, consigliato, avevo qualcuno con cui confrontarmi che comprendeva il mio stesso dolore».
Perché non ci sono sportelli fisici di ascolto nel Sud Italia?
«Gli “sportelli” di ascolto di Lega Uomini Vittime di Violenza coprono tutta la penisola, isole comprese, per gli sportelli fisici vi è bisogno di avere delle sovvenzioni per coprire i costi di gestione e al momento lo Stato Italiano sovvenziona solo i Centri anti violenza che si rivolgono a tutela delle donne vittime di violenza”